VISTO CHE RISPUNTANO I DETRATTORI DEI NOSTRI FUCILIERI DI MARINA, “SCRITTORI” CHE A DISTANZA DI 24 MESI ANCORA DISQUISISCONO SULL’INTERNAZIONALITA’ O MENO DELLE ACQUE DOVE SONO AVVENUTI GLI EVENTI MA NON CI SPIEGANO PERCHE’ L’INDIA NON HA ANCORA PRODOTTO LE PROVE DEI FATTI E PRECISI ATTI DI ACCUSA, MI SEMBRA DOVEROSO RIPROPORRE QUALCHE ARTICOLO.......PER NON DIMENTICARE.
" Chi vuole depistare disinformando sappia che più si cerca di nascondere la verità, più essa viene prepotentemente a galla "
e.emme
Lunedì, 25 marzo 2013 parte prima di tre
Italia,
Roma, Kerala, Marò, India, Guardia Costiera, Kochi, Kerala,
peschereccio St. Antony, “Diritto di Bandiera”, Olimpic Flair, Enrica
Lexie, guardie armate, pirati, Ros Carabinieri, prova balistica, Onu,
Nato, Imo, International maritime organization, Ue, Richard Ashby,
funivia del Cermis, Convenzione di Londra, Codice Internazionale di
Navigazione, Diritto di Bandiera, Olimpic Flair, Luigi Di Stefano,
Strage di Ustica, Catherine Ashton, Alto Rappresentante per gli Affari
Esteri e la Sicurezza, Unione europea, Richard Ashby, Funivia del Cermis, Val di Fiemme, Alessandro Mauceri, Qui Europa
Soldati in India e Affari Sporchi. Oltre la Verità
Ufficiale: I Misteri del Caso Marò - Prima Parte
Versioni diverse, Corpi spariti, Dati discordanti
La Strana paralisi dell'Ue e degli Organismi Internazionali
Oltre la Cappa Mediatica – L'Analisi di "Qui Europa"
di C.Alessandro Mauceri
I Retroscena del "Caso Marò" – Dietro la "verità ufficiale"
Roma, New Delhi, Kerala, Kochi – Nelle ultime ore, Il ministro della Difesa indiano A.K. Antony – all'Agenzia di stampa PTI – ha sostenuto che i due marò italiani sono ritornati in India grazie all' "atteggiamento deciso" della Corte Suprema e del governo del Paese."La questione è stata risolta – ha dichiarato – senza molti problemi con il deciso atteggiamento assunto dalla Corte Suprema e il suo energico intervento. Anche il governo – ha aggiunto – ha lavorato sulla stessa lunghezza d'onda ottenendo che i marò tornassero qui per essere sottoposti a processo. E su questo – ha concluso – le autorità di New Delhi hanno sostenuto i sentimenti del governo del Kerala, dove l'incidente é avvenuto il 15 febbraio 2012, con la morte di due pescatori". Secondo un noto costituzionalista indiano, Fali Sam nariman, i due italiani non correrebbero rischi di pena capitale, ma la certezza in questi casi è un qualcosa di inafferrabile e altamente aleatorio.
Roma, New Delhi, Kerala, Kochi – Nelle ultime ore, Il ministro della Difesa indiano A.K. Antony – all'Agenzia di stampa PTI – ha sostenuto che i due marò italiani sono ritornati in India grazie all' "atteggiamento deciso" della Corte Suprema e del governo del Paese."La questione è stata risolta – ha dichiarato – senza molti problemi con il deciso atteggiamento assunto dalla Corte Suprema e il suo energico intervento. Anche il governo – ha aggiunto – ha lavorato sulla stessa lunghezza d'onda ottenendo che i marò tornassero qui per essere sottoposti a processo. E su questo – ha concluso – le autorità di New Delhi hanno sostenuto i sentimenti del governo del Kerala, dove l'incidente é avvenuto il 15 febbraio 2012, con la morte di due pescatori". Secondo un noto costituzionalista indiano, Fali Sam nariman, i due italiani non correrebbero rischi di pena capitale, ma la certezza in questi casi è un qualcosa di inafferrabile e altamente aleatorio.
Enrica Lexie – La Realtà potrebbe essere ben diversa
Da oltre un anno, ormai, la cronaca internazionale non lascia passare giorno senza raccontare ciò che avviene ai nostri due connazionali accusati di omicidio dal governo indiano. In realtà, dietro tutta questa faccenda, che dura ormai da troppo tempo, la realtà potrebbe essere ben diversa da quella che apparirebbe semplicemente ascoltando i telegiornali. Innanzitutto, i fatti. Ebbene da una disamina anche solo un tantino meno superficiale, rispetto a quanto fatto da chi si è limitato a riportare comunicati stampa, degli atti e delle dichiarazioni ufficiali della Polizia, della Guardia Costiera di Kochi, dei testimoni locali e dei giudici di Kerala emergono molte anomalie. Anomalie che i legali dei due Marò detenuti in India avrebbero dovuto far rilevare e far valere e che, invece, chissà perché sono state dimenticate. Cominciamo dall’inizio. I verbali della polizia e della Guardia Costiera di Kochi riportano che il peschereccio St. Antony con le due vittime a bordo sarebbe rientrato in porto alle 18:20, quando il sole era alto (quel giorno stando ai dati ufficiali è tramontato alle 19:47). Eppure i filmati delle televisioni locali mostrano che il rientro della nave sarebbe avvenuto molto più tardi quando era già buio pesto.
Da oltre un anno, ormai, la cronaca internazionale non lascia passare giorno senza raccontare ciò che avviene ai nostri due connazionali accusati di omicidio dal governo indiano. In realtà, dietro tutta questa faccenda, che dura ormai da troppo tempo, la realtà potrebbe essere ben diversa da quella che apparirebbe semplicemente ascoltando i telegiornali. Innanzitutto, i fatti. Ebbene da una disamina anche solo un tantino meno superficiale, rispetto a quanto fatto da chi si è limitato a riportare comunicati stampa, degli atti e delle dichiarazioni ufficiali della Polizia, della Guardia Costiera di Kochi, dei testimoni locali e dei giudici di Kerala emergono molte anomalie. Anomalie che i legali dei due Marò detenuti in India avrebbero dovuto far rilevare e far valere e che, invece, chissà perché sono state dimenticate. Cominciamo dall’inizio. I verbali della polizia e della Guardia Costiera di Kochi riportano che il peschereccio St. Antony con le due vittime a bordo sarebbe rientrato in porto alle 18:20, quando il sole era alto (quel giorno stando ai dati ufficiali è tramontato alle 19:47). Eppure i filmati delle televisioni locali mostrano che il rientro della nave sarebbe avvenuto molto più tardi quando era già buio pesto.
Diverse versioni e dati discordanti
Andiamo avanti. Sempre secondo la Guardia Costiera, il peschereccio indiano sarebbe rientrato in porto, quasi cinque ore prima della nave Enrica Lexie su cui si trovavano i due Marò e ciò nonostante la sua velocità massima sia nettamente inferiore a quella della nave italiana. I
pescatori, appena a terra, avrebbero dichiarato di non aver visto
nulla, in quanto tutti sotto coperta e in sonno pieno, ad eccezione dei
due colleghi colpiti e deceduti e che quindi non possono testimoniare.
Solo pochi giorni dopo, questa dichiarazione sarebbe stata cambiata
e i pescatori avrebbero fornito i dati per il riconoscimento della
nave. Cambiamento che tuttavia non sarebbe decisivo per l’accusa: i colori della nave italiana, infatti, sono simili a quelli di molte altre navi in quel momento presenti nella zona, almeno quattro.
Una curiosa omissione – Perchè?
Anche le procedure di rientro in porto sarebbero, a dir poco, anomale. In base agli accordi internazionali, come il Codice Internazionale della Navigazione, e agli Accordi Nato (di cui sia India che Italia farebbero parte e che coprono l’operato dei militari all’estero, in base al cosiddetto “Diritto di Bandiera”) il governo indiano non avrebbe dovuto chiedere il rientro in porto della nave italiana omettendo di informarla
che erano indagati: la Guardia Costiera, infatti, ha chiamato via radio
tutte le navi in zona invitandole a rientrare a Kochi per “identificare una barca di pirati” che aveva già catturato.
Spunta l'Olimpic Flair – Vi fu un altro conflitto in mare?
Proprio in quelle ore, infatti, pare che si sia verificato un altro conflitto a fuoco tra una nave greca, la Olimpic Flair, molto simile alla Enrica Lexie
e con a bordo guardie armate, e una nave di presunti “pirati”. Del
resto, gli scontri armati in quelle acque pare siano all’ordine del
giorno, oltre che per la presenza di pirati anche per la presenza di
navi da guerra essendo l’India, di fatto, in guerra con altri Paesi. Resta il fatto che delle cinque navi presenti nella zona, quattro si sarebbero dileguate al largo. L’unica a rientrare sarebbe stata quella italiana. Singolare anche lo slancio nel "perseguitare" (?) i due militari italiani, spintosi fino al punto di proibire ai tecnici del Ros (Carabinieri) di essere presenti alla prova balistica. Non a caso l’analisi balistica sui progetti avrebbe identificato armi diverse da quelle in dotazione ai nostri militari.
Corpi spariti – Una cremazione lampo
Anche le procedure successive sarebbero state, a dir poco, anomale. Le uniche indicazioni interessanti potevano provenire da un esame autoptico dei corpi delle due vittime, ma questa possibilità è stata negata alla difesa, visto che gli stessi sono stati cremati nel giro di poche ore.
Perchè – ci chiediamo – cremare dei corpi di reato che coinvolge due
diversi Paesi e dove quindi le controversie potrebbero richiedere un
approfondimento di indagini? La stessa nave italiana sarebbe stata in
base ai rilievi del radar in posizione diversa da quella in cui il peschereccio indiano è stato attaccato. Chi volesse conferma di ciò può leggere l’analisi della vicenda effettuata dall’Ingegner Luigi Di Stefano (disponibile sul sito http://www.seeninside.net/piracy/index.htm) perito – pare – di chiara fama che, tra l’atro, ha collaborato nel corso del processo sulla strage di Ustica.
Siria – Tacete! Altrimenti è la Morte
Anche il coinvolgimento di Onu e Nato in questa vicenda pare essere, a dir poco, anomalo. La presenza di militari armati a
bordo di navi mercantili, deriva infatti (ma di questo i media non
parlano) non da una scelta arbitraria e eccessiva del nostro Paese, ma
dalle linee guida dell’IMO (International Maritime Organization: organismo dell’Onu preposto alla disciplina dei traffici marittimi) e dalle disposizioni Ue e Nato
in materia di contrasto alla pirateria nelle acque vicine. Ebbene,
nessuna di queste organizzazioni ha proferito parola in merito a quanto
avvenuto o è intervenuta imponendo il rispetto dei trattati sottoscritti
da Italia e India. Ma allora – ci chiediamo – a che servono questi
accordi? L’unico intervento è stato quello di Catherine Ashton, l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell'Unione Europea. Intervento blando e a tutt’oggi, come dimostrano i fatti, assolutamente inutile. Come spesso accade!
Val di Fiemme, Italia – Nel 1998 andò diversamente
Eppure, in altri casi, le cose erano andate diversamente. Nel 1998 un aereo militare statunitense pilotato Richard Ashby,
decollato dalla base aerea di Aviano, per una bravata del pilota in
violazione di tutte le norme di volo, tranciò le funi che reggevano la funivia del Cermis,
in Val di Fiemme. La cabina precipitò da un'altezza di circa 150 metri
schiantandosi al suolo. Nella strage morirono venti persone di diverse
nazionalità. I pubblici ministeri italiani richiesero di processare i quattro marine in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari impose che, in forza della Convenzione di Londra
del 19 giugno 1951 sullo statuto dei militari Nato, la giurisdizione
sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense. Nel giro di pochi giorni i militari statunitensi rientrarono i patria
e, alla fine, solo il pilota e il suo navigatore furono chiamati a
comparire davanti a un tribunale militare americano e solo per
rispondere dell'accusa di omicidio colposo. Nel 1999 la giuria assolse Ashby
e anche le accuse di omicidio colposo nei confronti di Schweitzer non
ebbero seguito. Nel maggio del 1999 entrambi furono degradati e rimossi
dal servizio e il pilota fu condannato a sei mesi di detenzione (poi
addirittura scesi a quattro) per intralcio alla giustizia (avevano distrutto il nastro che dimostrava la loro colpevolezza).
Oltre la Verità Ufficiale – I Misteri del Caso Marò
Forse
sarebbe stato meglio che i nostri Marò avessero chiesto assistenza agli
stessi legali dei due militari americani, perché quelli che li
assistono pare abbiano dimenticato che esistono precise leggi e accordi internazionali che tutelano i diritti dei nostri militari. A prescindere -
ovviamente dalla loro presunta colpevolezza o innocenza – Di certo poi,
a rinfrescare loro la memoria non sono intervenuti né i responsabili di
organismi internazionali come ONU e Nato, in primis, né i nostri
politici. Ma, allora, perché tutto ciò?
Forse, la verità e le cause di tutto questo sono da cercare altrove.
Forse non servirebbe a far tornare immediatamente i nostri soldati in
Italia, ma, almeno, servirebbe a far capire alle famiglie dei nostri
Marò per quale motivo i loro congiunti, da oltre un anno ormai, fanno
avanti e indietro dall’India, con il rischio di essere “condannati a morte pur – è un'ipotesi – non avendo commesso il fatto”. Anche la beffa dei nostri diplomatici, che avevano assicurato che non esisteva per loro il rischio di una condanna a morte, è stata immediatamente smentita dalle autorità indiane: il rischio esiste, eccome. Forse,
sapere che il sacrificio dei loro congiunti (perché di questo potrebbe
trattarsi fino a prova contraria) potrebbe servire al Paese al quale
loro hanno giurato fedeltà, renderebbe meno amara la medicina che stanno
cercando di mandare giù. Ma forse il problema è proprio questo: siamo certi che tutto ciò davvero serva al nostro Paese?
E cosa accadrebbe se venisse detto ai nostri soldati che la situazione
in cui si trovano, non è conseguenza del fatto che loro hanno giurato di
servire l’Italia, ma serve a permettere a “qualcun altro” di fare qualcosa? (Continua…)
tramite: http://veraitalia.blogspot.it
_________________
C.Alessandro Mauceri
fonte: http://www.quieuropa.it tramite: http://veraitalia.blogspot.it
_________________
Giovedì, 28 marzo 2013 parte seconda di tre
India,
ministro della Giustizia, Ashwani Kumar, Ministro degli Esteri
italiano, Giulio Terzi, Napolitano, New Delhi, pena di morte, Alta Corte
di Kerala Fucilieri di Marina, atto terroristico, Pil, Financial
Times, Global 500, Stefano Beggiora, Università Ca’ Foscari, India e
Nordest: il mercato del terzo Millennio, Forze Armate indiane,
Fincantieri, Istituto Oceanografico indiano, Sagar Nidhi, Marina
indiana, Mazagon Dock, Mumbai, Garden Reach, Kolkata, Alenia
Aeronautica, consorzio Eurofighter, Aeronautica indiana programma MMRCA
(Medium Multi-Role Combat Aircraft), Camera di Commercio Indiana per
l’Italia, missione commerciale multisettoriale, Fukushima, Jaitapur,
Maharashtra, nucleare sperimentazioni cliniche, cavie umane, BBC, The
Independent, Washington Post, Sae, Serious Adverse Events, Italia, Roma,
Kerala, Marò, India, Guardia Costiera, Kochi, Kerala, peschereccio St.
Antony, “Diritto di Bandiera”, Olimpic Flair, Enrica Lexie, guardie
armate, pirati, Ros Carabinieri, prova balistica, Onu, Nato, Imo,
International maritime organization, Ue, Richard Ashby, funivia del
Cermis, Convenzione di Londra, Codice Internazionale di Navigazione,
Diritto di Bandiera, Olimpic Flair, Luigi Di Stefano, Strage di Ustica,
Catherine Ashton, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la
Sicurezza, Unione europea, Richard Ashby, Funivia del Cermis, Val di
Fiemme, Alessandro Mauceri, Qui Europa
Soldati in India e Affari Sporchi – Seconda Parte
Le Verità Occultate sul Caso Marò e le Dimissioni del
Ministro Terzi
Ecco cosa blocca la macchina diplomatica e sovrasta
il Diritto: una fittissima rete di intrecci commerciali
di C.Alessandro Mauceri
I Retroscena del "Caso Marò" – Seconda Parte
Roma, New Delhi, Kerala, Kochi – Nelle ultime ore sono giunte – era ora – le dimissioni del Ministro degli Esteri Giulio Terzi, "caduto" non per la linea ambigua (per non dire vergognosa) mantenuta per tutto il 2012 e anche oltre sul "Caso Siria" e – in generale – su tutta la politica estera imperialistica italiana (filo-Nato e filo-Usa), ma proprio sul "Caso Marò",
e sul ri-espatrio dei due fucilieri italiani in India, favorito e non
osteggiato dallo stesso Terzi. L’annuncio è stato dato, nelle ultime
ore, in occasione del suo intervento in Parlamento, nell’aula di Montecitorio. Ma
tornando al misterioso incidente diplomatico, cerchiamo ora di
comprendere cosa si possa davvero nascondere dietro questa brutta
storia, al di là della solita ormai costante cappa mediatica che contraddistingue l'informazione (di regime) nel nostro Paese.
Le Dimissioni di Terzi e l'Ennesimo Disastro del "Tecnico"
"Secondo gli ultimi dispacci di agenzia, si apprende – sosteneva in sostanza un comunicato governativo della Farnesina – che i due Italiani non rischierebbero la pena di morte. Quanto al carcere, lo potrebbero scontare in Italia". Sono state queste – per sommi capi – le rassicurazioni con
le quali il nostro governo ha convinto i due accusati a tornare nel
Paese che li aveva arrestati ricorrendo a stratagemmi poco diplomatici e
che, forse, se la controparte non fosse stata l’Italia, ma un altro
Paese, avrebbero scatenato uno scontro diplomatico di ben altre dimensioni. Ciò era avvenuto dopo
aver sostenuto che i nostri militari – coinvolti in un affare
internazionale dai risvolti più grandi di loro e non di poco – non
sarebbero dovuti rientrare in India. Ma non finisce qui! Al ritorno dei
fucilieri in India, il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, ha tenuto a precisare come il governo indiano in realtà non avrebbe fornito alcuna assicurazione all'Italia in merito all'inflizione della pena di morte (che pure non è applicata da molti anni). Ebbene secondo alcuni quotidiani, il Ministro degli Esteri italiano dimissionario, Giulio Terzi, che aveva dato la notizia sbagliata (e, a quanto pare, aveva anche dimenticato di informarne il presidente Napolitano)
in un primo momento aveva affermato che la sua era stata solo una
“svista” e che non ci pensava proprio a dimettersi. Poi nelle ultime
ore – per cause di forza maggiore – è giunto l'evidente e provvidenziale
ripensamento. Terzi – tuttavia – affermava poco prima delle dimissioni, come i due Marò' "non avessero corso rischi, e non sarebbero andati incontro a un destino ignoto", perchè "la situazione si stava normalizzando" visto l'ottenimento da parte dell'Italia della precisa garanzia da New Delhi sull'inapplicabilità della suddetta pena capitale. E
così, ancora una volta, alle ripetute affermazioni dei nostri
diplomatici in merito a rassicurazioni circa il destino dei nostri
soldati, un giudice dell’Alta Corte di Kerala ha pensato bene di definire la presunta sparatoria attribuita ai Fucilieri di Marina italiani, un atto terroristico. In
realtà, questa sarebbe solo l’ultima delle anomalie (per voler usare un
eufemismo) nascoste da una vicenda dagli evidenti e grotteschi
chiaroscuri.
India – Il Mercato del Terzo Millennio
La verità è che i nostri funzionari si sono trovati di fronte una delle maggiori potenze mondiali con un Pil
che, a parità di potere d’acquisto, è già ora pari a un quarto di
quello di tutti i Paesi della Terra. Un Paese (l'India) con un apparato bellico possente, dotato di testate nucleari e – ciliegina sulla torta – 1,3 milioni di militari regolari. L’India, il cui trend economico è, forse, ancor più robusto di quello della stessa Cina, è un colosso la cui industria manifatturiera è la decima del pianeta. Nella classifica del Financial Times, Global 500, che raggruppa le cinquecento maggiori società del pianeta per capitalizzazione, l’India compare ben 14 volte. E l’Italia?
Tralasciando le ovvie considerazioni sulla dimensione economica e sul
potenziale militare del nostro Paese confrontati con quello di uno dei
colossi globali (comparabile solo con USA e Cina) anche sotto il profilo
dei rapporti economici “negli anni del boom economico indiano, l’Italia
appare essersi mossa un pò in ritardo” come ha affermato – tra l'altro –
il professor Stefano Beggiora, docente di storia dell’India presso l’Università Cà Foscari Venezia, autore del saggio "India e Nordest: il mercato del terzo Millennio".
Una Questione di "puri" e semplici "Affari Economici" In realtà, sembrerebbe che a destare la preoccupazione delle nostre autorità in questo momento particolare siano gli imprenditori italiani
che già detengono (o che vorrebbero stabilire) rapporti economici con
l’India. La paura che deriverebbe dall’indurirsi dei rapporti
diplomatici tra i due Paesi, è quella di vedere scoppiare una vera e
propria crisi commerciale tra Italia e India che potrebbe mettere a rischio i rapporti commerciali
già esistenti e i contratti in opera. E se è vero che il colosso del
Sud est asiatico rappresenta al momento solo il sedicesimo partner
commerciale dell’Italia, con un valore delle esportazioni che nel 2010 è
stato di circa 3,5 miliardi di
euro, cioè solo l’1% del totale, c’è da considerare che i dati del
2011, ancora provvisori, dicono che questo valore tenderà a crescere
rapidamente. Le esportazioni italiane
verso l’India aumentano con un tasso del 21% l'anno. Non solo, ma i
rapporti commerciali già istaurati pare riguardino proprio quelle
aziende di grandi dimensioni che hanno dimostrato di avere maggiore
capacità di influenzare scelte politiche nazionali. Come
se non bastasse, anche i clienti cui i nostri prodotti sono destinati
non sono soggetti qualunque. Uno dei maggiori clienti delle imprese
italiane, ad esempio, sono le Forze Armate Indiane. In pochi anni, le nostre aziende produttrici di materiale bellico sono divenute fornitrici di fiducia di Nuova Delhi. Hanno venduto molto, e molto intendono ancora vendere. Fincantieri nel 2008 ha fornito all’Istituto Oceanografico indiano la nave oceanografica da 5mila tonnellate Sagar Nidhi. Pochi mesi fa è stata consegnata all’India la seconda di due grandi navi rifornitrici di squadra da 27mila 500 tonnellate per la Marina indiana. Un contratto da oltre 300 milioni di
euro che si somma a quello per la progettazione di sette fregate da
6mila 200 tonnellate della nuova classe P17A, che hanno fruttato
all’industria italiana circa 30 milioni di Euro.
Non solo, ma è in ballo l’appalto per la realizzazione di queste navi
(ognuna del costo di 900 milioni di dollari) che saranno costruite in
due cantieri indiani, il Mazagon Dock di Mumbai e il Garden Reach di
Kolkata. Appalto che interessa e non poco Fincantieri che
aspira a fornire assistenza e tecnologia nel settore delle costruzioni
navali modulari, un know how che i cantieri locali non posseggono
ancora. Anche Alenia Aeronautica e altre industrie italiane per molti mesi sono state interessate al mercato indiano. Infatti sono loro che producono alcune parti dei caccia realizzati dal consorzio Eurofighter, che ha partecipato ad una gara internazionale per la vendita di 126 caccia all’Aeronautica indiana, in base al Programma MMRCA (Medium Multi-Role Combat Aircraft) per un costo complessivo di almeno 12 miliardi dollari. (Alla fine la gara è stata vinta, però, da un concorrente anche questo europeo). Anche la Camera di Commercio Indiana per l’Italia è
molto attiva, infatti ha in programma di organizzare dal 13 al 18
Aprile 2013 una missione commerciale multisettoriale a Mumbai. Molto
probabilmente, la verità è che l’India, oggi, in un mondo
caratterizzato da economie inaccessibili e da mercati in calo, desta,
con i propri numeri, enormi interessi da parte delle maggiori aziende di
tutti i Paesi industrializzati. Come dicevamo l’India è dotata di un proprio arsenale nucleare
che nessuno si permette di criticare (ma – ci chiediamo – che
accadrebbe se al posto del colosso asiatico vi fossero l’Iraq,
l’Afghanistan, il Mali o anche la Siria?).
L'India Nascosta – Dal Nucleare alle Sperimentazioni su Cavie Umane
Ma anche sotto il profilo civile le scelte dell’India per il nucleare sembrano non tener conto del disastro verificatosi a Fukushima: tra poco a Jaitapur, nello stato del Maharashtra, verrà costruito il più grande parco nucleare al mondo:
9.900 MW prodotti da 6 reattori. E a niente sono valse le proteste
della popolazione per impedire che ciò avvenisse. Ovviamente, molti
media internazionali hanno dedicato poca attenzione all’evento, anche
perché la tecnologia che ha permesso all’India di accrescere il numero di centrali nucleari sul proprio territorio è stata fornita da imprese europee. In realtà, per poter accedere a questi mercati, fino ad oggi chiusi e resi impossibili grazie a barriere economiche invalicabili
anche per industrie di dimensioni (e di potere) ben maggiori di quelle
italiane, tutti (e va sottolineato non una, ma due volte, tutti) i Paesi del mondo hanno fatto finta di non vedere cosa stava (e sta) accadendo in quello che da molti viene definito un microcontinente. Nessuno ha visto il prosperare della potenza missilistica nucleare dell’India. Così come nessuno sa niente del fatto che in India (come del resto in altri Paesi) per le sperimentazioni cliniche e farmacologiche si fa ricorso a cavie umane.
Eppure sono notizie alcuni magazine internazionali, la BBC, The
Independent, il Washington Post, hanno riportato e documentato
denunciando un indegno sfruttamento di cavie umane da parte delle industrie del farmaco. Secondo
il Washington Post, il fenomeno avrebbe visto una repentina
accelerazione dal 2005, in seguito all'introduzione di leggi di
semplificazione dei controlli per i test sperimentali nel Paese. The Independent riferisce che un quarto di tutti i dati clinici forniti in Europa alle autorità di controllo sui farmaci proviene dagli esperimenti condotti proprio in Paesi come l’India, la Russia, l’America Latina e la Cina (BRIC). Va detto come le
vittime di questi esperimenti, prelevate in luoghi come i quartieri più
poveri delle metropoli, vengano classificate solo con la sigla Sae: Serious Adverse Events
(gravi eventi avversi). Del resto l'immissione in commercio di un nuovo
farmaco richiederebbe circa 10-15 anni e varie fasi di sperimentazioni
con un investimento di diversi miliardi di dollari. Stanziare i test in paesi poveri con un'ampia fetta di popolazione semianalfabeta vuol dire risparmiare fino al 60% il costo dell'investimento. Da pelle d'oca!
Chi decide davvero del destino dei Marò Italiani?
Forse le famiglie dei Marò che sono tornati in India obbedendo agli ordini dei
loro superiori, non è al ministro o all’ambasciatore o al capo del
governo (a quello vecchio o a quello appena incaricato) che dovrebbero
rivolgersi per fare tutelare gli interessi e i diritti dei propri
congiunti, ma ai capi delle industrie che fanno affari con l’India…..e forse loro risponderebbero. (continua......)
C.Alessandro Mauceri
fonte: http://www.quieuropa.it
tramite: http://veraitalia.blogspot.it
_________________________
tramite: http://veraitalia.blogspot.it
tramite: http://veraitalia.blogspot.it
_________________________
Venerdì, Giugno 21st/ 2013 terza parte
SIPRI,
Stati Uniti d’America, ONU, NATO, Russia, Germania, Francia, Cina,
Regno Unito, Spagna , Italia, Afghanistan, Iraq, Libia, Lockheed Martin,
Arabia Saudita, Joe Parker, consorzio Eurofighter, Emirati Arabi Uniti,
Qatar, Siria, New York Times, Financial Times, International Peace
Research Institute di Stoccolma, Turchia, Obama, Ben Rhodes, Alto
commissariato dell’Onu per i diritti umani, Massimiliano Latorre,
Salvatore Girone, Finmeccanica, Giuseppe Orsi, Arackaparambil Kurien
Antony, ministro della Difesa Agusta Westland, Guido Ralph Haschke,
Shashindra Pal Tyagi, JulieTyagi, Docsa Tyagi e Sandeep Tyagi, Central
Bureau of Investigations, Ratan Tata, Tata, Alessandro Mauceri,
www.quieuropa.it
Traffico d'Armi, Bugie e Tangenti dietro tutto. Ecco
cosa hanno in comune una delle maggiori industrie
metalmeccaniche europee e i due marò
Il Destino dei Marò e le novità emerse dal Processo Finmeccanica
di C. Alessandro Mauceri
Il Mercato delle Guerre, non conosce crisi
Roma - Che cosa hanno in comune i due marò italiani e una delle maggiori industrie metalmeccaniche europee? In un mondo che soffre e si lamenta per una "cosiddetta" crisi economica indotta e globale che (fermo restando la truffa dell'Eurozona) forse non ha precedenti a memoria d’uomo, c’è un settore che pare essere sempre fiorente: quello degli armamenti.
Eppure, nell’ultimo decennio del secolo scorso si era registrato un
calo rilevante del settore. Calo che sarebbe stato causato, in massima
parte, dalla riduzione delle forze della Nato dopo la fine della Guerra
fredda. Ma le imprese del settore non si sono "arrese" (e del resto con
tutte le armi di cui disponevano….). Così, grazie anche all’aiuto
concesso volentieri da molti governanti, i Paesi più industrializzati di
mezzo mondo (quelli in cui hanno sede le maggiori imprese produttrici
di armi) hanno deciso o di fare guerra o di vendere i propri “prodotti” all’altra metà del mondo. In
base ai dati emersi da uno studio del SIPRI, tra i maggiori
esportatori di armi nel periodo tra il 2008 e il 2012 ci sarebbero –
guardacaso – gli Stati Uniti d’America che, casualmente, è il Paese che maggiormente, negli ultimi tre lustri, ha promosso guerre e “missioni di pace”,
anche al di fuori dell’egida ONU e NATO; a seguire Russia, Germania,
Francia, Cina, Regno Unito, Spagna e Italia. In realtà, le scelte di
marketing adottate dai vari Paesi sono state diverse. Nella maggior
parte dei casi, i Paesi hanno deciso di “scambiarsi”armi e armamenti e
di andare a combattere guerre senza motivo e
senza ragione in giro per il mondo (fermo restando ovviamente il piano
per la costituzione del NWO). Questo ad esempio sarebbe ciò che è
avvenuto tra gli Stati Uniti e alcuni Paesi Europei dove a fronte di
acquisti, da parte degli americani, di armamenti da Italia, Francia,
Svezia, Germania, Polonia e Spagna, gli Stati Uniti hanno potuto
vendere, ad esempio, molti dei loro aerei da guerra, seppure poco
funzionali (tanto che la Francia ha sospeso l’ordinativo), a molti
Paesi europei, Italia inclusa. Ovviamente queste armi sono state poi
utilizzate dai Paesi più industrializzati nelle “missioni di pace” in Paesi come Afghanistan, Iraq, Libia e molti altri. Missioni di pace che sono servite anche per conquistare spazi economici per le maggiori industrie dei Paesi invasori.
L'emblemnatico caso della Lockheed Martin e lo shopping arabo
In altri casi invece, e qui sta la sorpresa, i Paesi maggiori produttori di armi hanno fatto di più. Hanno deciso di vendere direttamente le armi che producevano le industrie presenti sul loro territorio a Paesi in guerra tra loro
o, in altri casi, a entrambe le fazioni di uno stesso Paese. Oppure,
hanno deciso di utilizzare il canale dei Paesi medio-orientali per
venderle a chiunque avesse i soldi per comprarle. Così la Lockheed Martin, con il consenso del Pentagono, ha venduto 20 aerei C-130J e 5 tanker KC-130J all’Arabia Saudita
per un valore di 6,7 miliardi di dollari (24.61 miliardi di dhiran
sauditi) completi di ricambi e supporto (che senso ha vendere le armi se
non alleghi dei tecnici che insegnino ad usarle?). A questi si
aggiungono 9 lanciatori e 48 missili antimissile balistici THAAD. Joe
Parker, direttore per l'export del consorzio Eurofighter, ha confermato
anche le trattative in corso per l'acquisto di 60 aerei Eurofighter
Typhoon da parte degli Emirati Arabi Uniti. E nel 2011,
la vendita di armi come il Pilatus agli Emirati Arabi, ha consentito
alla Svizzera di raggiungere livelli eccellenti tanto che gli Emirati
Arabi Uniti hanno scavalcato la Germania nell’acquisizione di armi
elvetiche. Complessivamente l’Arabia Saudita, nel periodo 2008-2012, è
stato il 10° maggior importatore di armi e armamenti al
mondo e si è accaparrata il 3% degli armamenti in vendita in tutto il
globo. Un risultato niente male se si pensa che i suoi abitanti sono
solo 7 milioni… Anche con il Qatar gli
scambi di armi sembrano essere stati fiorenti: 12 lanciatori dello
stesso tipo venduto all’Arabia Saudita con 150 missili per un valore
complessivo di 7,6 miliardi di dollari. 24 elicotteri da guerra AH-64D
Apache Longbow e 700 missili Hellfire e molto altro. Ma a cosa
potrebbero mai servire tutte queste armi a Paesi così piccoli (il Qatar
non arriva a due milioni di abitanti)? Ovviamente per il commercio. Ma
come sostenuto e provato da Qui Europa in dozzine di articoli, anche per portare avanti il Piano di un Nuovo Ordine Mondiale. Anche con il Qatar
gli scambi di armi sembrano essere stati fiorenti: 12 lanciatori dello
stesso tipo venduto all’Arabia Saudita con 150 missili per un valore
complessivo di 7,6 miliardi di dollari. 24 elicotteri da guerra AH-64D
Apache Longbow e 700 missili Hellfire e molto altro.
Per fomentare guerre, ogni scusa è buona!
Così
mentre la Russia inviava '' avanzati missili da crociera antinave della
tipologia Yakhont'' alla Siria (fonte New York Times), il Qatar a settembre scorso (dati Financial Times) ha deciso di sostenere i cosiddetti ribelli (mercenari) della provincia di Aleppo, contro il governo siriano, pagando loro uno “stipendio” mensile di 150 dollari. Inoltre, secondo l'International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri), il Qatar,
tra aprile 2012 e marzo 2013, ha inviato in Turchia oltre 70 aerei
militari cargo carichi di armi destinate ai soliti "cosiddetti"
ribelli. Sia il Qatar, con le armi comprate da Stati Uniti ed Europa,
che gli stessi Stati Uniti d’America – come denunciato più volte dall'Osservatorio Nazionale "Qui Europa" – vendono armi ai "ribelli siriani". Lo ha confermato la stessa Casa Bianca
sostenendo come il presidente Obama abbia preso questa decisione dopo
che l’intelligence avrebbe raccolto le prove (per il vero come
dimostrato in più sedi piuttosto fantasiose, per non dire assurde)
sull’uso di armi chimiche (??) da parte del regime di
Assad: Ben Rhodes, consulente di Obama per la sicurezza nazionale, ha
confermato che secondo l’intelligence statunitense “il regime di Assad avrebbe usato diverse volte armi chimiche, in particolare il gas sarin, contro l’opposizione”. Dimenticando di dire – tuttavia – che, non solo a usare queste armi non convenzionali sarebbero stati i rivoltosi (mercenari) e non l’esercito, ma che, in un momento in cui sono state avviate trattative per porre fine agli scontri, fomentare le fazioni con simili affermazioni e armarle fino ai denti non aiuta certo il processo di pace. Sembra quasi di rivedere le scene viste in Iraq. E
così mentre l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani, rivelava
che dall’inizio del conflitto siriano i morti sarebbero più di 93mila,
di cui 6.500 bambini, gli Stati Uniti d’America e gli altri Paesi partners,
sia direttamente che indirettamente fornendo armamenti a Paesi terzi
che poi li rivendono a entrambe le fazioni in conflitto, aizzavano la
guerra.
Il Triste Ruolo dell'Italia – Terzo produttore al Mondo di armi leggere
E che ruolo ha l’Italia in tutto questo? L’Italia è il terzo esportatore mondiale di armi leggere.
L’industria nazionale del settore, pur considerando le stime incomplete
(vedremo in seguito perché) e la concorrenza russa e cinese, non perde
posti nella classifica delle vendite e rimane uno dei maggiori
produttori. Aiutata in questo dal fatto che la vendita di pistole,
fucili, munizioni ed esplosivi sono quasi sparite dalla Relazione sul commercio di armamenti che il Governo italiano è tenuto a presentare ogni anno al Parlamento. Le esportazioni di questi strumenti di morte sono classificate per la stragrande maggioranza sotto la voce "armi civili", vale a dire armi comuni da sparo, da caccia o da tiro sportivo. Così pure gli esplosivi, che sarebbero esportati ufficialmente "per uso industriale".
Così non viene esercitato alcun controllo governativo su tali
trasferimenti, né è monitorato l’utilizzo di questo materiale una volta
che ha lasciato l’Italia! E chi ci sono tra i maggiori clienti e
importatori di armi italiane? Ovvio, Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. Il Medio Oriente, insieme al Sud-Est asiatico, sono le regioni che trainano la domanda internazionale di armamenti.
Tra un'arma e una tangente… Rispunta la pista Marò
I nomi di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
sembrano essere ormai caduti nel dimenticatoio mediatico. Ma sebbene
non se ne parli, pare che la vicenda si sia complicata, se possibile,
ancora di più dopo che al processo per tangenti di Busto Arsizio all’ex
presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi,
è stata richiesto da parte della difesa di sentire come testimone
Arackaparambil Kurien Antony, ministro della Difesa indiano da otto
anni. Oltre ad aver seguito tutta la trafila della commessa dei 12
elicotteri di Agusta Westland (del gruppo Finmeccanica),
il ministro, infatti, è considerato uno tra i maggiori oppositori alla
liberazione dei nostri marò, colui il quale dopo il ritorno in India dei
marò si vantò del risultato ottenuto "grazie alla linea dura" della Corte Suprema e
del governo indiano. La stessa persona che, secondo i legali dell’ex
amministatore delegato di Agusta (indagato con l’ex ad e presidente di
Finmeccanica per corruzione internazionale e frode fiscale),
conoscerebbe a fondo i dettagli della gara d’appalto per gli elicotteri AW 101 del 2006, da cui sarebbe scaturita poi la tangente da 50 milioni di Euro. La risposta è stata la decisione da parte del governo indiano di costituirsi parte civile nel processo insieme all’Agenzia delle entrate indiana e la richiesta di un risarcimento da circa 8 milioni di Euro per
i danni d’immagine che la vicenda ha procurato. Non solo, ma in questo
modo i legali del ministro hanno potuto aver accesso agli atti del
processo (che sono ancora esistenti e non distrutti come hanno fatto in
India con le prove del processo ai due marò) che contengono, tra
l’altro, quanto trovato tra i documenti di Guido Ralph Haschke,
l’intermediario svizzero che trattò la commessa per i 12 elicotteri.
Incluse le prove a carico dell’ex capo dell’aviazione Shashindra Pal
Tyagi e dei suoi cugini, JulieTyagi, Docsa Tyagi e Sandeep Tyagi, tutti
coinvolti nell’affare di vendita illegale di armi e armamenti. La
vicenda si è quindi allargata a macchia d’olio. La difesa degli
accusati italiani infatti ha richiesto di aver accesso
all’interrogatorio di Tyagi e dei cugini di fronte il Central Bureau of
Investigations, il servizio segreto indiano. Non solo, ma ha citato come
testimone anche Ratan Tata, amministratore delegato del gruppo Tata, leader del mercato automobilistico mondiale.
Il Destino incertissimo dei Marò
Nel
marzo del 2013, quando i due militari tornarono in Italia in congedo
per Pasqua, anche noi scrivemmo degli articoli in cui denunciavamo che,
con tutta probabilità, il motivo per cui i nostri marò erano ancora
trattenuti in India nonostante le promesse (al vento) dei diplomatici e
dei politici italiani, erano ben altre che quelle contenute nei loro
capi d’accusa. Già allora riferimmo di interferenze tra le vicende dei marò e imprese coinvolte nella vendita di armamenti. E
dopo che a un ministro indiano è stato chiesto di testimoniare al
processo Finmeccanica (riconoscendosi colpevole) temo che la situazione
per i nostri marò bloccati in India possa solo peggiorare. (continua....)
C.Alessandro Mauceri
fonte: http://www.quieuropa.it tramite: http://veraitalia.blogspot.it
Nessun commento:
Posta un commento