NON DIMENTICHIAMOLI
C'è qualcosa di barbarico e di ingiusto nell'India che non vuole far
tornare in Italia i nostri due marò. Barbarico perché il Paese, nato da
una lotta contro il colonialismo, si mostra coloniale senza però avere
l'equilibrio della democrazia britannica. Come se un contrappasso
storico, culturale, di rapporto con il mondo si fosse impossessato degli
indiani. Spirituali, profondi, così vengono visti dagli intellettuali
della sinistra italiana i luoghi delle Indie, al plurale nell'errore di
Cristoforo Colombo, scopritore a sua insaputa, dell'America. Ma al
plurale anche per noi perché due anni e passa in attesa di giudizio sono
il segno di una barbarie plurale e ripetuta.
È tempo che l'India rimandi in Italia i nostri due fucilieri,
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, e non li usi come pretesto per
le proprie beghe elettorali, per i suoi conflitti interni. Per i fatti
propri insomma. Le cronache di un Paese esotico alla democrazia,
nonostante venga considerata la più popolosa democrazia del mondo,
dicono che i problemi per Nuova Delhi e dintorni sono parecchi. Accade
ad esempio che la polizia della città arresti 14 persone dopo che
attivisti di due partiti politici rivali si sono scontrati nelle strade
della capitale provocando decine di feriti. A dirlo è il portavoce della
polizia Rajan Bhagat, che afferma che i 14 sono stati arrestati con
l'accusa di disordini e assemblea illegale. Le violenze si sono
verificate nei giorni scorsi, alcune ore dopo che la Commissione
elettorale aveva annunciato che le elezioni parlamentari si svolgeranno
in più tappe fra il 7 aprile e il 12 maggio. Secondo la ricostruzione
della polizia i sostenitori del partito Aam Aadmi hanno attaccato la
sede principale nella capitale dello schieramento di opposizione
Bharatiya Janata.
Scontri simili si sono verificati a Luknow, la capitale dello Stato
settentrionale dell'Uttar Pradesh. Un dettaglio che svela tutta la
barbarie che l'India sta vivendo, sulle regole intendiamo. Se le
democrazie scelgono di concentrare il voto elettorale in uno o due
giorni il motivo c'è ed è lapalissiano. Evitare brogli. Più si dilata il
periodo in cui si può votare, magari cambiandolo anche a seconda delle
zone, e più si rischiano manipolazioni e trucchetti. A tappe si fanno le
corse ciclistiche non i Parlamenti. E in India addirittura hanno scelto
di votare in 35 giorni. Che sarebbero 35 giorni di urne aperte. Ma dove
siamo? Le anime belle che paragonano il boom economico e le prime fasi
democratiche dell'India a quelle vissute nel nostro Paese dopo la II
Guerra mondiale, sbagliano. Eccome. L'Italia dal tempo dei romani
codifica e applica un sistema di diritto, ed il nostro referendum tra
monarchia e Repubblica, il voto per la Costituente e le prime elezioni
politiche del 1948 sono state e sono tuttora un modello di democrazia
partecipata e popolare da studiare.
A Nuova Delhi dovrebbero cominciare a lavorarci su ed a rileggersi
anche le garanzie di libertà che uno Stato democratico ha il dovere di
rispettare. Dove è finito il rispetto verso i nostri due marò? Ce li
rimandino e per favore evitino, gli indiani, il ruolo di vittime del
colonialismo culturale italiano. Gli unici colonialisti fuori dal tempo
sono rimasti loro. Certo, economicamente hanno grandi potenzialità e
attraggono i desideri economici del mondo, lo sappiamo.
La casa automobilistica tedesca Daimler, per fare un esempio, ha
iniziato dappoco la costruzione di una nuova fabbrica per produrre
autobus nel sud dell'India. Il nuovo stabilimento dovrebbe essere
completato a marzo 2015. L'impianto, che costerà 69 milioni di dollari,
avrà una capacità iniziale di 1.500 autobus all'anno, ma Daimler conta
di estenderla a 4.000 veicoli all'anno nel medio termine. Daimler conta
di aumentare le vendite nel secondo più grande mercato al mondo per gli
autobus, dove il produttore locale Tata è leader. Questo piccolo fatto
di cronaca è il segno che l'economia respira aria di boom e che in molti
vogliono l'India. Ma non basta un boom economico a far arrivare la
democrazia piena (vedi anche esempio della Cina). L'Italia nel periodo
1946-60 è riuscita a mettere insieme entrambi, democrazia e boom, e per
questo gli indiani dovrebbero studiarci con ammirazione e rispetto. Un
rispetto che deve cominciare dal liberare subito i nostri due marò.
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