Mentre nel Mar Nero la flotta russa ha iniziato ieri una complessa
esercitazione con missili da crociera, caccia Su-30 e quattro
sottomarini, duemila chilometri a sud ovest la partita che Mosca sta giocando con il Cairo si arricchisce di spunti e dettagli. L’asse russo-egiziano, a seguito dell’accordo per la fornitura di armi del marzo 2014, ha un nuovo habitat in Libia, dove il generale Al-Sisi, dopo i 24 caccia Rafale ottenuti da Parigi, può contare sull’apporto diretto di Vladimir Putin.
IL BLOCCO NAVALE
Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha
detto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che quest’ultimo dovrebbe
autorizzare un blocco navale nelle acque territoriali libiche.
L’obiettivo è evitare la consegna di armi via mare ai radicali islamici
che fanno scorribande nel Paese. L’operazione che garantirebbe un blocco
navale delle acque territoriali libiche potrebbe essere guidata proprio
da Mosca, così come riportato da alcune fonti diplomatiche russe alla Tass. Il ragionamento che si fa a Mosca è che se la Russia in passato ha preso parte attivamente alle operazioni in Somalia,
perché oggi non potrebbe fare lo stesso nel Mediterraneo? La
motivazione che circola più o meno riservatamente nelle riunioni
operative è che gli attacchi aerei contro i terroristi dell’Isis
in Libia sono stati effettuati dall’Egitto dopo il caso dei cristiani
coopti, per cui la Russia – che del Cairo si considera un ottimo alleato
– si metterebbe a disposizione di Al-Sisi.
E a conferma dell’asse tra Russia ed Egitto c’è la notizia diffusa sempre da Tass e ripresa da Formiche.net
secondo la quale, “proprio da Mosca, potrebbe arrivare un aiuto
decisivo per le sorti della crisi libica e per lo spostamento degli
equilibri a favore di Tobruk. Il Cremlino sarebbe disponibile a farsi
portavoce alle Nazioni Unite di una revoca dell’embargo sulle armi per
il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, perché
possa avere maggiori chance di imporsi sia sui terroristi, sia su quello
parallelo, insediatosi a Tripoli”.
NON E’ LA SIRIA
A chi però eccepisce che Mosca non ha preso parte alla coalizione
anti Califfato in Siria, la diplomazia russa replica che si trattava di
un’operazione non autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, che tra l’altro aveva registrato il no di Damasco. Una scelta che
Washington avrebbe fatto “ancora una volta bypassando
il Consiglio di sicurezza e il governo siriano”. Per cui, secondo
l’agenda che Putin e Al-Sisi avrebbero stilato in occasione del recente
incontro al Cairo (il 10 febbraio scorso con il dono al Generale di un
esemplare del famoso mitragliatore d’assalto AK47 Kalashnikov),
la nuova cooperazione che si è basata sulla fornitura da parte di Mosca
di una centrale nucleare che darà energia elettrica al Cairo, è solo un
punto di partenza. Che potrebbe essere a breve seguita da mezzi navali
russi impiegati direttamente dinanzi alle coste libiche.
MIRE MEDITERRANEE?
Il tema delle mire mediterranee russe è ormai un argomento oggetto di
analisi e approfondimenti. Alcuni osservatori fanno notare come di una
presenza navale russa nel Mare nostrum si parli ormai da un quinquennio,
con l’alta tensione che si è sviluppata nel versante orientale del
Mediterraneo lo scorso ottobre quando, in risposta al tentativo illegale
della nave turca Barbaras di fare rilievi petroliferi a
largo di Cipro, Mosca ha inviato due fregate, Tel Aviv quattro F-16 e
Atene addirittura un sommergibile. Come osservato dall’editorialista Guido Salerno Aletta, la Russia,
che sembrava definitivamente fuori del Mediterraneo, oggi “tenta di
rientrarvi approfittando dei rivolgimenti conseguenti alle primavere
arabe e la crisi ucraina l’ha costretta ad accelerare i giochi”.
“L’Egitto è solo la quinta casella su cui si muove la Russia, nello
scacchiere mediterraneo. La Russia intende dare sostegno politico e
militare all’Egitto. Si è messo a punto l’ennesimo tassello della
strategia russa, volta a non farsi ridimensionare al rango di potenza
regionale asiatica dopo la crisi crimeana. La difesa del regime di Assad
è stato il primo, fondamentale, passaggio cruciale per la Russia. Se
fosse caduto, la Russia avrebbe dovuto dire addio alla base di Larnaka,
l’unica nel Mediterraneo. L’opposizione, in seno all’Onu, a una
iniziativa militare giustificata dall’uso di armi chimiche contro la
popolazione civile è riuscita a bloccare quello che sembrava un
inarrestabile domino: dalla rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, alla
rivolta di Piazza Tahir al Cairo, alla caduta d Gheddafi, mancava solo
Damasco. Ed invece è lì che si è fermata l’onda della primavera araba.
Putin, sulla Siria, non ha ceduto. Verso la Turchia – prosegue Salerno
Aletta – è stato compiuto il secondo passo di Putin, quando si è recato
ad Istanbul per offrire al Premier turco Erdogan l’approdo del South
Stream, il gasdotto tanto osteggiato dalla Unione europea, che
trasformerebbe la Turchia nel principale hub gasiero del mediterraneo”.
Poi c’è Cipro.
ATENE-MOSCA
Senza dimenticare la vicinanza strategica di Mosca ad Atene che, dopo
gli anni del governo conservatore Karamanlis, amico personale di Putin,
oggi con il Syriza di Alexis Tsipras vanta rapporti particolari con uno degli economisti di punta, Iannis Milios formatosi a Mosca, con il ministro dell’energia Panaghiotis Lafazanis che sta gestendo il delicato dossier petrolifero e con il ministro degli esteri Nikos Kotzias.
Quest’ultimo lo scorso 11 febbraio è stato ricevuto in Russia dal suo
omologo Lavrov, dopo aver manifestato contrarietà alle sanzioni
occidentali contro Mosca il giorno stesso della nascita dell’esecutivo
greco.
LA FORNITURA DI ARMI
Esattamente un anno fa erano state gettate le basi dell’asse Mosca-il Cairo in virtù di un massiccio acquisto di armi
che l’Egitto aveva fatto dalla Russia. Nelle settimane precedenti i
rapporti tra il Generale Al-Sisi e il Ministero della Difesa russa si
intensificarono proprio per giungere alla conclusione dell’accordo che
riguardò gli elicotteri d’attacco Mi-35 e gli elicotteri multiruolo
Mi-17 russi, i caccia MiG-29M/M2, i sistemi SAM anti
aerei, i missili antinave, oltre ad armi leggere e munizioni. La lista
prese di fatto il posto degli armamenti Usa, ovvero i caccia Lockheed
Martin F-16, gli elicotteri d’attacco Boeing AH-64 Apache, i carri armati M1A1 e i missili antinave.
LA STRATEGIA
La decisione di bussare all’arsenale di Mosca giunse dopo la prima
firma preliminare a seguito dell’incontro in Russia tra il leader
militare egiziano Al Sisi e Putin (febbraio 2014). In precedenza nel
mese di novembre 2013 era stato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov a spianare la strada alla firma al Cairo assieme al ministro della Difesa Serghei Shoigu. Secondo una serie di indiscrezioni apparse sulla stampa e riportate anche dal sito Al Monitor,
i contratti sarebbero frutto del finanziamento dell’Arabia Saudita.
Passaggio propedeutico fu la decisione di Washington di interrompere il
flusso degli aiuti militari all’Egitto, in modo particolare gli
elicotteri Apache che l’esercito egiziano avrebbe voluto impiegare nel difficile terreno del Sinai contro l’esercito dell’Isis.
Francesco De Palo - 19 febbraio 2015
fonte: http://www.formiche.net
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