Nel caos della Libia, dove ogni protagonista interno o esterno cerca il suo tornaconto, alcuni aspetti meno noti
I miliziani ex Isis tornano da Siria e Iraq per combattere
nella guerra civile in Ciraneaica e, a poca distanza dalle coste
italiane, compaiono le bandiere nere dello Stato Islamico. Due
Parlamenti, due governi, vecchie regioni, antiche Kabile, un generale
golpista made Usa e 1700 fazioni armate
Per provare a capirci qualcosa
1) Ansar al-Sharia è composta da molti reduci dall’Iraq o dall’ Afghanistan. La formazione fa occupazione territoriale: in una zona dove lo stato non c’è, Ansar al-Sharia costruisce ospedali, fa attività assistenziali, cerca di essere un po’ come Hamas o Hezbollah.
2) Il generale rinnegato Khalifa Haftar è rientrato dagli Usa per opporsi ad Ansar, con il supporto di Egitto ed Emirati. L’Egitto di al-Sisi non può tollerare che alle sue porte ci sia una formazione jihadista che applica la Sha’ria”. Ma solo l’Egitto ha interessi sulla Libia.
3) La contrapposizione attuale è stata favorita da molti attori esterni: il Qatar e la Turchia hanno sponsorizzato i fratelli musulmani e le milizie di Misurata, l’Egitto e gli Emirati hanno bombardato le postazioni della Fratellanza ad agosto e settembre. E adesso che si prepara?
Il confinante Egitto a caccia di Fratelli Musulmani
Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, ritiene le milizie islamiche nel Sinai (Ansar Beit al-Maqdis) -i suoi nemici- siano collegati coi libici di Ansar al-Sharia, che ha proclamato il Califfato a Benghasi.
Per il Presidente egiziano si tratta di combattere anche in Libya lo stesso nemico di casa, a partire dai Fratelli Musulmani.
Dopo aver riottenuto il sostegno USA di 1,3 miliardi di dollari ed elicotteri Apache, il Presidente egiziano avrebbe anche facilitato il raid aereo degli Emirati su Tripoli.
Al-Sisi vuole riprendere il ruolo dell’Egitto al tempo di Nasser e consente la lunga permanenza di Haftar al Cairo, dopo l’attentato al quale era sfuggito. Dà anche appoggio ai suoi referenti, i miliziani di Zintan, e al Governo del Premier nominato dal Governo legittimo, Abdullah al-Thinni.
Ai confini ovest l’ Algeria
Il Presidente algerino Abdel Aziz Bouteflika non concorda con le iniziative dell’omologo egizianoal-Sisi e, soprattutto, non ne appoggia lo stretto rapporto con il cosiddetto ‘mancato golpista’, l’ex Generale Khalifa che il golpe lo avrebbe volutoi fare ma non c’è riuscito.
Khalifa è anche sospettato di essere un agente CIA reclutato durante il ventennio trascorso negli Stati Uniti.
Algeri sostiene invece i Fratelli Musulmani. Per Bouteflika, alla base degli scontri fra le 1.700 milizie libiche in lotta per il potere, la sintesi è lo scontro tra la Confraternita e, dall’altra, i gruppi jihadisti e le milizie di supporto.
Esponenti algerini avrebbero da tempo contatti ufficiosi con Turchia e Qatar su temi diversi, ma che nulla escludono.
L’Algeria è interessata solo a tutelarsi da possibili infiltrazioni di jihadisti provenienti dalla Libya.
Più articolata la strategia di Turchia e Qatar
I due Paesi sono a conoscenza del fatto che le rivalità tra la Confraternita e i jihadisti è iniziata ben prima della battaglia per l’aeroporto della capitale.
Da mesi, a Derna e Misurata si sono verificati scontri armati, arresti eseguiti da milizie e non dalla Polizia, esecuzioni sommarie contro attivisti e simpatizzanti del Fratelli Musulmani, che vengono addebitati ai jihadisti.
Questi ultimi, forti anche dell’esperienza in Siria dove dall’inizio della rivolta avevano inviato oltre 500 combattenti, vedono la Confraternita come un pericolo da eliminare.
Proprio in Siria, l’area libica del radicalismo islamico è testimone dello scontro fra l’ “Islamic State of Iraq and Sham” (ISIS) e il Fronte Islamico (l’unione dalle forze vicine ai Fratelli Musulmani).
Prima reciproche accuse di apostasia, per poi passare dallo scontro sui valori religiosi alle armi.
Questa frammentazione dei militanti sunniti è presente anche in Libya.
E gli Stati Uniti dove li mettiamo?
A Tripoli si muove anche un altro, potente attore, gli USA, nonostante l’ambasciata chiusa.
Secondo l’Intelligence algerina, gli Stati Uniti avrebbero nel Paese “commandos” addestrati alla cattura dei terroristi inseriti nella loro black list.
Nell’elenco sarebbero stati inseriti: Mahmoud Alì Zahawi, Emiro di Ansar al-Sharia; Abu Obeida al-Zawi, comandante degli ex ribelli libici del “Gruppo Islamico Libico Combattente” (GILC); l’algerino Mokhtar Belmokhtar, leader di “Al Qaeda in the Islamic Maghreb” (AQMI) e ritenuto mandante dell’attacco all’impianto gasiero algerino di As Amenas nel gennaio 2013, che vivrebbe da tempo nel Sud-Est della Libya.
Usa e Francia in Niger
Per questo progetto gli USA intenderebbero stabilire una base ad Agadez, nel Niger settentrionale a 350 km dalla frontiera algerina e a 200 da Arlit, dove stazionano truppe francesi per la tutela degli stabilimenti per lo sfruttamento di uranio.
Gli USA hanno ottimi rapporti con la Francia cui avrebbero destinato 10 milioni di dollari per rinforzare aerei e trasporto truppe.
Gli americani utilizzerebbero droni armati per monitorare la situazione libica e intenderebbero aprire un’altra base in Senegal.
E la Libia, o Libya come scrivono loro?
Sempre più simile al caos Somalia
1) Ansar al-Sharia è composta da molti reduci dall’Iraq o dall’ Afghanistan. La formazione fa occupazione territoriale: in una zona dove lo stato non c’è, Ansar al-Sharia costruisce ospedali, fa attività assistenziali, cerca di essere un po’ come Hamas o Hezbollah.
2) Il generale rinnegato Khalifa Haftar è rientrato dagli Usa per opporsi ad Ansar, con il supporto di Egitto ed Emirati. L’Egitto di al-Sisi non può tollerare che alle sue porte ci sia una formazione jihadista che applica la Sha’ria”. Ma solo l’Egitto ha interessi sulla Libia.
3) La contrapposizione attuale è stata favorita da molti attori esterni: il Qatar e la Turchia hanno sponsorizzato i fratelli musulmani e le milizie di Misurata, l’Egitto e gli Emirati hanno bombardato le postazioni della Fratellanza ad agosto e settembre. E adesso che si prepara?
Il confinante Egitto a caccia di Fratelli Musulmani
Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, ritiene le milizie islamiche nel Sinai (Ansar Beit al-Maqdis) -i suoi nemici- siano collegati coi libici di Ansar al-Sharia, che ha proclamato il Califfato a Benghasi.
Per il Presidente egiziano si tratta di combattere anche in Libya lo stesso nemico di casa, a partire dai Fratelli Musulmani.
Dopo aver riottenuto il sostegno USA di 1,3 miliardi di dollari ed elicotteri Apache, il Presidente egiziano avrebbe anche facilitato il raid aereo degli Emirati su Tripoli.
Al-Sisi vuole riprendere il ruolo dell’Egitto al tempo di Nasser e consente la lunga permanenza di Haftar al Cairo, dopo l’attentato al quale era sfuggito. Dà anche appoggio ai suoi referenti, i miliziani di Zintan, e al Governo del Premier nominato dal Governo legittimo, Abdullah al-Thinni.
Ai confini ovest l’ Algeria
Il Presidente algerino Abdel Aziz Bouteflika non concorda con le iniziative dell’omologo egizianoal-Sisi e, soprattutto, non ne appoggia lo stretto rapporto con il cosiddetto ‘mancato golpista’, l’ex Generale Khalifa che il golpe lo avrebbe volutoi fare ma non c’è riuscito.
Khalifa è anche sospettato di essere un agente CIA reclutato durante il ventennio trascorso negli Stati Uniti.
Algeri sostiene invece i Fratelli Musulmani. Per Bouteflika, alla base degli scontri fra le 1.700 milizie libiche in lotta per il potere, la sintesi è lo scontro tra la Confraternita e, dall’altra, i gruppi jihadisti e le milizie di supporto.
Esponenti algerini avrebbero da tempo contatti ufficiosi con Turchia e Qatar su temi diversi, ma che nulla escludono.
L’Algeria è interessata solo a tutelarsi da possibili infiltrazioni di jihadisti provenienti dalla Libya.
Più articolata la strategia di Turchia e Qatar
I due Paesi sono a conoscenza del fatto che le rivalità tra la Confraternita e i jihadisti è iniziata ben prima della battaglia per l’aeroporto della capitale.
Da mesi, a Derna e Misurata si sono verificati scontri armati, arresti eseguiti da milizie e non dalla Polizia, esecuzioni sommarie contro attivisti e simpatizzanti del Fratelli Musulmani, che vengono addebitati ai jihadisti.
Questi ultimi, forti anche dell’esperienza in Siria dove dall’inizio della rivolta avevano inviato oltre 500 combattenti, vedono la Confraternita come un pericolo da eliminare.
Proprio in Siria, l’area libica del radicalismo islamico è testimone dello scontro fra l’ “Islamic State of Iraq and Sham” (ISIS) e il Fronte Islamico (l’unione dalle forze vicine ai Fratelli Musulmani).
Prima reciproche accuse di apostasia, per poi passare dallo scontro sui valori religiosi alle armi.
Questa frammentazione dei militanti sunniti è presente anche in Libya.
E gli Stati Uniti dove li mettiamo?
A Tripoli si muove anche un altro, potente attore, gli USA, nonostante l’ambasciata chiusa.
Secondo l’Intelligence algerina, gli Stati Uniti avrebbero nel Paese “commandos” addestrati alla cattura dei terroristi inseriti nella loro black list.
Nell’elenco sarebbero stati inseriti: Mahmoud Alì Zahawi, Emiro di Ansar al-Sharia; Abu Obeida al-Zawi, comandante degli ex ribelli libici del “Gruppo Islamico Libico Combattente” (GILC); l’algerino Mokhtar Belmokhtar, leader di “Al Qaeda in the Islamic Maghreb” (AQMI) e ritenuto mandante dell’attacco all’impianto gasiero algerino di As Amenas nel gennaio 2013, che vivrebbe da tempo nel Sud-Est della Libya.
Usa e Francia in Niger
Per questo progetto gli USA intenderebbero stabilire una base ad Agadez, nel Niger settentrionale a 350 km dalla frontiera algerina e a 200 da Arlit, dove stazionano truppe francesi per la tutela degli stabilimenti per lo sfruttamento di uranio.
Gli USA hanno ottimi rapporti con la Francia cui avrebbero destinato 10 milioni di dollari per rinforzare aerei e trasporto truppe.
Gli americani utilizzerebbero droni armati per monitorare la situazione libica e intenderebbero aprire un’altra base in Senegal.
E la Libia, o Libya come scrivono loro?
Sempre più simile al caos Somalia
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