Napolitano senatore analizza errori sull'Ucraina. Da Presidente i suoi errori sulla Libia visti dallo studioso
Oggi Michele Marsonet mira in alto, per tema di analisi e
‘bersaglio’. Libia, l’arroganza di Sarkozy e Cameron nella guerra a
tutti i costi. Gheddafi sosteneva che senza di lui l’estremismo
islamista sarebbe dilagato nel Mediterraneo. Purtroppo aveva ragione il
dittatore. Gli errori anche italiani
Si sa che la storia non si fa con i “ma” e con i “se”. Gli
avvenimenti, una volta conclusi, assumono una dimensione di
inevitabilità che sfugge del tutto al nostro potere e si pietrificano
immobili, a disposizione degli storici ai quali spetta analizzare cause,
ragioni e conseguenze sugli eventi successivi.
Inutili anche le polemiche “a posteriori”. Chi le coltiva s’illude di
ottenere qualche risultato concreto, magari basandosi sul noto detto
“historia magistra vitae”, e confidando che i nostri successori,
esaminando il passato, sapranno evitare i nostri errori.
Ma anche questa è una pia illusione. Non è mai accaduto che gli
errori compiuti in precedenza servissero come lezione per il futuro.
Basta conoscerla, la storia, per capire che gli stessi sbagli si
ripetono nei secoli e addirittura nei millenni. C’è un che di tragico in
tale sequenza, ma la sensazione è che non ci si possa fare alcunché.
Forse avevano ragione alcuni celebri esponenti dello storicismo – da
Max Weber a Oswald Spengler – nel notare che il concetto di “destino”
gioca un ruolo centrale nella storia del genere umano. E al destino,
com’è noto, è impossibile sottrarsi.
A me pare che tali considerazioni, forse un po’ troppo “filosofiche”,
siano confermate dal disastro libico. Si rammenterà che, dopo l’attacco
improvviso sferrato da Sarkozy e dai britannici senza neppure attendere
l’avallo internazionale, scoppiarono subito polemiche tanto in Italia
quanto all’estero.
Alcuni prendevano sul serio le fosche previsioni del defunto
dittatore libico, il quale non si stancava di ripetere che, se lo
avessero eliminato, l’estremismo islamista sarebbe dilagato nel
Mediterraneo. Altri si facevano beffe di lui, affermando che la sua era
soltanto paura di perdere il potere (e la vita).
A pochissimi anni di distanza si è compreso che il colonnello aveva
ragione, anche perché conosceva benissimo il suo Paese. A quel tempo
parlava solo dei qaedisti, già presenti nella nostra ex colonia, mentre
l’Isis non era ancora comparso all’orizzonte. Ora la situazione è sempre
più tragica, e chissà se a Parigi e a Londra comprendono di aver
scoperchiato un calderone infernale.
Mi preme tuttavia rimarcare la presenza italiana in questa tragica
vicenda. E qui, a costo di irritare qualche lettore, non posso esimermi
dal notare che l’ex presidente della Repubblica giocò un ruolo nefasto.
Nonostante i dubbi dell’allora premier Berlusconi, fu proprio Napolitano
a premere affinché l’Italia si allineasse ai franco-inglesi (e agli
americani, che erano tuttavia assai più dubbiosi degli alleati europei).
Spiace parlar male di una figura di indubbio prestigio ma, in quel
caso, l’ex presidente dimostrò di avere la vista corta, forse anch’egli
abbagliato – come tanti altri – dal sogno delle cosiddette “primavere
arabe”. Eppure sto parlando di un uomo con un’enorme esperienza politica
alle spalle.
Nel corso dei suoi mandati gli rimproverarono spesso il suo appoggio
all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Ma quelli erano altri
tempi, e la sua posizione si può capire calandosi nel clima della Guerra
Fredda e rammentando la collocazione internazionale del PCI.
Nel caso libico, invece, la posizione dell’ex leader migliorista,
erede di Giorgio Amendola, è difficilmente comprensibile (soprattutto
rammentando la sua già citata lunghissima esperienza politica). Ha
sempre avuto ben chiaro il nostro interesse nazionale, e in quel
frangente era assai ovvio che esso non coincideva con le smanie belliche
di Parigi e Londra.
Per quanto mi riguarda non ho spiegazioni pronte a portata di mano.
Mi limito a osservare che nel 2011 Giorgio Napolitano commise un errore
fondamentale poiché, senza il suo avallo, la posizione italiana sarebbe
stata più prudente e simile a quella tedesca (la Merkel non volle
infatti saperne di partecipare all’avventura). Chissà se gli storici
futuri riusciranno a chiarire i motivi che spinsero l’ex presidente a
comportarsi in quel modo.
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