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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

17/03/14

Magia della NIA che fa riapparire il Vascello Fantasma della vicenda dei Marò







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Anche i più distratti tra quelli che seguono con ansia la vicenda dei nostri Marò trattenuti in India si saranno accorti che da una settimana questa storia è scomparsa dalle pagine dei giornali nazionali ed indiani, nè se ne parla più nei talk show, nei notiziari o nei servizi sull’attualità di radio e TV, neanche con laconici sottopancia scorrevoli. Il fatto è che in India, tra i festeggiamenti per l’incipiente primavera e l’approssimarsi delle elezioni politiche c’è sempre meno spazio per notizie che non siano i soliti scambi di accuse tra i candidati al Parlamento indiano e gli interventi in pubblico per elencare le solite demagogiche promesse elettorali. Abbiamo già accennato al perchè in India in questo momento nessuno voglia più parlare del caso Italian Marines. Il governo ha agito da sprovveduto autolesionista, inimicandosi l’Italia e l’Europa ed attirandosi gli strali dell’ONU nonostante non avesse neanche uno straccio di accusa plausibile per trattenere in prigionia i Marò. L’opposizione perchè se tentasse di strumentalizzare l’incapacità del governo a trattare una questione che sarebbe stata da risolvere in 72 ore e che invece si è trasformata per inettitudine in un caso politico-diplomatico planetario, per ovvia coerenza dovrebbe invocare la liberazione di Latorre e Girone con tanto di scuse all’Italia. Ma sarebbe questa una iniziativa impopolare e molto rischiosa se presa in questo momento di elevata sensibilità politica, nel pieno di una rovente campagna elettorale il cui esito, che paventa che i nazionalisti conservatori soppiantino l’UPA ed il partito dell’Unione che governa da sempre, potrebbe risultare in una svolta politica che gli indiani non esitano a definire epocale.


Quello che oltre alla politica più attrae l’attenzione dell’opinione pubblica indiana è in questo momento il mistero dell’MH 370, l’aereo della Malaysian Airlines scomparso una settimana fa con il suo prezioso carico di 239 persone a bordo, di cui non si hanno più notizie. L’India era tra i 25 paesi impegnati nelle ricerche del velivolo che tutta lascia credere sia stato dirottato verso una delle 634 possibili piste di atterraggio in quella tormentata area dell’Estremo Oriente. Era, perchè è notizia di ieri diffusa con enfasi dal canale televisivo Zee TV, che il governo malese ha chiesto a quello indiano di sospendere le ricerche che stava conducendo con l’impiego di numerosi mezzi navali ed aerei tra le isole Andamane e la Baia del Bengala. Secondo un portavoce della Marina Militare indiana “si tratta di una sospensione, non di un abbandono delle ricerche perchè il governo di Kuala Lumpur vuole mettere a punto una nuova strategia”. In effetti questa è quella di togliere di mezzo quelli che intralciano le indagini più per curiosare, che per rendersi utili, come fanno gli indiani col loro caotico ed inefficiente presenzialismo, per affidarsi agli scouts delle intellingence degli Usa, del Regno Unito e della Francia, con la collaborazione di qualche esperto tedesco, per mettersi sulle tracce del Boeing 777/200 scomparso nel nulla.
In Italia sono nel frattempo emerse importanti e pienamente condivisibili prese di posizione sul caso Marò. Recatasi a New Delhi per parlare di persona con i nostri due fucilieri, la Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha ribadito che “è necessario condurre uno sforzo unitario che faccia sentire il più forte possibile la voce dell’Italia”. Nella sua visita privata a Latorre e Girone, la ministro ha volutamente tenuto un basso profilo, perchè il principale obbiettivo del suo viaggio era di conoscere di persona i due fucilieri del San Marco, e per leggere de visu le carte del fascicolo processuale. Insomma, siamo lontani dal colpevole assenteismo e dal passivo rinunciatarismo di Terzi e Bonino, che per due anni si sono limitati a “mandare giù in India” il malcapitato Staffan de Mistura ad accertarsi di che “aria tirasse” e riportare circa le eventuali novità. Senza dire che queste avrebbero dovuto cadere dal cielo per moto spontaneo visto che nessuno si è mai attivato perchè ci fossero delle novità positive, perchè di negative, dalla condanna a morte all’accusa di omicidio, dai 28 rinvii dell’apertura di una udienza preliminare alla manipolazione di prove, ce ne sono state fin troppe.
In una dichiarazione all’Ansa, la Pinotti ha spiegato durante il suo soggiorno a New Delhi che : “Oltre alla necessità’ di conoscere personalmente i due militari ed a leggere il dossier sulla vicenda, era importante farmi raccontare da chi vive questa terribile storia da due anni la situazione, il loro pensiero, se concordavano con le decisioni che il governo sta prendendo, perché su questo è fondamentale che ci sia unita’ di intenti”. La ministro ha anche ricordato che “un caposaldo della strategia governativa è quello legato all’internazionalizzazione del caso di cui è stata investita l’Unione europea e che io stessa ho sollevato una decina di giorni fa, anche nella riunione interministeriale della Nato a Bruxelles”. La titolare della Difesa è poi passata a sottolineare un dato di fatto tanto evidente, quanto di fondamentale importanza : “Sono due militari che erano in missione per conto del governo e del Parlamento italiano. Stavano facendo esattamente quello che gli era stato chiesto. E da questo punto di vista rimane per noi inaccettabile che possano essere giudicati in India”. Si tratta in questo caso di far valere il principio dell’immunità funzionale, di cui l’India ha preteso il rispetto per salvare dalla pena capitale 37 suoi putridi soldati riconosciuti da un tribunale internazionale colpevoli di centinaia di stupri, di spaccio di droga e di preziosi all’ingrosso, di innumerevoli omicidi nel Congo, con l’aggravante di indossare la divisa dei caschi blu dell’ONU.
Dopo avere fatto riferimento all’istanza pendente presso la Corte Suprema, le decisioni della quale saranno prese (pare) il prossimo 24 marzo, in cui Latorre e Girone chiedono che si dichiari la non ammissibilità dell’intervento nell’inchiesta della polizia anti-terrorismo NIA, e che venga revocato l’ordine di carcerazione nei loro confronti per mancanza di capi d’imputazione, la ministro ha insistito sul tasto dell’internazionalizzazione del caso “perche’ crediamo che ci possa aiutare a far sentire che non e’ solo il punto di vista italiano, ma quello di tutti i Paesi che hanno militari impegnati in missione, che vogliono evitare che succedano cose di questo tipo”. A tale proposito facciamo rilevare che attualmente l’India detiene illegalmente ben 27 operatori anti-pirateria, i nostri due Marò e 25 contractors di varie nazionalità tra cui inglesi, estoni, indiani ed ucraini, e tiene sotto sequestro nel Tamil Nadu da ottobre del 2013 la nave Seaman Guard Ohio della compagnia privata statunitense AvanFor che fornisce servizi di protezione anti-pirateria a pagamento sulle rotte del Mare delle Laccadive infestate dai pirati. Infine la Pinotti ha concluso dichiarando che “questo aspetto sara’ accompagnato anche da altre iniziative che via via adottera’ il governo italiano, sempre di carattere internazionale, come potrebbe essere un arbitrato per il quale alcuni passi sono gia’ stati fatti”. Perche’ questo porti frutti, aggiunge, l’immagine del Paese “deve essere compatta” ed e’ importante che “tutte le forze politiche in Parlamento si ritrovino su questo obiettivo, come già e’ successo con la missione in India delle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, e come e’ avvenuto con l’ultimo Decreto Missioni presentato in Parlamento con un ordine del giorno di tutti i partiti”.
Ma mentre si è inattesa che la corte Suprema si esprima sul ricorso congiunto Marò e governo italiano, nonostante la calma apparente, c’è in India chi si dà un gran da fare nell’ombra per sabotare una decisione favorevole ai nostri militari. Parliamo dell’agenzia antiterrorismo NIA che si sta muovendo su più fronti, ma sempre in direzione anti-italiana. Per fare il punto della situazione, ricordiamo che in una spoliazione a foglia di carciofo, sono state smontate alcune delle più drammatiche e pretestuose pretese degli inquirenti, dei magistrati e dei politici indiani. Dapprima è stata rimossa l’accusa di pirateria con tanto di ricorso alla famigerata legislazione indiana SUA 2002 che avrebbe comportato la condanna a morte dei Marò qualora fossero stati riconosciuti colpevoli. Poi, dall’accusa di omicidio volontario e premeditato, si è rimossa la volontarietà riconoscendosi che l’Italia non è un Paese pirata che manda in giro pirati, ma è un Paese impegnato in prima fila nella lotta contro i pirati, che è affidata ai fucilieri dell’NPM – Nucleo di Protezione Militare – del San Marco ed alle forze armate cooptate nella missione Atalanta della EU NAVFOR Somalia, condotta in cooperazione tra NATO ed Ue, con il concorso anche di paesi extracomunitari, come Norvegia e Giappone negli specchi di mare attorno al Corno d’Africa e su sino al Golfo di Aden. Con la rimozione della volontarietà è venuta a cadere anche la premeditazione ed il reato attribuito ai Marò dovrebbe ora essere derubricato in omicidio colposo, come del resto aveva deliberato la Corte Suprema con una sentenza del 26 aprile del 2013, completamente disattesa dalla NIA e dal governo centrale indiano, che prevedeva anche un processo rapido, da avviarsi entro l’estate del 2013 per concludersi entro l’ottobre dello stesso anno.



A fornire alla NIA, non si sa se involontariamente o per dolo, il pretesto per attuare ogni possibile pratica dilatoria è stata la stessa Corte Suprema, che nell’indicare le condizioni per istruire e condurre il processo, ha però commesso l’errore fatale di accettare la proposta del governo centrale che ad occuparsene fosse l’agenzia antiterrorismo. Infatti la NIA può agire solo nella cornice della SUA 2002 che la CS intendeva invece escludere tassativamente, il che si è rivelata in una palese contraddizione, una insormontabile incongruenza che ha creato la stasi delle indagini ed impedito qualsiasi altro sviluppo della vicenda in attesa di nuove interpretazioni della CS. Di qui l’istanza dei Marò perchè alla NIA venga negato un coinvolgimento nel procedimento giudiziario, escludendola definitivamente dalla vicenda e negandole un qualsiasi ruolo in sede giudiziale. Ma la NIA non è per nulla d’accordo sulla propria esautorazione e nell’ultima udienza presso la CS, due settimane fa, ha richiesto di poter dimostrare la “necessarietà della sua presenza col ruolo di pubblica accusa” e che le fosse concesso, richiesta accordata, il tempo per preparare una memoria sugli aspetti legali a sostegno della propria tesi. Per questo la CS ha sospeso ogni decisione in merito, decidendo per il 28° rinvio dell’udienza in cui prendere una decisione definitiva sul chi, come, quando e per quali imputazioni procedere in via giudiziale, e se rimettere a piede libero i Marò in attesa di un eventuale processo qualora non ritengano di proscioglierli già in questa fase di istruttoria non formalizzata.
Oltre all’udienza del 24 marzo presso la CS, se sarà confermata, ce n’è un’altra in calendario per il 31 marzo prossimo presso quel tribunale di New Delhi in cui la NIA aveva presentato la “sua requisitoria”. Si ricorderà che quel giudice respinse la richiesta della NIA di traduzione in una cella carceraria dei due Marò attualmente ai domiciliari all’interno dell’ambasciata italiana, e rinviò alla Corte Suprema la decisione sul come dirimere le contraddizioni tra l’applicazione della SUA 2002 per un omicidio volontario e premeditato come richiesto dalla NIA e le disposizioni della CS per un processo rapido e con legislazione ordinaria, “per aver i Marò causato per errore la morte di due pescatori scambiati per pirati”. Ora la NIA è tornata alla carica e si appresta a riproporre a quel tribunale di procedere a prendere in custodia i nostri militari sbattendoli semplicemente in una galera fatiscente. Questo, naturalmente, qualora la decisione della CS non sarà quella di escludere la NIA dalla vicenda giudiziaria dei Marò. Ma non basta perchè la NIA ha messo in scena con invidiabile maestria un vero e proprio colpo di scena, che confessiamo di non avere neanche mai minimamente pensato che potesse accadere.
Si ricorderà che noi per primi, poi seguiti da molti altri sulla nostra scia, avevamo accusato la polizia del Kerala, la Capitaneria di Porto di Kochi e poi anche la NIA di avere fatto sparire la “scena del crimine”, cioè il peschereccio St. Antony, di proprietà del suo comandante Freddy Bosco, che era stato visto per l’ultima volta nel porto di Kochi e ripreso da un fotoreporter del Corriere della Sera, ma anche da altri testimoni, prima che scomparisse nel nulla. Adesso, dall’uovo di Pasqua è uscita la sorpresa destinata a fare clamore: dalle brume gelatinose delle chete acque indiane ecco riemergere la sagoma del St Antony, come il Vascello Fantasma dell’opera lirica che Richard Wagner ha rivestito di splendida musica, e che evoca la leggenda de “Der Fliegende Hollander” (l’Olandese Volante), sul quale Daland, un personaggio maledetto da Dio, era costretto a navigare potendo scendere a terra una volta ogni sette anni. Ammettiamo che la NIA ci ha impiegato sette mesi, anzichè sette anni a farlo ricomparire nel porticciolo di Neendakara, dove era approdato alle 23.30 del 15 giugno del 2012 con a bordo il cadavere di due pescatori uccisi a colpi di arma da fuoco. Naturalmente, giace in un avanzato stato di degrado per incuria ed esposizione alle intemperie, così da renderlo comunque inservibile per perizie balistiche od altre investigazioni che sarebbero state decisive per stabilire la dinamica dell’incidente. Però adesso la NIA potrà dimostare che il peschereccio c’è, esiste, non è stato demolito e sta lì a Neendakara, circondato da migliaia di gozzi, dove a nessuno sarebbe mai venuto in mente di cercarlo. E’ arenato su un fondale sabbioso di meno di un metro, semi-sommerso dall’acqua, con la scafo completamente marcito. Però la NIA sta a posto, il St Antony c’è. Ci dicono che recentemente è stato coperto con un telone azzurro, che chiunque può ora vederlo, anche se non può analizzarlo.
Che si tratti di una messinscena lo dimostrano le dichiarazioni rilasciate da Freddy Bosco, che dopo l’incidente si era trasferito nel Tamil Nadu suo stato d’origine, in occasione del “ritrovamento” del suo peschereccio, annunciato dalla NIA ai quattro venti. In un’intervista a suo tempo rilasciata all’ANSA, Freddy aveva detto che non aveva piu’ voluto usare il peschereccio e di non sapere dove fosse perché temeva che la polizia lo potesse accusare di voler cancellare le prove, cioè i fori dei proiettili. Stando alle sue parole, la protezione telonata è stata aggiunta dagli inquirenti dopo che la barca era stata ispezionata dalla NIA quando le fu affidato il compito di condurre l’istruttoria, decisione che ora viene contestata dai due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con la petizione pendente alla Corte Suprema. In un reportage Ansa, la situazione del St Antony viene così descritta : “Lo scorso dicembre, la polizia del Kerala aveva anche deciso di rafforzare la sicurezza intorno alla barca dopo un allarme dei servizi segreti preoccupati di un presunto attacco dal mare (di chi? Domanda senza risposta, ndr). Da allora – spiega ancora il poliziotto mostrando un registro dei turni – abbiamo incaricato un agente di sorvegliare la barca 24 ore su 24 e piazzato una telecamera sul tetto del commissariato in modo da controllare ogni movimento sospetto”. Gli uffici del commissariato sorgono a circa 50 metri dal peschereccio sequestrato. Nel porto di Neendakara, a circa dieci chilometri dalla cittadina di Kollam, operano circa 3 mila pescherecci e ogni giorno si tiene un importante mercato del pesce. Anche se sono passati oltre due anni, quasi tutti ricordano l’incidente della Enrica Lexie e le vicende giudiziarie a New Delhi. Appena ne parlano indicano con il dito la grande sagoma blu del St. Antony, circondato da alte erbacce e nugoli di cani randagi”. Insomma, la NIA ha provveduto a chiudere la stalla, ma non prima essersi accertata che i buoi fossero scappati.
Un evento inquietante. Testimoni attendibili avevano riferito che prima della scorsa estate il Bosco, il quale non vede l’ora che condannino i Marò per farsi risarcire per nuova quella che già all’inizio del 2012 era la sua malandata carretta, aveva cominciato a demolire il St Antony. Lo hanno visto portare via pezzi importanti, di valore da poter rivendere al mercato dell’usato, come l’albero di trasmissione, l’elica, ed ogni altro tipo di sovrastruttura o componente, dal motore al timone, riutilizzabile. Si comportava come quelli che truffano le assicurazioni auto con un semplice espediente. Con la scusa di farle demolire, fanno smontare le proprie auto in un campo per recuperare tutto quanto possibile per il mercato dell’usato. Quando le auto sono state smontate, si fondono le componenti metalliche riconoscibili, quali telaio e motore e, dopo aver incassato dal demolitore il compenso per i pezzi recuperati, in tutta sicurezza si denuncia il furto delle auto che mai nessuno più ritroverà per farsi rifondere dall’assicurazione. In questa condotta c’era la connivenza tra la polizia che con la sparizione del St Antony cancellava ogni prova a bordo che potesse essere usata dalla difesa dei Marò, e il Freddy Bosco che avrebbe potuto vantare come in buono stato il suo peschereccio fatiscente, per far crescere l’entità del risarcimento.


Ora è successo il contrario. Dovendo dare dimostrazione di efficienza per cercare di rimontare una situazione che la vede perdente, la NIA ha “fatto ritrovare” il St Antony, anzi può persino dimostrare che lo ha protetto dalle intemperie, ora che è ridotto ad uno scafo completamente marcito ed affondato come un colabrodo, impossibile da utilizzare per condurre una qualsiasi perizia balistica. Bosco si è allarmato e si è precipitato nel Kerala per spiegare perchè per sette mesi avesse finto di non sapere dove fosse ormeggiato (si fa per dire) il suo Vascello Fantasma, nonostante ne avesse prelevato molti pezzi di un certo valore sul mercato dell’usato. La NIA, connivente col Bosco, pure sapeva dove stava il St Antony, ma lo ha tirato fuori solo dopo essersi accertata che fosse completamente marcito ed inservibile, solo per fingere un efficientismo che le è estraneo, ritrovandolo miracolosamente con un colpo di bacchetta magica senza ulteriori spiegazioni.
Noi non possiamo, a questo punto, fare a meno di rilevare lo squallore che due integerrimi militari, due servitori della Patria, due padri di famiglia sono stati infangati per due anni, lontano da casa e dal loro Paese per l’avidità di un comandante moralmente corrotto, che ha cambiato versione spostando, in modo spudorato perchè nega l’evidenza, l’ora dell’aggressione di 5 ore indietro solo per ottenere un risarcimento da chi nulla gli deve, ed un manipolo di burocrati in cerca di visibilità ed affetti da smania di protagonismo. E’ contro di questi che i Marò devono combattere, visto che altrimenti, come ammettono gli stessi indiani, non ci sarebbe alcun solido elemento, nessuna prova per poterli accusare.

Di Rosengarten, il


fonte: http://www.qelsi.it

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