Accogliere
un profugo maggiorenne può far guadagnare 4 euro al giorno. Ma solo se
butta malissimo. La media realistica è di circa 8 euro al dì. Cioè 240 al mese.
Netti. In caso di minori la cifra lievita, perché a parità di servizi
il governo mette sul piatto una cifra più consistente. Anziché i
canonici 35 euro pro capite (più qualche spicciolo di Iva) ne sborsa 45.
Anche se il fanciullo non è un richiedente asilo ma un clandestino.
Basta che non sia accompagnato. È quanto spiega una lettera che il
Viminale ha inviato agli enti locali e ai prefetti lo scorso luglio,
invitandoli ad attrezzarsi per «affrontare l’attuale situazione di
notevole afflusso sulle coste italiane di minori stranieri». Da tempo le
prefetture hanno pubblicato il bando per la gestione dell’accoglienza
dei profughi. Chi è interessato deve garantire un servizio 7 giorni su
7. E offrire quanto segue. Colazione, pranzo e cena. Con portate «non in
contrasto con i principi e le abitudini degli ospiti», in particolare
per «le diverse scelte religiose». Il tutto sarà apparecchiato «con
adeguato materiale» ovvero posate e tovaglie. Chi si occupa dei profughi
deve fornirgli tutto l’occorrente per dormire (dal materasso alle
lenzuola). E poi vestiti, prodotti per l’igiene personale, un pocket
money da 2,50 euro al giorno più una ricarica telefonica da 15 euro
ma solo al momento dell’arrivo. A ciò si aggiungono i prodotti per
l’igiene personale e le lezioni. Di italiano, ovviamente. Ma anche sulle
leggi che li riguardano. Il tutto, come detto, per 35 euro.
Ora. Per
verificare i costi abbiamo chiesto quelli sostenuti da alcuni comuni e
aziende ospedaliere per servizi simili. Un pasto scolastico o nelle
mense delle cliniche costa mediamente 4 euro. Significa che un’alimentazione completa può essere fornita a 12 euro (stando larghi). Aggiungiamo subito i 2,50 fissi
al giorno e sommiamo un paio di euro per i prodotti di igiene personale
(schiuma da barba, sapone, spazzolino, rasoi). Quanto possono costare
delle lenzuola, tra acquisto e lavaggi? Un ospedale lombardo che abbiamo
contattato sborsa per paziente 4,30 euro al giorno – coperte comprese –
a cui si aggiungono 0,57 centesimi per i materassi.
Inutile dire che non tutti i giorni si acquistano o si cambiano
materassi e lenzuola: un conto sono le persone «normali», un altro
quelle ricoverate. Quindi si può ipotizzare ancora un paio di euro per
profugo. Poi ci sono i vestiti. Detto che molte associazioni attingono
dalla beneficenza, è ancora l’azienda ospedaliera ad aiutarci. Per le
divise di medici e infermieri sborsa poco più di un euro al giorno. Che
diventano 52 centesimi per le calzature. Si può immaginare un investimento di 2 euro e mezzo a richiedente asilo (75 euro di spesa mensile). Restano i costi di gestione, cioè corrente, riscaldamento e così via. Ipotizziamo 6 euro ogni 24 ore, a testa? Sommando le nostre cifre teoriche arriviamo a 27 euro per immigrato. Cioè 8 euro di guadagno, che diventano 18
in caso di minorenne non accompagnato. Non abbiamo calcolato tutto,
perché mancano altri servizi come le lezioni di lingua (e non solo)
tenute dagli operatori. Per vederci chiaro abbiamo contattato un paio di
ex dipendenti di una cooperativa. Ne scriviamo carte alla mano: abbiamo
visionato pure la loro busta paga, che si aggira intorno ai mille euro
netti al mese (1.800 lorde). In un caso si sono ritrovati a gestire 33 immigrati maggiorenni. Che potevano garantire, stando ai calcoli di cui sopra, 264 euro netti al giorno. 7.920 euro al mese. Da cui togliere 495 euro,
ovvero il totale di quei famosi 15 euro a testa che vengono consegnati
agli ospiti solo all’ingresso (nei mesi successivi non vengono erogati).
7.425 euro. Sottratti i loro stipendi, restano in cassa 4.225 euro. Netti. Circa 4 euro al giorno.
Occhio
però. Non pagavano l’affitto perché erano ospiti in una struttura della
chiesa. I vestiti erano garantiti dalla Caritas. E per il cibo, anziché
appoggiarsi a un servizio mensa, facevano una spesa per tutti da circa 300 euro a settimana. 1.200 euro
al mese. Vuol dire che colazione, pranzo e cena costavano poco più di
un euro quotidiano per immigrato. Anche perché godevano dei prodotti del
Banco alimentare. Insomma, più di 10 euro a testa risparmiati ogni giorno. Che si sommano agli 8 euro
che avevamo calcolato noi. Fatte due operazioni, si arriva a un
guadagno per migliaia di euro ogni 30 giorni. Però non è tutto così
semplice.
Per capire meglio il meccanismo, Libero
ha parlato con Omar (nome di fantasia). È un extracomunitario arrivato
in Italia 25 anni fa. Parla una sfilza di lingue ed è in prima fila per
l’assistenza ai profughi e non solo. Ha lavorato a stretto contatto con
una cooperativa e con la Caritas, ma non vuole apparire anche per
rispettare la privacy delle persone che tuttora aiuta. Omar ci ha
raccontato la sua esperienza, che prendiamo come esempio immaginando un
meccanismo simile in tutta Italia. Per colazione pranzo e cena ci parla
di una convenzione da 8,40 euro al dì per ospite (quella che noi
immaginavamo da 12 euro). Menu poverissimo, anche perché «chi arriva da
certi Paesi è abituato a un’altra dieta e in ogni caso mangia molto meno
rispetto agli occidentali».
Colazione
tipo: latte e biscotti. Pranzo: riso (alimento fondamentale per i
nordafricani), sugo di pomodoro e un po’ di carne. Cena: riso. Per
dormire cambiavano i letti ogni due settimane, anche perché molti ospiti
consideravano le lenzuola un lusso: in molti casi non le avevano mai
utilizzate in vita loro. Secondo Omar, su 35 euro ne possono restare in
cassa più di 10. Comodamente. Attenzione. A sentire lui, i maggiori
vantaggi sono per gli albergatori. «In periodo di crisi e o di bassa
stagione possono riempire le stanze, magari mettendo quattro persone in
una doppia». D’altronde i corsi di italiano, l’assistenza e via
elencando sono spesso garantiti a costo zero dai volontari. Che sono il
fiore all’occhiello di realtà come la Caritas.
La quale
ci guadagna molto? No, secondo Omar. «Molto spesso ospita le persone nei
suoi edifici, ma prima li mette a norma e quindi spende denaro per i
lavori». Poi investe per formare i volontari, anticipa i soldi che lo
Stato sgancia in ritardo, si coordina con gli albergatori e interviene
per qualsiasi emergenza. Interagisce con le associazioni che formano il
personale per assistere gli stranieri. Nel caso della cooperativa di
Omar, da 4 dipendenti è lievitata fino a 20. La Caritas dice di agire
solo per fare del bene – utilizzando i fondi solo con quell’obiettivo –
mentre gli albergatori saranno più sensibili al bilancio. Ma rischiano
che gli ospiti gli devastino le camere…
di Matteo Pandini - 6 Settembre 2014
tramite http://www.lanuovaitalia.eu
FONTE: “Libero.it”
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