Fucilieri di Marina : tre anni di Odissea
Oggi i Fucilieri Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, iniziano il loro quarto anno di prigionia in India senza che nei loro confronti sia stato formalizzato un atto di accusa comprovato.
Tre anni
trascorsi in ostaggio di Delhi con l’accondiscendenza dell’Italia,
remissiva e pronta a cedere sovranità nazionale ed a rinunciare alle
prerogative che il Diritto Internazionale garantirebbe, permettendo che
a due suoi cittadini sia negato il principale dei diritti umani, quello
della libertà.
Sulla vicenda regna sovrano il silenzio istituzionale e mediatico.
Un silenzio rispettato anche dall’ex Presidente della Repubblica Capo
delle Forze Armate che - pur di non rompere la quiete - non ha nemmeno
ricordato nel suo discorso di commiato la condizione dei due militari
italiani ostaggio dell’India
Totalmente diversa la scelta del neo
eletto Presidente, il Prof. Sergio Mattarella, che in occasione del
suo insediamento ha ricordato al Parlamento ed all’Italia che il Paese è
in debito verso due suoi concittadini militari in servizio, onorando in
tal modo l’alto incarico conferitogli dalla Costituzione.
Io,
pur nel massimo rispetto del Senatore Napolitano, preferisco seguire
la strada tracciata dal Presidente Mattarella e voglio ricordare ancora
una volta quanto è avvenuto in questi tre anni a danno dei due nostri
militari.
Non rispetterò, quindi, il silenzio invocato dal
Premier, abitudinario nel chiederlo quando di fronte a vicende
complesse e pur correndo il rischio di essere arrogante, preferisco fare
mio quello che scrisse secoli orsono Giacomo Leopardi.
I BUONI ED I GENEROSI SOGLIONO ESSERE ODIATISSIMI PERCHE’ ORDINARIAMENTE SONO SINCERI E CHIAMANO LE COSE CON I LORO NOMI.
COLPA NON PERDONATA DAL GENERE UMANO IL QUALE NON ODIA MAI TANTO CHI FA
MALE NE’ IL MALE STESSO, MA CHI LO NOMINA. IL PIU’ VOLTE MENTRE CHI
FA MALE OTTIENE RICCHEZZE, ONORI E POTENZA, CHI LO NOMINA E’ TRASCINATO
SUI PATIBOLI.
Ebbene preferisco salire sul patibolo piuttosto
che rimanere in silenzio lasciando che mani ostili si occupino di due
nostri concittadini, di due nostri militari colpevoli solo di aver detto
OBBBEDISCO. Una scelta che non potrebbe essere diversa per chi come me
per quaranta anni ha gestito la sorte di uomini e ne ha difeso i
diritti, pretendendo che osservassero i loro doveri.
Tralascerò di ripetermi nel raccontare fatti ormai arcinoti. Cercherò di
ricorrere alla massima sintesi a favore di puntualizzazioni che credo
non possono essere sottaciute.
Tutto comincia il 15 febbraio
2012 ed il 17 la Enrica Lexie con una falsa comunicazione della Guardia
Costiera del Kerala rientra in acque territoriali indiane per
attraccare al porto di Koci.
Una manovra autorizzata
dall’Armatore che prima di decidere si consulta con il Comando della
Marina Militare che dà il proprio assenso come ci dirà l’allora
Ministro Di Paola otto mesi dopo dai fatti, il 18 ottobre 2012 - e
solo perché sollecitato da un’interrogazione parlamentare scritta.
Per tutto il 2012 la vicenda si svolge con un accavallarsi di fatti che
ha posteriori siamo autorizzati ad affermare che con ogni probabilità
siano stati gestiti direttamente da Palazzo Chigi, tagliando fuori il
Ministero degli Affari Esteri ed avvalendosi in "linea diretta" del
Sottosegretario agli Esteri il dott. de Mistura. Il tutto completato da
un coordinamento trasversale con il Dicastero della Difesa il cui
Ministro nel frattempo elargiva agli indiani congrue donazioni
economiche. a suo dire a scopo umanitario, ma interpretate dagli indiani
come un risarcimento dei danni e dalla comunità internazionale come
un’ammissione di colpa.
Una data fondamentale quella del rientro
dei due militari in Italia in occasione del Natale 2012, non sfruttata
Magistratura che avrebbe potuto adottare nei loro confronti il divieto
di espatrio in quanto indagati di omicidio volontario.
Altra
data fondamentale quella del 18 gennaio 2013 quando la Suprema Corte
indiana, toglieva la giurisdizione del caso al Kerala, riconoscendo che
l'incidente fosse avvenuto in acque contigue e quindi internazionali e
decideva di affidare le indagini alla NIA la polizia indiana
antiterrorismo, nominando un tribunale speciale per giudicare i due
fucilieri.
Successivamente, dopo un paio di mesi con un'abile
manovra diplomatica il MAE riesce a fare rientrare in Italia Latorre e
Girone per 4 settimane per permettere loro di espletare il diritto
elettorale.
Una vittoria della diplomazia italiana perchè
sicuramente l'India era a conoscenza che i Marò avrebbero potuto votare
in India e che comunque 4 settimane erano un periodo assolutamente
ridondante rispetto all'esigenza da soddisfare.
Una
concessione indiana che poteva anche rappresentare un messaggio per
l'Italia : "non fateli rientrare" ed aiutateci a risolvere un problema
politico interno.
Ma ciò non accadde come ben sappiamo e nonostante che nel frattempo venisse depositata presso la Procura di Roma un'analisi tecnica elaborata dall'ing. Luigi Di Stefano da cui emerge l'assoluta innocenza dei due Marò (consultabile al link http://www.seeninside.net/piracy), i Marò furono restituiti all’indebito giudizio indiano.
Durante queste quattro settimane l'allora Ministro Terzi tentò invano di soddisfare quanto auspicato dall'alleato indiano, concordando con tutti i Ministri aventi causa e sotto l'avallo del Presidente Monti di non rimandarli in India, approfittando del fatto che Delhi aveva ignorato una nota verbale italiana con la quale si invitava l’India ad un tavolo di trattative bilaterale.
Infatti, l’11 marzo del 2013 alle ore 17,53 l’AGI pubblicava una dichiarazione del Vice Ministro De Mistura che testualmente diceva: “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiungeva, inoltre, “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”
De Mistura chiariva anche, che “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India imponeva un arbitrato internazionale.
Il 18 marzo 2013 il Ministero degli Affari Esteri con un comunicato ufficiale del Governo, ribadiva l’intenzione di trattenere in Italia i due Fucilieri di Marina riportando testualmente “ in relazione agli sviluppi in India della vicenda Marò, il Ministero degli Affari Esteri, a nome del Governo, spiegava come tutta la vicenda evidenziasse palesi violazioni dell’India.
In particolare, sintetizzando :
Ma ciò non accadde come ben sappiamo e nonostante che nel frattempo venisse depositata presso la Procura di Roma un'analisi tecnica elaborata dall'ing. Luigi Di Stefano da cui emerge l'assoluta innocenza dei due Marò (consultabile al link http://www.seeninside.net/piracy), i Marò furono restituiti all’indebito giudizio indiano.
Durante queste quattro settimane l'allora Ministro Terzi tentò invano di soddisfare quanto auspicato dall'alleato indiano, concordando con tutti i Ministri aventi causa e sotto l'avallo del Presidente Monti di non rimandarli in India, approfittando del fatto che Delhi aveva ignorato una nota verbale italiana con la quale si invitava l’India ad un tavolo di trattative bilaterale.
Infatti, l’11 marzo del 2013 alle ore 17,53 l’AGI pubblicava una dichiarazione del Vice Ministro De Mistura che testualmente diceva: “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiungeva, inoltre, “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”
De Mistura chiariva anche, che “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India imponeva un arbitrato internazionale.
Il 18 marzo 2013 il Ministero degli Affari Esteri con un comunicato ufficiale del Governo, ribadiva l’intenzione di trattenere in Italia i due Fucilieri di Marina riportando testualmente “ in relazione agli sviluppi in India della vicenda Marò, il Ministero degli Affari Esteri, a nome del Governo, spiegava come tutta la vicenda evidenziasse palesi violazioni dell’India.
In particolare, sintetizzando :
LA VIOLAZIONE IMMUNITA' DIPLOMATICHE quando fu impedito al nostro
Ambasciatore di lasciare il Paese minacciando anche di annullargli lo
status di diplomatico, evidente violazione della Convenzione di Vienna
sulle relazioni diplomatiche.
LA PREVALENZA DEL DIRITTO
INTERNAZIONALE e quindi la necessità di avviare l’Arbitrato o altro
meccanismo giurisdizionale la soluzione del caso.
IL FONDAMENTO DELLA DECISIONE DEL MAE di non far rientrare i due Marò in India non avendo Delhi accolto la richiesta della Farnesina di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) ed il rifiuto della proposta italiana di consultazioni tra esperti giuridici.
Un Comunicato inequivocabile nei contenuti e sicuramente secondo prassi consolidata approvato dal Premier in carica, in considerazione che la Farnesina titolava “Marò: Comunicato del Governo”.
Una decisione governativa immediatamente sconfessata dallo stesso Premier che stabilì, invece, di dare corso ad una vera e propria estradizione passiva, riconsegnando il 22 marzo 2012 i due militari a Delhi nonostante che per il reato loro attribuito l’India prevedeva la pena di morte. Un atto che negava ai due militari anche il diritto dell'immunità funzionale prevista dal Diritto pattizio, dovuta al personale militare in missione operativa fuori dal territorio nazionale.
Una decisione non condivisa dal Ministro Terzi che come sappiamo si dimise ma suggerita da Autorità vicine al Premier forse abituate a consigliare in maniera semplicistica come avvenuto anche in passato quando all’allora Ministro della Difesa Mattarella fu indicato di affermare che la NATO non aveva usato munizionamento all'Uranio Impoverito nei Balcani, nonostante documenti USA che circolavano da tempo dicessero il contrario.
Di lì a qualche giorno il Ministro fu costretto ad ammettere il contrario.
Forse costui o costoro appartengono alla categoria di coloro che Leopardi ci dice " CHI FA MALE OTTIENE RICCHEZZE, ONORI E POTENZA...."
I due Fucilieri di Marina da ottimi militari quali sono pronunciarono in quel tragico 22 marzo una parola che si sarebbe poi dimostrata fatale per loro : “obbedisco”, anche perché fu data loro l’assicurazione che il tutto si sarebbe risolto nell’arco di qualche settimana.
Da quel momento un sipario impenetrabile cade sulla vicenda. Il Governo Monti termina il proprio mandato sostituito dal Governo Letta che fin da subito affronta con distacco il problema delegando in toto il proprio Ministro degli Esteri , la dottoressa Emma Bonino, che, però, non dava segnali incoraggianti con iniziative significative. Preferiva, invece, dichiarare in un’intervista rilasciata al quotidiano Repubblica nel settembre 2013 “Non è provata l‘innocenza dei due Marò”, dissacrando i principi fondamentali dello Stato di diritto.
Durante questi tre anni la vicenda ha continuato a trascinarsi. I mesi passano proteggendo "verità nascoste" che trovano origine dalle decisioni prese dal Governo Monti quel vergognoso 22 marzo 2013, quando lo Stato italiano - unico esempio nella storia del mondo - consegnò due propri militari in mani “palesemente ostili”.
Una decisione in assoluto contrasto con la cultura giuridica ed etica italiana e presa senza rispettare la Costituzione e l’articolo 698 del Codice di Procedura Penale che vieta l’estradizione di chiunque, italiano o non, che rischi di essere oggetto di un procedimento penale in un Paese dove vige la pena di morte e senza la garanzia dei diritti fondamentali della difesa ed in assenza prove certe.
Una decisione abnorme per un Paese come il nostro, tradizionalmente in prima linea nel combattere la pena capitale. In quel triste giorno, invece, l'Italia ha palesemente voluto tutelare interessi di dubbia natura considerati prevalenti rispetto alla certezza della difesa del diritto alla vita, solennemente proclamato in tutti gli atti internazionali sui diritti della persona, a cominciare dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1984.
Un’Italia che a distanza di più di due secoli, ha dimenticato che la “pena di morte non è un diritto, ma è guerra di una nazione contro un cittadino”, come scriveva Cesare Beccaria in “Dei delitti e delle pene”.
L'eventualità che l'India potrebbe applicare la pena capitale nei confronti di Latorre e Girone, peraltro, non è ancora scongiurata. Non a caso un’Agenzia AGI da New Delhi del 30 agosto 2014 riporta tra l’altro “… La polizia antiterrorismo Nia, che ha istruito il caso dei maro' accusati dell'uccisione di due pescatori indiani nel febbraio 2012, lo ha affidato al tribunale speciale , nonostante l'opposizione della difesa che sostiene che la Nia non avesse più competenza….e su cui si e' in attesa delle controdeduzioni del governo di New Delhi”.
Controdeduzioni che non risulta siano ancora arrivate per cui rimane “pending” la competenza della NIA e quindi l’applicazione della Sua Act (legge antiterrorismo) e, conseguentemente, il rischio della pena capitale non è ancora cancellato.
Una storia senza fine, inaccettabile ed in cui le parole dominanti sono state sempre “riservatezza e profilo basso". Tre anni caratterizzati da un’indifferenza totale e quasi generalizzata a livello politico e mediatico, fatte salve rare eccezioni.
Tre lunghi anni in cui si sono succeduti tre Governi che sembra si siano passati “il testimone” su come gestire il caso. Quello del Presidente Monti che ha deciso di rispedire in India i due Fucilieri di Marina con un Ministro della Difesa attento a non abbandonare una nave ormai alla deriva e prossima all’approdo, pur di non rischiare posizioni di privilegio future.
Quello Letta, piuttosto disattento alla vicenda con un Vice Ministro degli Esteri Lapo Pistelli pronto a dichiarare che erano state concordate con l’India “regole di ingaggio” e lasciando ad intendere una disponibilità italiana di accettare una mite condanna indiana e quindi far rientrare i due militari in Italia nel quadro dello scambio di condannati, come previsto da un accordo bilaterale sottoscritto nell’agosto 2012.
Un terzo Governo, l’attuale, con il Presidente del Consiglio che in base alle sue consolidate esperienze in tema di politica estera preferisce ricorrere ad una "Diplomazia Tranquilla" , sinonimo in questo caso di "Diplomazia Dormiente", visti i risultati fino ad ora raggiunti.
Un Premier pronto ad ostentare ottimismo dopo quattro parole scambiate con il Premier indiano Modi in occasione dell’ultimo G20, ma altrettanto “timido” nel portare avanti iniziative internazionali, nonostante che lo stesso MODI avesse qualche giorno prima del G20 che di fronte alla pirateria marittima doveva applicarsi il Diritto Internazionale.
Un Esecutivo caratterizzato forse più del precedente da sole dichiarazioni di intenti che a nulla hanno portato e che ha anche disatteso anche una proposta della Croce Rossa Internazionale di occuparsi della vicenda.
Anche il nuovo Ministro degli Esteri, l’Onorevole Paolo Gentiloni non appena insediatosi alla Farnesina si è preoccupato di informarci di aver telefonato a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e di sperare di una rapida soluzione, per poi tacere.
Gli italiani, invece, continuano ad attendere che due concittadini rientrino in Italia liberi ed a testa alta e le Forze Armate aspettano un segnale che garantisca loro la tutela dello Stato quando impiegate in operazioni fuori dal territorio nazionale.
Il Ministro Gentiloni invece di sperare dovrebbe far leva su quanto stabilito dal diritto internazionale e dalla Convenzione UNCLOS, avviando l'arbitrato tanto promesso dall'Onorevole Mogherini, ma forse dimenticato in qualche cassetto della Farnesina.
Continuare ad aspettare a non avviare un Arbitrato internazionale rappresenta una specifica responsabilità della politica italiana di cui qualcuno dovrà renderne conto ed a tale riguardo si auspicherebbe l’urgente istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare.
Il Premier Renzi ammonisce a non alimentare polemica con l'India. Quale sia lo scopo del suo invito non è chiaro. Se ci vuol dire di prostrarsi all’arroganza dell’India non credo che sia un consiglio accettabile. Se, invece, intende che si debba solo tacere il Suo suggerimento non può essere accettato in quanto noi non cerchiamo ricchezza e fama ma solo giustizia e rispetto della nostra Nazione.
Un invito che non ha accolto nemmeno il neo eletto Presidente della Repubblica Mattarella che ha, invece, sentito l'esigenza in occasione del suo discorso di insediamento, di ricordare il problema di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ed al quale vorrei rivolgere una istanza.
Signor Presidente Mattarella mentre il Ministro Gentiloni spera in azioni costruttive da parte indiana, noi italiani auspichiamo fortemente che il loro Presidente della Repubblica si occupi immediatamente della sorte di tre militari italiani in ostaggio di uno Stato terzo da tre anni, rifiutando ogni compromesso politico, ma pretendendo che sia l’Italia a giudicare i propri uomini come prevede il Diritto Internazionale.
IL FONDAMENTO DELLA DECISIONE DEL MAE di non far rientrare i due Marò in India non avendo Delhi accolto la richiesta della Farnesina di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) ed il rifiuto della proposta italiana di consultazioni tra esperti giuridici.
Un Comunicato inequivocabile nei contenuti e sicuramente secondo prassi consolidata approvato dal Premier in carica, in considerazione che la Farnesina titolava “Marò: Comunicato del Governo”.
Una decisione governativa immediatamente sconfessata dallo stesso Premier che stabilì, invece, di dare corso ad una vera e propria estradizione passiva, riconsegnando il 22 marzo 2012 i due militari a Delhi nonostante che per il reato loro attribuito l’India prevedeva la pena di morte. Un atto che negava ai due militari anche il diritto dell'immunità funzionale prevista dal Diritto pattizio, dovuta al personale militare in missione operativa fuori dal territorio nazionale.
Una decisione non condivisa dal Ministro Terzi che come sappiamo si dimise ma suggerita da Autorità vicine al Premier forse abituate a consigliare in maniera semplicistica come avvenuto anche in passato quando all’allora Ministro della Difesa Mattarella fu indicato di affermare che la NATO non aveva usato munizionamento all'Uranio Impoverito nei Balcani, nonostante documenti USA che circolavano da tempo dicessero il contrario.
Di lì a qualche giorno il Ministro fu costretto ad ammettere il contrario.
Forse costui o costoro appartengono alla categoria di coloro che Leopardi ci dice " CHI FA MALE OTTIENE RICCHEZZE, ONORI E POTENZA...."
I due Fucilieri di Marina da ottimi militari quali sono pronunciarono in quel tragico 22 marzo una parola che si sarebbe poi dimostrata fatale per loro : “obbedisco”, anche perché fu data loro l’assicurazione che il tutto si sarebbe risolto nell’arco di qualche settimana.
Da quel momento un sipario impenetrabile cade sulla vicenda. Il Governo Monti termina il proprio mandato sostituito dal Governo Letta che fin da subito affronta con distacco il problema delegando in toto il proprio Ministro degli Esteri , la dottoressa Emma Bonino, che, però, non dava segnali incoraggianti con iniziative significative. Preferiva, invece, dichiarare in un’intervista rilasciata al quotidiano Repubblica nel settembre 2013 “Non è provata l‘innocenza dei due Marò”, dissacrando i principi fondamentali dello Stato di diritto.
Durante questi tre anni la vicenda ha continuato a trascinarsi. I mesi passano proteggendo "verità nascoste" che trovano origine dalle decisioni prese dal Governo Monti quel vergognoso 22 marzo 2013, quando lo Stato italiano - unico esempio nella storia del mondo - consegnò due propri militari in mani “palesemente ostili”.
Una decisione in assoluto contrasto con la cultura giuridica ed etica italiana e presa senza rispettare la Costituzione e l’articolo 698 del Codice di Procedura Penale che vieta l’estradizione di chiunque, italiano o non, che rischi di essere oggetto di un procedimento penale in un Paese dove vige la pena di morte e senza la garanzia dei diritti fondamentali della difesa ed in assenza prove certe.
Una decisione abnorme per un Paese come il nostro, tradizionalmente in prima linea nel combattere la pena capitale. In quel triste giorno, invece, l'Italia ha palesemente voluto tutelare interessi di dubbia natura considerati prevalenti rispetto alla certezza della difesa del diritto alla vita, solennemente proclamato in tutti gli atti internazionali sui diritti della persona, a cominciare dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1984.
Un’Italia che a distanza di più di due secoli, ha dimenticato che la “pena di morte non è un diritto, ma è guerra di una nazione contro un cittadino”, come scriveva Cesare Beccaria in “Dei delitti e delle pene”.
L'eventualità che l'India potrebbe applicare la pena capitale nei confronti di Latorre e Girone, peraltro, non è ancora scongiurata. Non a caso un’Agenzia AGI da New Delhi del 30 agosto 2014 riporta tra l’altro “… La polizia antiterrorismo Nia, che ha istruito il caso dei maro' accusati dell'uccisione di due pescatori indiani nel febbraio 2012, lo ha affidato al tribunale speciale , nonostante l'opposizione della difesa che sostiene che la Nia non avesse più competenza….e su cui si e' in attesa delle controdeduzioni del governo di New Delhi”.
Controdeduzioni che non risulta siano ancora arrivate per cui rimane “pending” la competenza della NIA e quindi l’applicazione della Sua Act (legge antiterrorismo) e, conseguentemente, il rischio della pena capitale non è ancora cancellato.
Una storia senza fine, inaccettabile ed in cui le parole dominanti sono state sempre “riservatezza e profilo basso". Tre anni caratterizzati da un’indifferenza totale e quasi generalizzata a livello politico e mediatico, fatte salve rare eccezioni.
Tre lunghi anni in cui si sono succeduti tre Governi che sembra si siano passati “il testimone” su come gestire il caso. Quello del Presidente Monti che ha deciso di rispedire in India i due Fucilieri di Marina con un Ministro della Difesa attento a non abbandonare una nave ormai alla deriva e prossima all’approdo, pur di non rischiare posizioni di privilegio future.
Quello Letta, piuttosto disattento alla vicenda con un Vice Ministro degli Esteri Lapo Pistelli pronto a dichiarare che erano state concordate con l’India “regole di ingaggio” e lasciando ad intendere una disponibilità italiana di accettare una mite condanna indiana e quindi far rientrare i due militari in Italia nel quadro dello scambio di condannati, come previsto da un accordo bilaterale sottoscritto nell’agosto 2012.
Un terzo Governo, l’attuale, con il Presidente del Consiglio che in base alle sue consolidate esperienze in tema di politica estera preferisce ricorrere ad una "Diplomazia Tranquilla" , sinonimo in questo caso di "Diplomazia Dormiente", visti i risultati fino ad ora raggiunti.
Un Premier pronto ad ostentare ottimismo dopo quattro parole scambiate con il Premier indiano Modi in occasione dell’ultimo G20, ma altrettanto “timido” nel portare avanti iniziative internazionali, nonostante che lo stesso MODI avesse qualche giorno prima del G20 che di fronte alla pirateria marittima doveva applicarsi il Diritto Internazionale.
Un Esecutivo caratterizzato forse più del precedente da sole dichiarazioni di intenti che a nulla hanno portato e che ha anche disatteso anche una proposta della Croce Rossa Internazionale di occuparsi della vicenda.
Anche il nuovo Ministro degli Esteri, l’Onorevole Paolo Gentiloni non appena insediatosi alla Farnesina si è preoccupato di informarci di aver telefonato a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e di sperare di una rapida soluzione, per poi tacere.
Gli italiani, invece, continuano ad attendere che due concittadini rientrino in Italia liberi ed a testa alta e le Forze Armate aspettano un segnale che garantisca loro la tutela dello Stato quando impiegate in operazioni fuori dal territorio nazionale.
Il Ministro Gentiloni invece di sperare dovrebbe far leva su quanto stabilito dal diritto internazionale e dalla Convenzione UNCLOS, avviando l'arbitrato tanto promesso dall'Onorevole Mogherini, ma forse dimenticato in qualche cassetto della Farnesina.
Continuare ad aspettare a non avviare un Arbitrato internazionale rappresenta una specifica responsabilità della politica italiana di cui qualcuno dovrà renderne conto ed a tale riguardo si auspicherebbe l’urgente istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare.
Il Premier Renzi ammonisce a non alimentare polemica con l'India. Quale sia lo scopo del suo invito non è chiaro. Se ci vuol dire di prostrarsi all’arroganza dell’India non credo che sia un consiglio accettabile. Se, invece, intende che si debba solo tacere il Suo suggerimento non può essere accettato in quanto noi non cerchiamo ricchezza e fama ma solo giustizia e rispetto della nostra Nazione.
Un invito che non ha accolto nemmeno il neo eletto Presidente della Repubblica Mattarella che ha, invece, sentito l'esigenza in occasione del suo discorso di insediamento, di ricordare il problema di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ed al quale vorrei rivolgere una istanza.
Signor Presidente Mattarella mentre il Ministro Gentiloni spera in azioni costruttive da parte indiana, noi italiani auspichiamo fortemente che il loro Presidente della Repubblica si occupi immediatamente della sorte di tre militari italiani in ostaggio di uno Stato terzo da tre anni, rifiutando ogni compromesso politico, ma pretendendo che sia l’Italia a giudicare i propri uomini come prevede il Diritto Internazionale.
Fernando Termentini
ENRICA LEXIE: Analisi tecnica dell'incidente - http://www.seeninside.net/piracy/
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