La ricostruzione dei giornalisti del Fatto, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, mette i brividi: Borsellino è stato ucciso perché stava indagando, formalmente, sulla trattativa Stato-Mafia. La conferma arriva dal ritrovamento di un fascicolo assegnato a Borsellino in data 8 luglio 1992 (11 giorni prima di essere ucciso…) in cui viene fuori l’ufficialità dell’indagine e i nomi delle persone coinvolte. Nomi pesanti. Nomi di capimafia. Nomi di politici. Nomi di esponenti dei servizi segreti.
In
piena stagione stragista, a metà giugno del ‘92, un anonimo di otto
pagine scatenò fibrillazione e panico nei palazzi del potere
politico-giudiziario: sosteneva che l'ex ministro dc Calogero Mannino
aveva incontrato Totò Riina in una sacrestia di San Giuseppe Jato
(Palermo). Una sorta di prologo della trattativa. Su quell'anonimo, si
scopre oggi dai documenti prodotti dal pm Nino Di Matteo nell'aula del
processo Mori, stava indagando formalmente Paolo Borsellino. Con
un'indagine che il generale del Ros Antonio Subranni chiese
ufficialmente di archiviare perché non meritava "l'attivazione della
giustizia".
IL
DOCUMENTO dell'assegnazione del fascicolo a Borsellino e a Vittorio
Aliquò, datato 8 luglio 1992, insieme alle altre note inviate tra luglio
e ottobre di quell'anno, non è stato acquisito al fascicolo processuale
perché il presidente del Tribunale Mario Fontana non vi ha riconosciuto
una "valenza decisiva" ai fini della sentenza sulla mancata cattura di
Provenzano nel ‘95, che sarà pronunciata mercoledì prossimo.
Ma
le note sono state trasmesse alla Procura nissena impegnata nella
ricostruzione dello scenario che fa da sfondo al movente della strage di
via D'Amelio. In aula a Caltanissetta, infatti, nei giorni scorsi,
Carmelo Canale ha raccontato che il 25 giugno 1992, Borsellino,
"incuriosito dall'anonimo" volle incontrare il capitano del Ros Beppe De
Donno, in un colloquio riservato alla caserma Carini, proprio per
conoscere quel carabiniere che voci ricorrenti tra i suoi colleghi
indicavano come il "Corvo due", ovvero l'autore della missiva di otto
pagine.
Quale
fu il reale contenuto di quell'incontro? Per il pm, gli ufficiali del
Ros, raccontando che con Borsellino quel giorno discussero solo della
pista mafia-appalti , hanno sempre mentito: una bugia per negare
l'esistenza della trattativa, come ha ribadito Di Matteo ieri in aula,
nell'ultima replica. Tre giorni dopo, il 28 giugno, a Liliana Ferraro
che gli parla dell'iniziativa avviata dal Ros con don Vito, Borsellino
fa capire di sapere già tutto e dice: "Ci penso io".
Il
primo luglio ‘92, a Palermo il procuratore Pietro Giammanco firma una
delega al dirigente dello Sco di Roma e al comandante del Ros dei
Carabinieri per l'individuazione dell'anonimo. Il 2 luglio, Subranni gli
risponde con un biglietto informale: "Caro Piero, ho piacere di darti
copia del comunicato dell'Ansa sull'anonimo. La valutazione collima con
quella espressa da altri organi qualificati. Buon lavoro, affettuosi
saluti".
NEL
LANCIO Ansa, le "soffiate" del Corvo sono definite dai vertici
investigativi "illazioni ed insinuazioni che possono solo favorire lo
sviluppo di stagioni velenose e disgreganti". Come ha spiegato in aula
Di Matteo, "il comandante del Ros, il giorno stesso in cui avrebbe
dovuto cominciare ad indagare, dice al procuratore della Repubblica:
guardate che stanno infangando Mannino".
Perché
Subranni tiene a far sapere subito a Giammanco che l'indagine sul Corvo
2 va stoppata? Venerdì 10 luglio ‘92 Borsellino è a Roma e incontra
proprio Subranni, che il giorno dopo lo accompagna in elicottero a
Salerno. Borsellino (lo riferisce il collega Diego Cavaliero) quel
giorno ha l'aria "assente". Decisivo, per i pm, è proprio quell'incontro
con Subranni, indicato come l'interlocutore diretto di Mannino. È a
Subranni che, dopo l'uccisione di Salvo Lima, l'ex ministro Dc
terrorizzato chiede aiuto per aprire un "contatto" con i boss.
È
allo stesso Subranni che Borsellino chiede conto e ragione di quella
trattativa avviata con i capi mafiosi? No, secondo Basilio Milio, il
difensore di Mori, che ieri in aula ha rilanciato: "Quell'incontro
romano con Subranni è la prova che Borsellino certamente non aveva alcun
sospetto sul Ros".
Il
17 luglio, però, Borsellino dice alla moglie Agnese che "Subranni è
punciuto". Poche ore dopo, in via D'Amelio, viene messo a tacere per
sempre. Nell'autunno successivo, il 3 ottobre, il comandante del Ros
torna a scrivere all'aggiunto Aliquò, rimasto solo ad indagare
sull'anonimo: "Mi permetto di proporre - lo dico responsabilmente - che
la signoria vostra archivi immediatamente il tutto ai sensi della
normativa vigente".
http://www.infiltrato.it/inchieste/borsellino-ucciso-perche-indagava-sulla-trattativa-trovato-il-fascicolo-e-spuntano-nomi-pesanti
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