Finora la notizia è rimasta sotto traccia ma rischia di
provocare un nuovo caso diplomatico con Nuova Delhi e la legittima
protesta dell’opinione pubblica italiana ferita dalla storia senza fine
del sequestro dei nostri marò. La vicenda è presto riassunta: a fine
giugno la Guardia di Finanza ha fermato nel Canale di
Sicilia 18 marinai indiani che a bordo di due navi trasportavano un
enorme carico di droga, quasi 70 tonnellate di hashish. Sugli arrestati,
che si difendono con il più classico degli alibi – non sapevamo nulla,
chiedete ai comandanti che sono siriani – pendono accuse
pesanti: traffico di droga e detenzione ai fini di spaccio, con
l’aggravante della grande quantità. Ovvio quindi che gli imputati
debbano sostenere un regolare processo nel rispetto delle norme previste
dalla legislazione italiana. Nessuno scandalo, nessuna rappresaglia. Ma
l’ambasciata indiana pretende un trattamento speciale con la
scarcerazione immediata dei marinai, una richiesta assurda che sa di
provocazione di fronte all’eterno temporeggiamento delle autorità di
Nuova Delhi sulla sorte dei nostri fucilieri di Marina, trattenuti da
oltre due anni senza un capo di imputazione (Massimiliano Latorre è
provvisoriamente tornato in Italia per curarsi dall’ictus). Dopo aver
ha chiesto spiegazioni al nostro ministero degli Esteri, il governo
indiano si è spinto a inviare a Palazzo di Giustizia di Palermo un alto
dirigente della delegazione di New Delhi in Italia per incontrare i
magistrati che stanno lavorando al caso, garantendo ai marinai indiani
tutte le garanzie nel rispetto dei diritti di difesa.
L’India,
evidentemente, vorrebbe i guanti di seta per i propri connazionali.
«Sarà un processo come tutti gli altri», hanno assicurato i magistrati
di fronte all’assurdo pressing diplomatico, allontanando il sospetto di
ritorsioni nei confronti delle procedure indiane sui marò. «L’India può
stare serena – è il commento di Edmondo Cirielli di Fratelli d’Italia-An
parafrasando Renzi – perché è noto che in Italia anche i delinquenti
più pericolosi non restano in prigione a lungo. Semmai l’iniziativa
dell’India conferma che si tratta di un Paese sottosviluppato sotto il
profilo giuridico perché si intromette in vicende giudiziarie ignorando
che in Italia, nazione civile, c’è la piena separazione dei poteri dello
Stato». Detto questo – aggiunge il parlamentare – è grave semplicemente
accostare la vicenda degli indiani, arrestati per traffico
internazionale di droga, con quella dei nostri marò, ingiustamente
accusati di omicidio nell’esercizio dello loro funzioni e impegnati in
missioni antipirateria». Ultima amara considerazione: la voce grossa
dell’India dimostra ancora una volta quanto poco credito l’Italia abbia
nello scenario internazionale. «Uno
Stato di diritto non arriva a rappresaglie – è l’amaro commento del
capogruppo di FdI-An, Fabio Rampelli – ma uno Stato di diritto sa
difendere i propri cittadini: il governo italiano sta dimostrando di
esserne assolutamente incapace».
di Alessandra Ranieri - 8 ottobre 2014/14:29
fonte: http://www.secoloditalia.it
Nessun commento:
Posta un commento