“Se
il premier Renzi vuole proporre una riforma dei corpi di polizia, siamo
disponibili al dialogo. Ma chiederemo agli italiani se questa è la
priorità. Siamo pronti a sfidare le leggi dello Stato e a farci
denunciare, se necessario”.
Felice Romano, segretario generale del Siulp,
si sente un po’ come negli anni ’70, quando il Movimento per la smilitarizzazione,
la riforma e la sindacalizzazione del corpo di polizia aprì la
strada al riconoscimento dei diritti dei lavoratori delle forze
dell’ordine. È nella loro sede romana di via Vicenza che si è svolta
la riunione sindacale di agenti, militari e vigili per pianificare
il più eclatante degli scioperi generali nella storia repubblicana.
Il governo è pronto a riconoscere le vostre ragioni ma vi
accusa di usare toni forti. In effetti, promettete lo sciopero generale che
vi è vietato dalla legge 121/1981 (art. 84) e annunciate il blocco
degli straordinari che pure non potete rifiutare di coprire, in caso di
necessità. Insomma, sono solo provocazioni o troverete il modo di
aggirare le norme?
Non possiamo rifiutarci di coprire gli straordinari non programmati
solo se riescono a rintracciarci, se rispondiamo al telefono… Voglio
dire che la nostra non è una provocazione: nel 1970 era vietato anche
il sindacato di polizia ma abbiamo ottenuto questo diritto con le manifestazioni
di protesta. Ora se qualcuno si deve sacrificare per affermare
i diritti di tutti, siamo pronti a farci denunciare. Ma c’è voluta
questa presa di posizione forte perché il governo ci ascoltasse, dopo ben
cinque richieste formali senza alcuna risposta di incontro con quel settore
che questo stesso governo ha definito vitale per il rilancio socio economico
del Paese.
Sembra che la ministra Madia sia riuscita a farvi perdere il controllo
che avete tenuto benissimo durante tutti i governi Berlusconi, malgrado
il blocco del tetto salariale lo introdusse per primo Brunetta. Una protesta
ad orologeria?
Nessun orologio politico: il famigerato decreto Brunetta prevedeva
il blocco fino al 2012 ma quello stesso governo – nel rispetto della legge
183/2010 che riconosce la specificità anche retributiva dei lavoratori
del comparto sicurezza difesa e soccorso pubblico – aveva previsto
uno stanziamento di 80 milioni per sbloccarlo. Ma prima Monti e poi
Letta hanno prorogato il blocco fino al 2014, mentre lo stanziamento di 80
milioni è sparito. Se nel frattempo io sono diventato questore di
Roma, perché sono bravo e sono stato promosso, posso ritrovarmi ad
avere uno stipendio più basso del mio vice. Il che è l’esatto contrario
della meritocrazia che Renzi dichiara di voler perseguire. Oggi rivendichiamo
ciò che i magistrati hanno già ottenuto, perché per loro il decreto Brunetta
è stato dichiarato incostituzionale. Anche noi abbiamo fatto ricorso
ma chissà perché ancora non abbiamo avuto un pronunciamento della Consulta.
La situazione è degenerata perché la ministra Madia ha detto il contrario
di quanto dichiarato dallo stesso Mef che aveva smentito il blocco delle procedure
contrattuali nel 2015. Anche a pagina 17 del Def è prevista
l’apertura di un tavolo sul contratto di lavoro, e molti ministri di questo
governo avevano già detto che il blocco del tetto salariale per il nostro comparto
è inaccettabile. In questo caos abbiamo ossequiosamente, a proposito
di toni, scritto alla ministra Madia per sapere se stesse parlando di rinnovo
del contratto o anche del tetto salariale. Nessuna risposta.
Il dato è falso: hanno tenuto dentro anche le polizie provinciali
e i vigili urbani che negli altri paesi non vengono conteggiati. Se contiamo
solo le 5 forze di polizia previste dalla legge 121, il rapporto
è un agente ogni 140 mila cittadini, vicino alla media europea che
è 1/130mila. Contando però anche la forestale, la polizia penitenziaria
e la guardia di finanza che quasi esclusivamente si occupa di reati
finanziari…
Ma fa anche operazioni di ordine pubblico…
Questo è un problema che va corretto. Ma se Renzi vuole proporre
una riforma siamo disponibili, però promuoveremo un referendum per chiedere
agli italiani se la priorità è tagliare i corpi di polizia
o le società partecipate che costano 8 miliardi l’anno e sono
carrozzoni che servono solo ad ospitare i politici senza più consenso
politico. Il ricatto vero lo subiamo noi da parte di chi dice: ti do un tuo
diritto a condizione che ti fai tagliare una gamba.
Un carabiniere di 22 anni uccide un ragazzo di 17 in una normale operazione
di controllo del territorio. Ñon c’è anche un problema di reclutamento
e addestramento?
Che si debba migliorare la formazione, lo abbiamo detto in tutte le
sedi. Ma il dato sociale e culturale è che c’è una perdita di autorevolezza
dello Stato: questi ragazzi non si sentono, come dovrebbero, tutelati dai
rappresentanti dello Stato.
Forse si sta perdendo la fiducia proprio nelle forze dell’ordine?
A fronte di milioni di controlli delle forze dell’ordine, e di una
risposta del 113 ogni sei secondi, i casi come questo sono statisticamente
insignificanti. Anche se un solo caso è già troppo, come nella sanità.
Nelle classifiche di gradimento, però, le forze di polizia stanno al
primo posto, perfino prima del capo dello Stato. Riflettiamo invece su quel
carabiniere di 22 anni che con 1300 euro al mese, se per caso ha commesso un
errore, dovrà pagarsi di tasca sua gli avvocati. E nel frattempo, siccome
rimarrà in servizio, gli capiterà centinaia di volte di trovare per esempio
il caveau di una banca lasciato aperto dai ladri con i soldi dentro, ma
non li toccherà. Noi siamo quelli che danno attuazione all’interesse del bene
comune, come i parlamentari. Ma senza i 18 mila euro al mese.
(di Eleonora Martini) - 8 sett 2014
fonte: http://infodifesa.blogspot.it
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