La
neo ministra degli Esteri è cresciuta nel mondo dell'ultrasinistra
giovanile: ha una passione per l'islam e l'inno della Resistenza per lei
è una ninna nanna
La
neo ministra degli Esteri è cresciuta nel mondo dell'ultrasinistra
giovanile: ha una passione per l'islam e l'inno della Resistenza per lei
è una ninna nanna
Due foto di Federica Mogherini, circolanti sulla Rete, riassumono i dubbi che suscita il neo ministro degli Esteri.
La prima, inserita dalla stessa Federica nel suo blog, «Blogmog» (mog, sta per Mogherini), la immortala nel giorno del giuramento al Quirinale felice e ridente accanto a Giorgio Napolitano.
L'altra, probabile scherzetto di un suo sodale dei tempi
della Sinistra giovanile, la raffigura, parimenti ridente e fiera,
accanto a Yasser Arafat, il defunto e discusso leader palestinese.
Nella foto con Napolitano colpisce, e dice tutto, l'espressione del capo della Stato che la squadra con così disarmante perplessità da farlo sembrare già pentito di averne accettato un istante prima il giuramento. Forse dubitava delle sue capacità poiché, nonostante si sia sempre occupata di politica estera, Federica aveva un'esperienza tutta interna al Pds-Ds-Pd e, dunque, insufficiente. O forse Napolitano ne conosceva le passate inclinazioni movimentiste, ipersinistre e gruppettare, che sono agli antipodi del mondo felpato in cui si apprestava a entrare. Fatto sta che il presidente aveva cercato di stopparla, insistendo con il premier incaricato per la riconferma della radicale Emma Bonino, malgrado non fosse un granché. Matteo Renzi ha però puntato i piedi e questo per tre ragioni. La prima è che lui, da cattolico un po' bigotto, detesta i radicali e non voleva perciò nel suo governo l'iperabortista Bonino. La seconda è che Bonino con i suoi 66 anni avrebbe conferito un che di decrepito alla sua fresca compagine mentre la quarantenne Mogherini rientrava nella media. Terzo, compiacere Dario Franceschini, di cui Federica è una protetta, ottenendone in cambio l'appoggio contro la parte più sinistroide del Pd. Così, Federica è diventata il più giovane ministro degli Esteri repubblicano, seconda solo, nella storia d'Italia, al gerarca Galeazzo Ciano che ricoprì la carica a 33 anni.
Raggiunta la meta, la neo ministra ha esultato su «Blogmog» con i toni di un'adolescente che si confida col diario: «Una grande responsabilità, un po' di emozione, consapevolezza dell'enormità dell'impresa... Un grande lavoro, immenso». Non poteva dire meglio. Si sentono gli echi della migliore diaristica dei grandi predecessori, da Sidney Sonnino (1847-1922) a Carlo Sforza (1872-1952). Già quando, nel dicembre del 2103, fu nominata da Renzi nella segreteria pd col compito di occuparsi di Europa, Federica si esprimeva con le stesse iperboli: «Sarà un lavoro enorme e bello». Per poi terminare, lei mamma di due bambini, con un'affermazione stralunata: «Bella ciao è la più bella ninna nanna del mondo».
La foto palestinese con Arafat ci riporta invece agli anni in cui Federica militava nei giovani ds e quelli in cui era, con Piero Fassino segretario (2001-2007), responsabile Esteri del partito. Mogherini è affetta da una sviscerata passione islamista. La scoprì alla facoltà di Scienze politiche di Roma, sua città natale, lavorando a una tesi sul Rapporto tra religione e politica nell'Islam. La redasse ad Aix-en-Provence durante un Erasmus precisazione sottolineata nella sua biografia come un merito cosmico - e ottenne la lode. L'Islam le entrò nella pelle. Dalemiana qual era raccontano - divenne filoaraba come il capo e, mettendoci del suo, pasionaria di Arafat e avversa a Israele. Si recò più volte in Palestina e, al pari di D'Alema con gli hezbollah libanesi, andò a braccetto con chiunque dell'Olp le venisse a tiro.
Come abbia fatto Renzi a ficcarla con questo pedigree agli Esteri non è chiaro, avendo lui fama di amico dello Stato ebraico. Si potrebbe, naturalmente, pensare che l'islamofilia giovanile di Mogherini si sia attenuata. Lo esclude però questa osservazione che ho trovato nel suo imperdibile blog. Risale appena al 2009 ed è stata fatta durante un viaggio in Libano: «Dal territorio libanese partono verso Israele dei razzi dimostrativi, artigianali che non sono lanciati per colpire davvero ma solo per segnalare la (r)esistenza in vita...». Cioè scagliati per scherzo, come coriandoli a carnevale. Un'affermazione da inguaribile capatosta.
L'impegno politico di Federica è stato precoce. Al Liceo Lucrezio Caro, zona romana di Ponte Milvio, era rappresentante di istituto. Subito dopo entrò nel Pds e fece una carriera tutta al vertice, all'ombra dei segretari di turno. Fu con D'Alema ai debutti nella Sinistra giovanile. Con Fassino segretario entrò al dipartimento Esteri. Venne in confidenza col successore, Veltroni, fresco fondatore del Pd, grazie al marito, Matteo Rabesani, suo assistente quando sedeva in Campidoglio. Walter la fece deputata nel 2008, poco prima di essere travolto dalla vittoria elettorale del Cav. Sostituito da Franceschini, Mogherini si appollaiò sull'omero del nuovo venuto, come poi su quello di Bersani e oggi su quello di Renzi. Il suo metodo è lo stesso di Anna Finocchiaro che da trent'anni è in vetta: obbedire e mai compromettersi. Una volta le fu chiesto: «Ha lavorato con D'Alema, Fassino, Veltroni. Chi è il migliore?». E Federica, prudente e astuta: «Il leader perfetto è una sintesi dei tre». Della serie: ma anche, più o meno, prima o poi.
Mogherini è sempre stata cooptata dai padroni del partito, senza mai nuotare in mare aperto. Ha avuto i sudori freddi quando sono venute di moda a sinistra primarie e parlamentarie, che subordinano le candidature al voto popolare. Per ottenere la rielezione alla Camera nel 2013 le fu chiesto di scegliersi un collegio (nel 2008 era stata eletta a Verona, città del marito) e sottoporsi al giudizio degli iscritti. Terrorizzata e facendo leva sui suoi interessi globalisti, Federica obiettò: «Il mio collegio è il mondo». Ossia: con l'occhio all'universo, come posso scegliere tra Sgurgola e Vimercate? Così, riuscì a farsi piazzare nella lista bloccata dei maggiorenti del partito, diventando deputato dell'Emilia-Romagna di cui conosce solo i tortellini.
Con Renzi, l'ultimo cacicco al quale si è abbarbicata, ha però rischiato grosso per questa benedetta mania che ha di spettegolare sul blog. L'anno scorso, per farsi bella con Bersani (da cui dipendeva la sua rielezione), dette addosso a Matteo, reo di averlo sfidato alle primarie 2012, scrivendo: «Renzi ha bisogno di studiare un bel po' di politica estera... non arriva alla sufficienza». Quando Renzi sbaragliò tutti, si sarebbe mangiate le dita. Ma quello, per sua fortuna, ha lo stomaco a prova di bomba e l'ha lasciata rannicchiarsi dalle sue parti come voleva.
Questo è, grosso modo, il nuovo ministro degli Esteri.
La prima, inserita dalla stessa Federica nel suo blog, «Blogmog» (mog, sta per Mogherini), la immortala nel giorno del giuramento al Quirinale felice e ridente accanto a Giorgio Napolitano.
Il ministro degli Esteri Federica Mogherini con Yasser Arafat
Nella foto con Napolitano colpisce, e dice tutto, l'espressione del capo della Stato che la squadra con così disarmante perplessità da farlo sembrare già pentito di averne accettato un istante prima il giuramento. Forse dubitava delle sue capacità poiché, nonostante si sia sempre occupata di politica estera, Federica aveva un'esperienza tutta interna al Pds-Ds-Pd e, dunque, insufficiente. O forse Napolitano ne conosceva le passate inclinazioni movimentiste, ipersinistre e gruppettare, che sono agli antipodi del mondo felpato in cui si apprestava a entrare. Fatto sta che il presidente aveva cercato di stopparla, insistendo con il premier incaricato per la riconferma della radicale Emma Bonino, malgrado non fosse un granché. Matteo Renzi ha però puntato i piedi e questo per tre ragioni. La prima è che lui, da cattolico un po' bigotto, detesta i radicali e non voleva perciò nel suo governo l'iperabortista Bonino. La seconda è che Bonino con i suoi 66 anni avrebbe conferito un che di decrepito alla sua fresca compagine mentre la quarantenne Mogherini rientrava nella media. Terzo, compiacere Dario Franceschini, di cui Federica è una protetta, ottenendone in cambio l'appoggio contro la parte più sinistroide del Pd. Così, Federica è diventata il più giovane ministro degli Esteri repubblicano, seconda solo, nella storia d'Italia, al gerarca Galeazzo Ciano che ricoprì la carica a 33 anni.
Raggiunta la meta, la neo ministra ha esultato su «Blogmog» con i toni di un'adolescente che si confida col diario: «Una grande responsabilità, un po' di emozione, consapevolezza dell'enormità dell'impresa... Un grande lavoro, immenso». Non poteva dire meglio. Si sentono gli echi della migliore diaristica dei grandi predecessori, da Sidney Sonnino (1847-1922) a Carlo Sforza (1872-1952). Già quando, nel dicembre del 2103, fu nominata da Renzi nella segreteria pd col compito di occuparsi di Europa, Federica si esprimeva con le stesse iperboli: «Sarà un lavoro enorme e bello». Per poi terminare, lei mamma di due bambini, con un'affermazione stralunata: «Bella ciao è la più bella ninna nanna del mondo».
La foto palestinese con Arafat ci riporta invece agli anni in cui Federica militava nei giovani ds e quelli in cui era, con Piero Fassino segretario (2001-2007), responsabile Esteri del partito. Mogherini è affetta da una sviscerata passione islamista. La scoprì alla facoltà di Scienze politiche di Roma, sua città natale, lavorando a una tesi sul Rapporto tra religione e politica nell'Islam. La redasse ad Aix-en-Provence durante un Erasmus precisazione sottolineata nella sua biografia come un merito cosmico - e ottenne la lode. L'Islam le entrò nella pelle. Dalemiana qual era raccontano - divenne filoaraba come il capo e, mettendoci del suo, pasionaria di Arafat e avversa a Israele. Si recò più volte in Palestina e, al pari di D'Alema con gli hezbollah libanesi, andò a braccetto con chiunque dell'Olp le venisse a tiro.
Come abbia fatto Renzi a ficcarla con questo pedigree agli Esteri non è chiaro, avendo lui fama di amico dello Stato ebraico. Si potrebbe, naturalmente, pensare che l'islamofilia giovanile di Mogherini si sia attenuata. Lo esclude però questa osservazione che ho trovato nel suo imperdibile blog. Risale appena al 2009 ed è stata fatta durante un viaggio in Libano: «Dal territorio libanese partono verso Israele dei razzi dimostrativi, artigianali che non sono lanciati per colpire davvero ma solo per segnalare la (r)esistenza in vita...». Cioè scagliati per scherzo, come coriandoli a carnevale. Un'affermazione da inguaribile capatosta.
L'impegno politico di Federica è stato precoce. Al Liceo Lucrezio Caro, zona romana di Ponte Milvio, era rappresentante di istituto. Subito dopo entrò nel Pds e fece una carriera tutta al vertice, all'ombra dei segretari di turno. Fu con D'Alema ai debutti nella Sinistra giovanile. Con Fassino segretario entrò al dipartimento Esteri. Venne in confidenza col successore, Veltroni, fresco fondatore del Pd, grazie al marito, Matteo Rabesani, suo assistente quando sedeva in Campidoglio. Walter la fece deputata nel 2008, poco prima di essere travolto dalla vittoria elettorale del Cav. Sostituito da Franceschini, Mogherini si appollaiò sull'omero del nuovo venuto, come poi su quello di Bersani e oggi su quello di Renzi. Il suo metodo è lo stesso di Anna Finocchiaro che da trent'anni è in vetta: obbedire e mai compromettersi. Una volta le fu chiesto: «Ha lavorato con D'Alema, Fassino, Veltroni. Chi è il migliore?». E Federica, prudente e astuta: «Il leader perfetto è una sintesi dei tre». Della serie: ma anche, più o meno, prima o poi.
Mogherini è sempre stata cooptata dai padroni del partito, senza mai nuotare in mare aperto. Ha avuto i sudori freddi quando sono venute di moda a sinistra primarie e parlamentarie, che subordinano le candidature al voto popolare. Per ottenere la rielezione alla Camera nel 2013 le fu chiesto di scegliersi un collegio (nel 2008 era stata eletta a Verona, città del marito) e sottoporsi al giudizio degli iscritti. Terrorizzata e facendo leva sui suoi interessi globalisti, Federica obiettò: «Il mio collegio è il mondo». Ossia: con l'occhio all'universo, come posso scegliere tra Sgurgola e Vimercate? Così, riuscì a farsi piazzare nella lista bloccata dei maggiorenti del partito, diventando deputato dell'Emilia-Romagna di cui conosce solo i tortellini.
Con Renzi, l'ultimo cacicco al quale si è abbarbicata, ha però rischiato grosso per questa benedetta mania che ha di spettegolare sul blog. L'anno scorso, per farsi bella con Bersani (da cui dipendeva la sua rielezione), dette addosso a Matteo, reo di averlo sfidato alle primarie 2012, scrivendo: «Renzi ha bisogno di studiare un bel po' di politica estera... non arriva alla sufficienza». Quando Renzi sbaragliò tutti, si sarebbe mangiate le dita. Ma quello, per sua fortuna, ha lo stomaco a prova di bomba e l'ha lasciata rannicchiarsi dalle sue parti come voleva.
Questo è, grosso modo, il nuovo ministro degli Esteri.
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