C’era
una volta un pifferaio che si presentò nella città di Hamelin, in Bassa Sassonia, e
si offrì di disinfestarla dai ratti. Il borgomastro accettò la sua proposta e gli
promise un adeguato compenso se ci fosse riuscito. L’uomo incantò i topi con il suono
del suo piffero e li attirò fino a un fiume, dove si tuffarono e annegarono. Ma
quando reclamò la ricompensa, gli abitanti di Hamelin non lo pagarono. Allora, si
vendicò. Mentre gli adulti erano in chiesa, il pifferaio ricominciò a suonare
nelle strade della città e attirò a sé tutti i bambini, che lo seguirono in
campagna fino a una caverna, dove furono segregati e morirono. Questa storia,
che ha fondamenta storiche ed è stata tramandata con diverse varianti, ispirò
la celebre fiaba dei fratelli Grimm. A mio parere, è più che mai attuale e
suggerisce molteplici interpretazioni grazie alle sue allegorie. Mi piace
pensare che il progresso sia il pifferaio di Hamelin dei nostri tempi. Il suono
del suo flauto è piacevole, seducente, trainante. Ma è anche infido.
In primis, cos’è il progresso? La sua etimologia ne chiarisce
il significato; il termine deriva dal verbo latino progredi, che significa “andare avanti”. Come chiarisce la
Treccani, per progresso intendiamo l’avanzamento verso gradi o stadi superiori
dell’evoluzione, un perfezionamento e quindi una trasformazione graduale e
continua dal bene al meglio. L’idea di progresso umano non è sempre esistita.
Nell’antichità gli esseri umani concepivano la storia come una fuga dall’età
dell’oro, l’era dell’uomo primigenio, quasi perfetto. Gli antichi, vivevano in
un’epoca di regresso e cercavano di fermare la decadenza. Anche in Oriente,
dove vige l’idea che la storia non sia lineare ma circolare, come le stagioni, i
saggi pensano che il progresso sia solo apparente, giacché l’uomo torna sempre al
punto di partenza. Il concetto di progresso così come lo conosciamo nasce con
la rivoluzione cristiana, debitrice di quella ebraica, ed è strettamente
collegato alla visione del tempo e della storia, considerata un susseguirsi di eventi
che procedono in avanti, all’infinito, come i punti di una retta. Il
cristianesimo ha sublimato questo cammino introducendo l’escatologia, che si
pone la salvezza come capolinea. A rendere più solida e definitiva questa
visione hanno contribuito – ironia della sorte – la filosofia moderna e l’illuminismo
(con l’eccezione di Rousseau), la rivoluzione industriale e la scienza.
Ma
torniamo ab ovo. È innegabile che il fil rouge della storia dell’umanità, così
come ci è stata raccontata, è l’evoluzione continua, auspicabile e inarrestabile.
Dal secondo dopoguerra in poi abbiamo vissuto un’accelerazione sconvolgente,
che ha cambiato la vita sul pianeta. Se penso a com’era il mondo ai tempi dei
miei nonni e com’è oggi, e se provo a immaginare come sarà quando i miei nipoti
saranno vecchi, sbalordisco. Nello stesso tempo, però, inorridisco. Sì, avete
capito bene. Il progresso di cui sono spettatore attonito non mi piace. Mi fa
paura e non pensiate che io sia un laudator temporis acti, un retrivo. Sono solo
spaventato dal fatto che il progresso è un pifferaio magico il cui richiamo cela
grandi insidie. Per quanto oggi viviamo meglio di un tempo, grazie al
benessere, alle conquiste tecnologiche, alla facilità delle comunicazioni e dei
trasporti, ai benefici della ricerca scientifica, ai vantaggi che le società
civili assicurano ai cittadini, è anche vero che non abbiamo riconosciuto il
dovuto al pifferaio. Ci siamo rifiutati di pagarlo con l’unica moneta spendibile:
l’adeguamento antropologico. Ci siamo dimenticati, o forse rifiutati, di
progredire dal punta di vista umano, animico, spirituale. Ci siamo accontentati
di migliorare sul piano socio-economico e materiale, come se nella vita contassero
solo i soldi, il comfort, il potere, il divertimento, il benessere corporale. Esaltati
dalla faccia grassa del progresso, abbiamo scordato che la ricchezza autentica è interiore, il vero benessere è basato
sull’armonia, la reale autorità è la disciplina esercitata su noi stessi. Siamo
progrediti, certo, ma quale prezzo stiamo pagando al pifferaio magico? La
nostra rincorsa evolutiva ha comportato perdite immense e perciò rimpiango il
tempo in cui eravamo meno progrediti ma più saggi. La società odierna ha
sacrificato i valori portanti, gli ideali, le certezze, i principi funzionali in
nome di un falso progresso: il progressismo. Ecco perché non sopporto i progressisti;
mentre fissano il futuro con “occhi di bragia”, come direbbe il Divin Poeta,
calpestano il passato, convinti che sia immondizia, e vivono il momento presente
con la foga di che vorrebbe dargli fuoco. In pochi decenni, la furia
iconoclasta che ha come fine l’innovazione a tutti i costi – dietro cui si cela
la sete di potere e di dominio delle masse, oltre all’avidità basata sul massimo
profitto – ha modificato l’asse terrestre, sia sul piano del pensiero sia su
quello del comportamento. Dopo avere scardinato i perni umani avanziamo come
folli verso un mondo dove l’individuo non conta più nulla, è soggetto alla
legge dell’usa e getta, brancola nel buio privo di fiaccole. In nome del
progresso, coloro che conducono verso il fiume o la caverna un’umanità fatta di topi che squittiscono senza
più comprendersi fra loro, ci hanno privato delle
sovranità nazionali, delle sicurezze economiche e sociali, del diritto al
lavoro e più in generale della giustizia, dei principi morali, dei caposaldi
come la fede e la famiglia, della fiducia nel futuro. Hanno usato le armi della
tecnologia (telefonini, computer, televisione, ecc) per atrofizzare il nostro
cervello, controllare ogni nostro passo e acquisto, renderci imbelli,
dipendenti e schiavi del sistema. La soggettività è stata rasa al suolo, l’iniziativa
privata ostracizzata. Le nostre idee non sono originali e creative, sono
surrogati che ci vengono inculcati. I nostri bisogni sono falsi, la nostra
capacità di reazione nulla. Quando sento dire che stanno maturando i tempi per
una rivoluzione, sorrido. Per fare la rivoluzione bisogna avere idee, forza e coraggio.
Parlo di merce rara, forse esaurita.
La mia diffidenza verso il presunto progresso è
cresciuta a dismisura e rifletto sui moniti di alcuni grandi pensatori. Pascal, ad esempio,
diceva che “tutto ciò che non si perfeziona col progresso peggiora a causa del
progresso”. Ognuno può valutare che cosa sia migliorato e cosa sia peggiorato nella
sua vita grazie o a causa del progresso. Mazzini ammoniva che “il vero
strumento del progresso dei popoli sta nel fatto morale”. Bè, non serve
sottolineare che l’etica è crollata e che stiamo agonizzando sotto le macerie, vittime delle forti scosse telluriche del relativismo. Il
seducente ma cinico pifferaio magico ci ha offuscato con grandi miglioramenti tecnologici
e non solo. Il suono del suo flauto ci ha ipnotizzato, privandoci
della capacità di critica e mutilando la coscienza. Siamo alienati ma sazi di canali televisivi e web, optionals e app che ci illudono di stare nella stanza dei bottoni, mentre stagniamo nel fondo del pozzo.
Allegri, però, avanziamo
verso il baratro a una velocità inimmaginabile fino a poco tempo fa, godendo di
mille vantaggi e gadgets ludici! Vuoi mettere vivere la fine dell’umanesimo in
3HD, interfacciandoci con i membri di una nuova famiglia allargata e
multietnica, mentre il pianeta esaurisce le sue risorse e l’Agenzia delle
Entrate ci impone di pagare la tassa sull’apocalisse?
Giuseppe Bresciani - 27 febbraio 2016
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