Sino a venerdì sera non mi ero accorto di una verità: il miglior testimone della crisi italiana non è un storico, un economista, un filosofo, bensì un comico, Maurizio Crozza. Me ne sono reso conto quando ho visto sulla Sette il suo spettacolo, «Crozza nel Paese delle meraviglie». Qualcuno mi domanderà: che cosa aveva di speciale la puntata dell’altro ieri, tranne il fatto che lei non aveva visto quelle di prima? La mia risposta è semplice: perché ci presentava una foto di famiglia dei big politici italiani scattata con sacrosanta crudeltà.
Per cominciare c’era il presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, presentato come un bambinone per metà carogna e per metà
coglione. Intento a giocare con il telefonino e con altri aggeggi
infantili nel pieno della conferenza stampa indetta per illustrare la
manovra finanziaria. Il suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan,
parlava, parlava, parlava. E il premier si trastullava, faceva versacci,
si divertiva con due ministre. Un bamboccione scemo con la crapa
ricoperta da un caschetto di capelli neri e due dentoni da castoro.
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Pubblicato il 17/ott/2014
Maurizio Crozza torna con una nuova
puntata di Crozza nel Paese delle Meraviglie, con Matteo Renzi alla
Conferenza Stampa di presentazione della legge di stabilità, Silvio
Berlusconi alle prese con la Pascale e le difficoltà nel partito, il
grande ritorno di Antonio Razzi, le difficoltà del sindacato con Landini
e Camusso e le nuove creazioni di Banderas nel mulino.
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Poi entravano
in scena i boss del sindacato rosso: Susanna Camussoe Maurizio Landini.
La segretaria generale della Cgil, interpretata anche lei da Crozza,
risultava un donnone vestito come una kulaka russa sopravvissuta a
Stalin. Del tutto scema, mezza sorda, incapace di comprendere questioni
da nulla. Il capo della Fiom, con la famosa felpa rossa dei
metalmeccanici, era un ritardato mentale, sempre deciso a occupare
fabbriche che non esistono più.
Infine arrivava
il momento di Silvio Berlusconi. Qui la crudeltà di Crozza diventava
sublime. Il povero Cavaliere appariva un signore anziano, ben tenuto
sotto l’aspetto fisico, ma del tutto ebete. Nelle mani di una giovane
fidanzata, la signorina Pascale, bella, elegante e autoritaria. La
morosa gli scagliava addosso un telefono, ordinando: «Chiama i tuoi
parlamentari e fatti restituire i soldi che hanno ricevuto da te. Ne hai
bisogno perché Forza Italia ha le tasche vuote».
Silvio obbediva
e cominciava a telefonare. Chiamava Renato Brunetta, poi Gianfranco
Rotondi. Ma loro gli rispondevano picche: niente conquibus. Rotondi,
ossia un Crozza diventato il suo sosia, gli rispondeva in dialetto
avellinese: «Presidente, sei tu che devi dei soldi a me!». Allora la
Pascale, spazientita, trascinava via l’amato Cavaliere. A fare che cosa?
Non si sa.
Ho sempre
pensato che prendere per i fondelli i padroni del vapore sia un
sacrosanto diritto in tutte le democrazie. Ma lo spettacolo di Crozza mi
ha confermato che l’Italia è un paese dove il caos sta diventando
micidiale. Gli spettatori che affollavano lo studio del comico genovese
si sganasciavano dalle risate. Ho riso anch’io, mentre avrei dovuto
piangere. Per un terribile sospetto: i big messi in scena forse erano
davvero così. Oppure non molto differenti dalle loro caricature.
Renzi sarà pure
un capo di governo che alle elezioni europee ha preso il 40,8 per cento
dei voti. Ma ogni volta che lo vedo alla televisione, dove lui
imperversa tutti i giorni a tutte le ore, non mi sembra diverso
dall’imitazione che ne fa Crozza. Con qualche aggravante. La più vistosa
sta emergendo in queste settimane balorde, dovute alle alluvioni e alla
crisi che attanaglia anche grandi aziende. Vogliamo dirla tutta? Renzi
sarà un genio della politica e un rottamatore mai soddisfatto, però è un
fifone, un signore che ha paura. Dobbiamo considerarla una colpa? No,
in base al vecchio adagio che se un uomo non possiede il coraggio, di
certo non può darselo da solo.
Il nostro
premier rifugge dalle situazioni rischiose. L’avete visto a Genova, per
ringraziare e rincuorare gli angeli del fango? No. L’avete visto a
Terni, per sfilare insieme a una città che può morire con l’acciaieria
della Thyssen? No. Quel pomeriggio, mentre i cittadini di Terni
protestavano in modo pacifico anche se alle prese con un disastro, Renzi
se n’è stato chiuso dentro Palazzo Chigi a fare il cascamorto con una
seducente conduttrice televisiva americana. E ha voluto che lo
fotografassero, per dimostrare che il sex appeal degli italiani è
intatto, sia pure del genere «poveri ma belli».
Ha persino più
coraggio di lui Padoan, il ministro dell’Economia. In questi giorni,
senza batter ciglio, ha ripetuto un’enormità: «Noi i tagli li abbiamo
fatti e anche la riduzione delle tasse. Se poi le regioni decideranno di
aumentare le imposte, i cittadini se la prendano con loro». Una
perfetta dichiarazione da giocatore delle tre carte. Recitata con la
faccia distrutta di un ministro alle prese con un compito immane. Deve
avergliela suggerita Renzi, con l’aria di dire: «Vai avanti tu, che a me
viene da ridere».
Un altro
avamposto cruciale dell’Italia di oggi, è la Sicilia degli sbarchi dei
clandestini che arrivano in casa nostra partendo dall’Africa sub
sahariana. Renzi è mai andato di recente a ringraziare i marinai
dell’operazione «Mare nostrum» e i sindaci delle città dapprima
siciliane e adesso di tante aree del Sud, alle prese con i giganteschi
problemi dell’accoglienza di migliaia di profughi? No
.
.
Non sappiamo
neppure quanti siano i clandestini arrivati in Italia. Il capo di Stato
maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, ha detto a
Chiara Giannini di Libero: «In un anno di attività, la Marina, con
l’aiuto di altre forze armate, ha tratto in salvo quasi 200 mila
persone». Il ministero dell’Interno continua a parlare di 140 mila. Qual
è la verità, dove sono finiti e quanto ci costano? Mistero.
L’operazione «Mare nostrum» dovrebbe concludersi tra due settimane, il
1° novembre. E nessuno sa dirci che cosa accadrà dopo.
Gli storici che
in futuro si occuperanno di Renzi, dovranno spiegarci il mistero di un
giovane leader politico che preferisce l’apparenza alla sostanza. Di
solito, questa è una prerogativa dei vecchi politicanti, quelli che
Matteo cerca di rottamare. Invece è diventata la bandiera di un premier
non ancora quarantenne. L’Italia va a ramengo e lui va ad Assisi a
improvvisare un comizio su San Francesco. Una delle vanterie renziste
recita: «Io ci metto la faccia». È vero, ma soltanto dove ad aspettarlo
non c’è gente infuriata, bensì una troupe televisiva.
Non è un caso
che si assista a un paradosso. I media stampati mostrano dei dubbi
sempre più forti sull’efficacia delle imprese di Renzi. L’Espresso di
questa settimana è uscito con una copertina che dice: «Promesse da
Matteo». In sette mesi di governo, l’elenco degli annunci rimasti nel
limbo delle parole a vuoto si è fatto sempre più lungo. Invece certe
emittenti televisive sono diventate quello che l’Eiar, l’Ente italiano
audizioni radiofoniche, era per Benito Mussolini. Durante il regime
fascista ero un bambino e me li ricordo i discorsi del Duce che la radio
diffondeva sulle piazze. Quando vedo apparire nel telegiornale di Sky
la faccia compunta di Andrea Bonini, penso con malinconia a un bravo
giornalista costretto a fare ogni sera il megafono di Renzi.
Che cosa
accadrebbe se l’Europa, Iddio non voglia, ritenesse insufficiente la
manovra finanziaria presentata dal governo italiano? L’ipotesi più
infausta sarebbe quella di andare a elezioni anticipate. Ma anche in
quel caso, i problemi del premier non verranno risolti. Infatti, manca
ancora la nuova legge elettorale promessa dal governo. Allora ci
troveremmo nella nebbia più fitta. La condizione ottimale per andare a
sbattere e finire nei marosi tutti insieme. E ad aspettare l’arrivo
della Troika.
(Fonte)
tramite: http://tentor-maurizio.blogspot.it
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