Per avere un’idea di come la gestione migratoria sia fallimentare
basterebbe questo: a oggi sono ben 14 le Procure che hanno aperto
fascicoli sulla gestione poco trasparente (per usare un eufemismo) dei
centri d’accoglienza per i migranti che sbarcano in Italia. Mafia
Capitale, insomma, non è che un esempio di un mondo che, giocando
sull’emergenza, è sprofondato nel malaffare, sulla pelle di migliaia di
clandestini e rifugiati, in fuga dalla guerra, in cerca di una terra
promessa e mai raggiunta. Insomma, mentre a Calais si sgombera la
“giungla”, in Italia non va meglio. Secondo i più recenti dati del
Viminale, sono 3.090 le strutture di accoglienza gestite da privati.
Ovviamente un tale numero di strutture vuol dire (anche) soldi. Ed ecco
allora i costi (pubblici) e i guadagni (privati) dell’accoglienza: il
Viminale ha stimato per l’anno 2015 una spesa complessiva di 1.162
milioni di euro.
QUADRO OSCURO – Il giro di soldi, dunque, non è di poco conto. Il
minimo sarebbe quello di garantire un’assoluta trasparenza che,
tuttavia, non c’è. Secondo quanto denunciato da diverse associazioni (da
CittadinanzAttiva a Libera) in un report dal titolo non casuale – InCastrati
– non esiste neppure un elenco pubblico di tali strutture, della loro
ubicazione, di chi le gestisce. Nulla di nulla. A suon di emergenza,
dunque, è stato il caos più totale. Eppure, denunciano le associazioni,
il servizio dovrebbe funzionare ora che è direttamente in mano alle
prefetture. E invece sono proprio questi enti che spesso fanno di tutto
per mantenere il quadro tenebroso. Basti questo: le associazioni hanno
presentato presso 104 prefetture (su 106 totali) richieste di
informazioni sulla gestione migranti. Ebbene, gran parte delle
Prefetture interpellate, salvo alcune eccezioni, ha in buona sostanza
rigettato le istanze, limitandosi a fornire alcuni dati generici. Non
solo: 52 prefetture hanno ritenuto di non rispondere affatto. Classico
esempio di buona amministrazione. Ma non basta: anche il Viminale è
stato interpellato. Ma anche in questo caso gli hotel, le strutture e le
coop convenzionate restano segrete perché, addirittura, la
pubblicazione dell’elenco dei centri e la loro ubicazione sarebbe
inopportuna per ragioni di tutela della sicurezza delle persone ospitate
e che vi lavorano.
VIOLENZE E SOPRUSI – E, se a guadagnare sono i gestori delle
strutture, a perdere sono coloro che dovrebbe essere accolti. Già,
dovrebbero. Perché il sistema fa acqua da tutte le parti. Andiamo nella
Provincia di Benevento dove è attiva la “Cooperativa Maleventum” che in
questa zona gestisce ben 11 centri. “Tutti centri in cui i servizi sono
ridotti al minimo se non meno”. Qualche esempio? “Nel centro di Dugenta –
si legge ancora – vi sono 49 migranti che non ricevono nessun tipo di
servizio”. Vi è un bagno per dieci persone, che “qualcuno viene a pulire
una volta alla settimana”. E il cibo? Scadente, tanto che, racconta uno
dei 49, “ognuno di noi si compra da mangiare con i soldi che ci danno
mensilmente”. Parliamo di 75 euro a testa. Tutti condannati
inevitabilmente al caporalato, in molti casi. Alcuni migranti del Cara
di Mineo raccontano come ogni giorno lavorino dalle 5 del mattino alle 2
del pomeriggio e percorrano in bici 24 km ad andare e tornare per una
cifra che va dai 15 ai 25 euro al giorno. Nelle terre del Cosentino
invece i richiedenti asilo raccolgono cipolle per molto meno. E ancora:
ci sono casi in cui la “periferizzazione” facilita abusi. Il caso più
emblematico è quello di un centro in Calabria a Pedivigliano (Cosenza):
qui per mesi è stata presente in struttura con 28 uomini una ragazzina
nigeriana di 16 anni senza che nessuno la trasferisse. Per fortuna si è
evitato il peggio. Ma la ragazzina, quando è stata soccorsa dalle
associazioni, era terrorizzata. Sola e abbandonata. Per non parlare di
quello che accade nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione). Qui
i migranti dovrebbero essere solo di transito prima del rimpatrio, ma
invece il loro soggiorno si prolunga per mesi. E spesso, tra violenze e
prigionia, si impazzisce. A., raccontano le associazioni, è ospite di
uno dei tanti hotel. È giovanissimo e molto vulnerabile. Viene adescato
al di fuori del suo centro da una donna e due uomini. Viene drogato e
violentato. Nei giorni seguenti delira ed impazzisce di fronte a tutti i
suoi compagni. Senza nessuna segnalazione a strutture di sostegno
psicologico, viene messo su un aereo, in pochissimi giorni. Il viaggio
di 500 euro viene pagato dall’albergatore stesso. A. è scomparso nel
nulla, pazzo. A ridurlo così è stata la “nostra accoglienza”.
di Carmine Gazzanni - 2 marzo 2016
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