Con una mano bonariamente
elargisce e rende, con l’altra furtivamente decurta e sottrae:
millantando ed affabulando da tre-cartista della prima ora, Mago Matteo
sfoggia un estro indiscutibilmente innovativo, per il semplice fatto che
riesca a contrabbandare sesquipedali corbellerie smuovendo gli animi e
convincendoli che quelle siano imprescindibili.
Le capacità di concedere
risposte a quesiti di interesse collettivo dovrebbe essere la principale
preoccupazione di un sistema politico, volto alla risoluzione di
problematiche socioeconomiche particolarmente intricate. La responsività
è quindi prerogativa indispensabile, affinché il tessuto sociale si
rifletta nei rappresentanti e si convinca che questi ultimi possano
davvero incidere nella stabilizzazione del bene comune. Jean
Baudrillard, nel computo delle teorizzazioni, evidenziava però le cause
di un’involuzione drastica e probabilmente irrimediabile della ciclicità
sopracitata durante il XX secolo, in cui la democrazia delegata avrebbe
rischiato di veder crollare il proprio costrutto amministrativo, sul
quale ha sempre fondato la maggior parte delle sue convinzioni. Da anni,
in Italia istituzioni e governi ci propinano l’idea che la
partecipazione diretta della partitocrazia nella Res Publica sia di
primaria importanza, per competenza conoscitiva e tecnica. È bensì
indubbio che altrettanto tempo abbia convalidato, tramite la tesi del
filosofo francese, l’assoluta impotenza di programmi partitocratici nel
contesto statale italiano, dove tra inettitudine, incapacità, servilismo
ed autoreferenzialità, si è consumata in quasi settant’anni una storia
pregna di menzogne e di soprusi, di meretrici e di fedifraghi, di
pigia-bottoni e di infimi cortigiani da salotto. Da contorno, una vile
logica dell’asservimento incondizionato alle disposizioni dei soggetti
privati esteri, con banche, lobbies e gruppi elitari decantando a
diramare vessazioni burocratiche per garantire il domino del capitalismo
finanziario, ad appannaggio dei Popoli.
Ad ogni modo, sembrava che all’incirca
un anno fa, precisamente l’8 dicembre 2013, le sorti del Tricolore
fossero destinate ad un avvenire prospero, prorompente di occupazione e
zampillante di produttività. Matteo Renzi si proponeva con indole
vigorosa e determinata ad incarnare l’agognato cambiamento: in una
commistione di ovvietà e di novità d’impatto, l’ex sindaco di Firenze
prometteva risvolti epocali e dichiarava battaglia alla gerontocrazia
capitolina. A distanza di undici mesi e di una segreteria e di una
Presidenza del Consiglio conquistate, lo sfavillante Renzi ha smarrito
la strada maestra e ha imboccato un viale che invece di cucirgli un
soprabito da rottamatore, ce lo consegna nelle vesti di un consumato
fattucchiere. Con una mano bonariamente elargisce e rende, con l’altra
furtivamente decurta e sottrae: millantando ed affabulando da
tre-cartista della prima ora, Mago Matteo sfoggia un estro
indiscutibilmente innovativo, per il semplice fatto che riesca a
contrabbandare sesquipedali corbellerie smuovendo gli animi e
convincendoli che quelle siano imprescindibili. Perché lui è il santone
per eccellenza, il guru gigliato disceso a Roma per riacutizzare le
piaghe di uno Stivale esanime.
Pazienza che inizialmente dispensi 80
euro alle neo mamme e successivamente stanzi soltanto 500 milioni per la
famiglia – ossia la metà dei proventi fiscali incamerati dalle slot
machine, che tanti nuclei famigliari hanno sgretolato e da cui si esige
costantemente troppo poco. È un dettaglio la questione che desideri
innescare di nuovo il lavoro e che collateralmente non intervenga in
modo netto e deciso sull’IRAP ed anticipi parte del TFR nelle buste paga
degli ipotetici richiedenti, con conseguente guadagno per lo Stato. È
secondario che, nonostante voglia ardentemente dare una scossa ai
consumi, non disintegri la losca intoccabilità di un’IVA da percentuali
microeconomicamente destabilizzanti. D’altronde, lui è l’onnisciente ed
onnipresente Mago Matteo. Comunque, qualcuno ci avvisi repentinamente
quando questo ributtante avanspettacolo chiuderà bottega e lascerà
spazio al concreto e serioso dibattimento. Gli italiani (incazzati)
ringraziano.
di Alex Angelo D'Addio
- 23 ottobre 2014
fonte: http://www.lintellettualedissidente.it
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