A tre anni dalle prime proteste, la guerra civile ha preso una piega molto chiara.
Tre anni dopo ci sono centinaia di migliaia di vittime e un Paese devastato. Ma dal punto di vista politico la Siria ha visto pochi cambiamenti. Anzi, quelli che ci sono stati si sono rivelati peggiori della realtà precedente.
Il presidente Bashar Assad è riuscito a superare i momenti difficili, scongiurando l’attacco occidentale paventato nei mesi scorsi da Barack Obama. Sulle armi chimiche, infatti, il dittatore di Damasco ha mostrato un volto conciliante, garantendosi una polizza vita (anche grazie al supporto diplomatico della Russia).
La guerra civile, iniziata con le proteste del 15 marzo del 2011 sull’onda della Primavera araba, vede rafforzato il ruolo di Assad con il suo esercito che avanza, riconquistando varie zone del Paese. La strategia militare è ormai ben definita: i militari lealisti stanno spingendo ai margini delle città le fazioni ribelli, assumendo in sostanza in controllo operativo dei principali centri abitati.
La capitale Damasco è sostanzialmente stata ripresa. Le possibilità di un assalto delle opposizioni sono minime. Il presidente ha anche avviato una contoffensiva mediatica, incontrando le migliaia di sfollati nel sobborgo di Adra. Un fattore di successo è sicuramente il sostegno militare offerto di guerriglieri libanesi di Hezbollah, che in numero occasioni sono stati decisivi negli scontri armati contro i rivoltosi, e dall’Iran.
Tuttavia, il vero punto di forza di Assad è la debolezza dei suoi avversari, divisi in troppi gruppi che si fanno la guerra tra loro. Il fronte radicalista islamico sta vivendo la tensione tra Isis e al Nusra, con Al Qaeda che ha rinnegato l’affiliazione alla prima organizzazione. Così i ribelli finiscono per contendersi le parti del Paese sottratte al regime, lasciando campo aperto alle azioni di riconquista dell’esercito lealista.
Anche il Consiglio supremo militare, riconosciuto dagli Stati Uniti come unico interlocutore più o meno affidabile, è vittima di una spaccatura a causa della cacciata del generale, Salim Idriss, sinora comandante delle operazioni.
In questo scenario frammentato, i ribelli rischiano di perdere pure la roccaforte di Aleppo. La brigata Liwa al-Tawhid, una delle più forti, ha subito un duro colpo nelle ultime settimane con l’uccisione di centinaia di guerriglieri.
Intanto Assad sta preparando il terreno per le prossime elezioni presidenziali, in programma a luglio. La “riforma” della Costituzione non rappresenta un’effettiva apertura, perché non dà la possibilità a candidature alternative. L’obiettivo del presidente siriano è ormai quello di sfruttare il trend favorevole nella guerra civile. Che lo vede sempre più destinato alla vittoria, sia militare che politico.
Di stefano iannaccone • 15 mar, 2014 • Categoria: Primo piano
fonte: http://www.iljournal.it
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