15/09/2014 - (Missiva inviata via email alla Presidenza del Consiglio)
Egregio Presidente, ho
avuto occasione di leggere il Suo twitter lanciato all’atto della
notizia della concessione della Corte indiana al Fuciliere di Marina
Massimiliano Latorre di poter trascorrere una convalescenza di 4 mesi in
Italia.
Pur
nel massimo rispetto del Suo pensiero e delle Sue opinioni, due
concetti da Lei sintetizzati con il messaggio mi hanno particolarmente
colpito. Contenuti sui quali avrei desiderio di confrontarmi se non
altro per essere certo di avere ben compreso una riflessione del
Presidente del Consiglio.
A
premessa di tutto mi permetto di complimentarli con Lei per le Sue
capacità di “captare” immediatamente la valenza di una persona
attraverso solo un paio di telefonate credo, peraltro, in inglese. Mi
riferisco al Suo apprezzamento per Narenda Modi.
Un
giudizio il Suo che non lascia dubbi e proprio per questo mi lascia
perplesso a meno che non scaturisca da fatti che non mi è dato da
conoscere. Infatti, la figura del Presidente Modi, soprattutto per
quanto attiene alla sua etica politica, non sembra basarsi su una storia
trasparente e lineare.
Un
personaggio che fin da giovane ha militato in un partito dell’estrema
destra indiana nel Rashtriya swayamsevak sangh (Rss), organizzazione
paramilitare a connotazione spiccatamente nazionalista, al punto di
essere considerato persona "non gradita " da USA e da Unione Europea.
Movimento,
come Ella ben saprà, molto controverso, dichiarato fuorilegge nel
1948, dopo l’omicidio di Mohandas Gandhi, e poi di nuovo negli anni
settanta, quando Modi operava in clandestinità, bandito per la terza
volta nel 1992 dopo la distruzione di una moschea a Ayodhya, nel nord
del paese.
Proprio
in quegli anni Modi passò al Bharatiya janata party (Bjp) in cui
confluì anche l’Rss e nel 2001 venne eletto governatore dello stato
indiano del Gujarat evidenziando immediatamente il suo approccio
pragmatico agli eventi al punto di non intervenire quando, nel 2002 a
Godhra nello Stato da lui amministrato, più di mille musulmani furono
trucidati da estremisti indù ed altre centinaia di migliaia costretti a
fuggire.
Prendo
atto quindi della Sua stima verso un uomo di questi trascorsi, ma la
mia etica uomo e di ex servitore dello Stato non mi permettono di
condividerla e, nello stesso tempo, prendo le distanze dalle sue parole
di apprezzamento dell’uomo e dal Suo ringraziare ed ossequiare il
Governo di una Nazione che sta negando da tre anni i diritti umani e
giuridici a due militari italiani.
Una
seconda perplessità mi deriva dalla Sua dichiarata collaborazione con
la Giustizia indiana che in tutta onestà suscitano in me, cittadino di
uno Stato di Diritto, sdegno per vari motivi.
Lei, infatti, ha dichiarato collaborazione con un ordinamento giudiziario che prevede l'applicazione della pena di morte, non esprimendo il pensiero dell’uomo Renzi ma quello del Presidente del Consiglio dell’Italia la cui Costituzione rinnega la pena capitale.
Lei, infatti, ha dichiarato collaborazione con un ordinamento giudiziario che prevede l'applicazione della pena di morte, non esprimendo il pensiero dell’uomo Renzi ma quello del Presidente del Consiglio dell’Italia la cui Costituzione rinnega la pena capitale.
Se
poi collaborare per Lei vuol dire raggiungere uno obiettivo comune con
l’India, in questo caso rappresentato dall’esercitare un giudizio
indebito su due militari italiani da parte di uno Stato terzo, credo che
il Suo auspicio sia anche in contrasto anche con le più elementari
regole del Diritto internazionale e di quello pattizio.
Mi
permetto quindi di dissentire con la S.V. fiducioso che l’Italia
consenta ancora ad un modesto cittadino di essere distante dal pensiero
del proprio Premier, e che non siano stati cancellati i diritti
elementari garantiti da una democrazia liberale quale quella italiana.
Non
posso accettare infatti il concetto di “collaborazione” con una
giustizia che nega ai nostri militari l'immunità funzionale, che
disconosce il Diritto Internazionale e la Convenzione del Mare Unclos e
che dispone la detenzione di due persone, seppure in regime di libertà
provvisoria, nei confronti delle quali non sono state ancora prodotte
prove per i reati loro addebitati.
Naturalmente
ognuno è libero di sostenere ciò in cui crede, ma penso che esistano
vincoli da rispettare almeno da parte di chi ricopre funzioni pubbliche
di alta caratura come la Sua attuale. L'Italia è, infatti, uno Stato
sovrano erede e cultore del Diritto romano mutuato nei secoli da
svariati Paesi, tradizioni storiche e culturali a cui Lei stesso fa
spesso riferimento e ci dice di voler difendere. Questi valori non
possono essere cancellati dal pragmatismo politico.
Caro
Presidente collaborare con una Giustizia come quella indiana che sta
dimostrando di aver dimenticato i valori del diritto anglo sassone
lasciati in eredità dopo 3 secoli e mezzo di colonizzazione britannica,
credo che rappresenti, invece, una forzatura che non può essere
accettata nemmeno per "ragion politica". Nella fattispecie, poi, a mio
modesto avviso, le recenti dichiarazioni dei Ministro degli Esteri
indiano accompagnate dai suoi ringraziamenti verso il Governo di Delhi
ed i contenuti dell’affidavit firmato per il caso Latorre, precluderanno
in futuro ogni azione sul piano internazionale e diplomatico per
dipanare la matassa. Dovremo solo accettare le decisioni della Giustizia
indiana con la quale Lei preferisce collaborare.
Mi
farebbe piacere leggerla insieme alle migliaia di cittadini del gruppo
di Facebook che amministro ed a cui estendo per conoscenza la
presente, e che si stanno impegnando per tenere alta l’attenzione sulla
vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
(https://www.facebook.com/groups/337996802910475/) e degli altri 387 che
con me hanno sottoscritto un Esposto sui fatti alla Procura della
Repubblica di Roma perché siano accertate le responsabilità di
chicchessia dal 15 febbraio 2012 ad oggi.
Distinti saluti
Gen. Brig. (ris) dott. Fernando Termentini
fonte: http://www.difesaonline.it
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