ROMA - L’effetto più eclatante della riduzione del potere di acquisto degli italiani è il taglio nei consumi alimentari,
che sono tornati indietro di oltre 30 anni sui livelli minimi del 1981;
ma a cambiare è stata anche la composizione della spesa per effetto
della crisi che ha costretto le famiglie ad una profonda spending review
con pesanti conseguenze sulle imprese del settore.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in
riferimento alle conseguenze della crisi in attesa degli interventi
annunciati dal Governo per ridurre cuneo fisco e aumentare il lavoro e
la competitività delle imprese con interventi dall'Irpef all'Irap.
La spesa alimentare è
la seconda voce del bilancio familiare dopo la casa, con i consumi per
abitante in alimentari e bevande a valori concatenati che, sottolinea la
Coldiretti, continuano a diminuire nel 2014 dopo che lo scorso anno
sono scesi ad appena 1683 euro all’anno e bisogna tornare al lontano
1981 per trovare un valore pià basso.
La crisi, spiega la Coldiretti, ha fatto
retrocedere il valore della spesa alimentare per abitante, che era
sempre stato tendenzialmente in crescita dal dopoguerra, fino a
raggiungere l’importo massimo nel 2006 per poi crollare da allora
progressivamente ogni anno e forse non ha ancora toccato il fondo. La
situazione si è infatti aggravata nel 2013, anno in cui si è verificato
il drammatico crollo storico della spesa, rispetto all’anno precedente,
che non è mai stato così pesante con le famiglie italiane che hanno
tagliato dal pesce fresco (-20 per cento) alla pasta (-9 per cento), dal
latte (-8 per cento) all’olio di oliva extravergine (-6 per cento)
dall’ortofrutta (- 3 per cento) alla carne (-2 per cento) mentre
aumentano solo le uova (+2 per cento), sulla base dell’analisi della
Coldiretti su dati Ismea relativi al primi undici mesi.
L’andamento della spesa, osserva ancora
la Coldiretti, riflette la tendenza a privilegiare l’acquisto di materie
prime di base come farina (+7 per cento) e miele (+12 per cento), ma
anche dei preparati per dolci (+6 per cento), in netta controtendenza
rispetto al calo complessivo degli acquisti alimentari stimato pari al 4
per cento.
Cambia dunque il carrello della spesa
degli italiani, dove trovano più spazio le materie prime per la
preparazione dei cibi a scapito di cibi pronti, come ad esempio le
merendine in calo del 3 per cento in valore o dei gelati che crollano
del 7 per cento.
Oltre ad un ritorno del fai da te casalingo che non si registrava dal dopoguerra, in generale si è assistito anche ad un calo nelle quantità di alimenti acquistati, ma soprattutto all’affermarsi dei prodotti low cost a basso prezzo in vendita nei discount che sono gli unici a fare registrare un aumento (+1,6 per cento) nel commercio al dettaglio nel 2013.
A differenza di quanto è accaduto per
tutti gli altri settori, dall’abbigliamento alle automobili, in cui gli
italiani hanno rinunciato agli acquisti, per l’alimentare che va in
tavola tutti i giorni questo non è possibile, almeno oltre un certo
limite, ma si è verificato un sensibile spostamento verso i prodotti a
basso costo per cercare comunque di risparmiare. Dietro questi prodotti,
ricorda la Coldiretti, spesso si nascondono infatti ricette modificate,
l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione
alternativi. Il risultato è che nel 2013 sono aumentati del 14 per cento
gli allarmi alimentari in Italia con ben 534 notifiche sulla sicurezza
di cibi e bevande potenzialmente dannosi per la salute, sulla base del
sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF),
rispetto al 2007 in cui è iniziata la crisi.
Si tratta di un balzo record nel numero
di notifiche nazionali al sistema di allerta comunitario per la
prevenzione dei rischi alimentari, rispetto allo stesso periodo di
cinque anni fa, prima dell’inizio della crisi. Solo una minoranza di
allarmi, precisa però la Coldiretti, concludendo, è dovuta a prodotti
nazionali.
(aise) Lunedì 10 Marzo 2014
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