L’italia ha aderito alla “Core Coaliton” varata dagli anglo-americani al summit della NATO di Newport, in Galles, ma non invierà, almeno per ora, aerei da combattimento a bombardare le forze dello Stato Islamico in Iraq e Siria come fanno già da tempo gli statunitensi (153 incursioni tra l’8 agosto e il 9 settembre) e come faranno probabilmente entro breve i britannici che già da alcune settimane schierano 4 Tornado e un aereo spia Sentinel nella base cipriota di Akrotiry .
Ad annunciare il disimpegno di Roma dalle operazioni belliche contro il Califfato ha provveduto oggi il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, al termine di un summit a Milano con gli omologhi europei.
“Dobbiamo sostenere e rafforzare quegli attori locali che possono fermare l’Isis all’interno del proprio territorio. L’America ha scelto di attuare dei raid aerei, noi abbiamo scelto un’altra strada che vede, ad esempio, l’invio di aerei da rifornimento, che non sono un bene molto diffuso, e l’utilizzo delle nostre capacità addestrative. Queste sono le forze che noi possiamo mettere in campo e ad oggi gli strumenti che sono stati decisi si fermano a quelli noti. Non ci sono altre previsioni rispetto a quelle già assunte”.
Il ministro ha poi aggiunto che “a noi non è stato richiesto alcun intervento aereo, ma se vi fosse tale richiesta bisognerà valutare per cosa dovremmo utilizzare l’Aeronautica Militare: se dobbiamo evitare che si spari su civili, io non avrei problemi a farlo, ma al momento non è questo il caso”, ha spiegato il ministro, ribadendo che ” per ora abbiamo dato la disponibilità ad armare i curdi e messo a disposizione un aereo da rifornimento e degli addestratori”.
Da quanto è emerso quindi l’impegno italiano sarà limitato a un cargo/tanker Boeing KC-767A (che rifornirà in volo di carburante i velivoli alleati) e ad istruttori militari il cui compito meriterebbe qualche approfondimento. I nostri consiglieri militari addestreranno le forze curde o le forze regolari irachene come già facevano fino al 2011 nell’ambito della Nato Training Missioni – Iraq ?
In tal caso cureranno la formazione anche delle milizie sciite che affiancano (e spesso sostituiscono) le truppe di Baghdad in battaglia? La questione non è certo di scarso rilievo tenuto conto che le milizie scite che combattono le forze del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi sono le stesse contro cui combatté il contingente italiano a Nassiryah nel 2004 (e tutti quelli alleati schierati in Iraq), forze che hanno ucciso una parte non indifferente dei 33 caduti italiani in Iraq e degli oltre 4.800 caduti alleati.
L’idea di schierare istruttori sul territorio iracheno è delicata quanto l’accertamento dell’effettiva destinazione delle armi che l’Occidente fornisce (o, come nel caso dell’Italia, intende fornire) ai curdi, specie alla luce di quanto dichiarato proprio da Moqtada al Sadr che dal 2004 e il 2011 guidò la guerriglia scita contro le forze alleate.
L’Iraq non dovrebbe più collaborare “con gli occupanti” (cioè statunitensi e occidentali) ha detto oggi l’influente leader religioso sciita proprio durante la visita a Baghdad del segretario di Stato Usa, John Kerry. “Speriamo che l’Iraq possa cooperare con i paesi vicini e con i suoi alleati, ma non con gli occupanti”, ha affermato l’imam.
Il rischio di trovarci con nuovi casi di “green on blue”, cioè di miliziani o militari sciti che sparano agli istruttori e consiglieri militari occidentali che li addestrano (come accade da tmpo in Afghanistan) potrebbe quindi non essere così remoto. Del resto i miliziani sciti filo iraniani non sono certo da meno dei jihadisti del Califfato quanto a efferatezze, incluse le decapitazioni. I nostri “alleati” contro lo Stato Islamico ieri hanno reso noto un video (guardatelo qui) in cui mostrano con orgoglio di aver decapitato loro rivali nelle battaglie di Amerli a nord di Bagdad.
Il filmato, pubblicato su siti di notizie arabi, mostra miliziani sciiti iracheni riuniti in un luogo non precisato nei pressi di Amerli, località abitata da turcomanni sciiti e liberata dall’assedio delle milizie sunnite nei giorni scorsi.
“Siamo le brigate della pace, battaglioni dell’Imam Ali” afferma il comandante del gruppo,. tutti con addosso un’uniforme nera da paramilitari. Accanto a lui due miliziani mostrano due teste di uomini con una barba rasa. “E’ il messaggio al nemico dello Stato islamico”, afferma il leader. “Taglieremo le vostre teste e frantumeremo i vostri teschi!”.
Il video si conclude con i miliziani che intonano la tradizionale espressione sciita “Labbayka ya Hussein! (Veniamo a te oh Hussein)” in riferimento all’omonimo “martire” per eccellenza dello sciismo, morto secondo la tradizione nella battaglia di Karbala nel VII secolo. Con buona pace di quanti sostengono che quella in atto non è una guerra di religione, il filmato si conclude con i miliziani che cantano un ritornello anti-sunnita, alcuni sputano sulle teste tagliate e altri le calpestano. “Siamo la brigata della pace”, continua a gridare il leader della milizia sciita. Una probabile anticipazione delle vendette che si abbatteranno sulla popolazione sunnita delle aree occupate oggi dal Califfato quando e se verranno “liberate” dai jet anglo-americani (e forse di altri Paesi europei) e dai miliziani sciti che affiancano le truppe irachene, curde e siriane. Con alleati del genere difficile dire se la guerra contro lo Stato Islamico sarà molto lunga ma di certo sarà molto sporca.
Foto: Isaf e UFP news, US DoD
di Gianandrea Gaiani - 10 settembre 2014
fonte: http://www.analisidifesa.it
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