Le accuse di genocidio. La presenza di almeno tre fosse comuni è stata confermata anche da funzionari dell’Osce.
Mosca mostra le prove del genocidio compiuto nell’est dell’Ucraina dall’esercito di Kiev. Il nuovo segretario generale della NATO Stoltenberg prova a minimizzare. L’arrivo di corazzati americani al confine con la Russia fa salire la tensione. A chi serve l’escalation e dove converrà fermarsi
La tregua firmata a Minsk tra Kiev e Mosca e dai leader dei ribelli separatisti non hai mai realmente retto. Un finzione politica utile per consentire a tutte le parti in causa di continuare a fare ciò che volevano con un po’ meno di attenzioni internazionali addosso. Sola certezza in più acquisita da allora, le oltre 3.500 vittime in sei mesi di guerra civile, e il collasso l’economia ucraina che mette a serio rischio le forniture di gas per tutta l’Europa occidentale. Poi il genocidio di cui secondo Mosca si sarebbero macchiate le forze di sicurezza ucraine nell’area del Donbass, tra Donetsk e Luhansk.
Che nell’Ucraina orientale si sia sparato già dal primo giorno di
tregua è noto. Come si sa dalla battaglia ininterrotta per il controllo
dell’aeroporto di Donetsk. L’esercito di Kiev dichiara di avere il pieno
controllo dello scalo, mentre i ribelli affermano che la conquista
dell’aeroporto è ormai questione di ore. La sola cosa certa sono le
vittime che continuano a salire. Secondo l’esercito ucraino, solo
mercoledì 1 ottobre -ultimo comunicato-, i morti sarebbero stati circa
una dozzina. Nella lista dei caduti anche dei civili uccisi nel corso di
una sparatoria avvenuta vicino a una scuola.
Diventa intanto molto più circostanziata ed imbarazzante per Kiev e
suoi alleati, l’accusa di stragi. Le accuse di Mosca assumono sostanza
ogni giorno che passa, considerato che la presenza di almeno tre fosse
comuni è stata confermata anche da funzionari dell’OSCE. Si indaga su
sepolture di massa nel Donbass dove i militari dell’esercito di Kiev e i
miliziani della destra ultranazionalista ucraina, avrebbero occultato
decine di cadaveri di civili e miliziani russofoni. In cima alla lista
degli indagati, il ministro della Difesa ucraino Geletey e il capo di
Stato maggiore di Kiev Muzhenko.
Ma le tensioni vere vengono dal riarmo della Nato ai confini con la
Russia. A pochi chilometri dai confini russi stanno concentrandosi mezzi
e militari degli eserciti dei Paesi alleati. Esisbizione di forza della
Nato. Solo gli Stati Uniti sono pronti a schierare nei Paesi Baltici
(Estonia, Lettonia e Lituania) e in Polonia altri 700 soldati e 20 carri
armati Abrams, inviati nell’est dell’Europa da una base militare nel
Texas. Operazione “Ironhorse” con cui viene anche dato il cambio alle
brigate di paracadutisti inviate dagli USA nel marzo scorso dopo
l’annessione della Crimea alla Russia.
Quei carri armati dal Texas: la prima volta che gli USA inviano
rinforzi corazzati pesanti in Europa dalla fine della Guerra Fredda. Non
il modo migliore per provare a stemperare gli animi e favorire una
soluzione diplomatica del conflitto. Ci tenta il nuovo segretario
generale della Nato Jens Stoltenberg, ex primo ministro norvegese
succeduto a Fogh Rasmussen. Stoltenberg racconta a Mosca che la Nato è
intenzionata a ripristinare legami costruttivi, ma solo se Mosca
dimostrerà di voler cambiare atteggiamento in Ucraina rimettendosi in
linea con regole internazionali imprecisate.
3 ottobre 2014
fonte: http://www.remocontro.it
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