Confesso anch’io, come Mario
Adinolfi, che domenica 5 ottobre sono stato in una delle cento piazze
italiane a montar di sentinella alle libertà mie e dei miei
concittadini.
Confesso anch’io, come Mario Adinolfi, che domenica 5 ottobre sono stato in una delle cento piazze italiane a montar di sentinella alle libertà mie e dei miei concittadini.
Confesso anch’io, come il mio amico prof Mario Grimoldi e il collega Riccardo Cascioli, che ci siamo trovati sulla bella piazza del Duomo in un centinaio, tranquilli, silenziosi, a leggere libri e ad ascoltare le parole di una ragazza che ci ha radunati non “contro” i gay ma “per” la libertà di tutti.
Libertà di non essere obbligati a subire il lavaggio del cervello secondo le teorie del gender e la morale del matrimonio gay. Libertà dall’obbligo di considerare come leggi ovvie, regole naturali e programmi dall’asilo all’università, i dogmi della religione dell’Arcigay.
Confesso che neanche quel fenomeno del prof Gianmario Gatti (che è venuto con l’Ipad invece che col buon vecchio oggetto tipografico) ha dato fastidio a nessuno. Anzi. Sembravamo tutti belle statuine messe lì per la curiosità dei passanti e i “perché” dei bambini.
“Cosa sta leggendo?” mi fa un tale dall’aria intellettuale, forse immaginando che fossi alle prese con l’Humanae Vitae. Dico no, non è un manuale cattolico, è Federico Rampini, Feltrinelli, è un bel reportage sul regno di Google. E che sorpresa ritrovare in piazza il silenzio e la tranquilla lettura scomparsa anche dal salotto di casa, dove spesso vige la tirannia della telecrazia.
Così, mentre nel sereno pomeriggio monzese la domenica trascorreva in una questa varietà di umori e di democrazia, di paese civile e di colorita diversità di banchetti rionali, di sentinelle e di happy hour, di cagnolini al guinzaglio e di passeggini al passeggio, altrove gente come noi, gente che si era presa un’oretta di riposo festivo per suggerire in silenzio che in democrazia vige la libera competizione delle idee e non la fatwa, era stata disturbata e malmenata da gente che alle idee preferisce lo sputo e il bastone.
A Trento menano un prete. A Bologna aggrediscono chicchessia. A Torino persone pacifiche sono costrette ad abbandonare la piazza sotto la scorta armata della polizia. Il tutto con le alate giustificazione fornite allo squadrismo da certa grande stampa e certe piccole organizzazioni Lgbt. Molto bene, ma allora perché non vi mettete il turbante e innalzate la bandiera nera?
Cosa si deve pensare di questo spirito di intolleranza se non che è proprio lo spirito del ddl Scalfarotto e, altro che bandiera dei diritti gay, questi si credono sul serio i padroni della vita degli altri e pensano che il cittadino sia l’asino che va attaccato a dove dice il padrone?
Ecco, ho pensato, avevano proprio ragione quei due ragazzi incontrati la scorsa estate dalle parti di Rimini. Venivano da Parigi ed erano stati gli inventori delle Sentinelle francesi brutalmente represse dalla polizia. «Ma noi non difendiamo una morale – dicevano – semplicemente non vogliamo pensare come ci ordinano di pensare».
«La storia dovrebbe averci insegnato che niente è peggiore per la morale e per il mondo che la visione morale del mondo». Chi è che vuole una visione morale del mondo? Infatti, per parafrasare Finkielkraut, è schiumando rabbia contro l’omofobia (ma cos’è l’omofobia se non la pretesa di piallare ogni umana diversità?) che il pensiero unico fa man bassa a destra e a sinistra e diventa una bandierina cretina, tanto della liceale Pascale, quanto del militante di centro sociale.
E non c’è nessuna fessura nella corazza dei mazzieri del pensiero unico: «Il dogma sono loro, la bestemmia pure. E per darsi arie da emarginati insultano urlando i loro rari avversari». Perciò, sentinelle, in piedi.
ottobre 7, 2014 -
Luigi Amicone
fonte: http://www.tempi.it/
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