Il denaro dei nomadi custodito in cassette di sicurezza e conti postali. Il Comune fornisce alloggi, luce, acqua e raccolta rifiuti. Tutto gratis
Una vita a «canone zero». O meglio, a spese dei contribuenti del Comune
di Roma Capitale. Dalla fornitura dell’alloggio, fino all’acqua,
dall’energia elettrica al servizio Ama con la Tarsu: nulla ha un costo
per i cittadini di etnia Rom che attestano di essere nulla tenenti,
mentre in realtà possiedono centinaia di migliaia di euro. Conti
correnti dal valore complessivo di 7 milioni 423mila 714 euro sono stati
infatti scovati, negli ultimi due anni, dal nucleo di polizia
tributaria della Guardia di Finanza. I finanzieri hanno squarciato il
velo che celava la fasulla povertà annidata nei campi nomadi. Dietro le
maschere dei mendicanti privi di mezzi minimi di sostentamento, si
nascondevano veri e propri ricchi. Una paperopoli con cifre a sei zeri
nascosta tra le cassette di sicurezza bancarie e i conti correnti
postali, tutti sequestrati dalla Finanza. Denaro provento di attività
illecite, celato per ottenere una vita a «costo zero», in danno del
Comune di Roma ma anche e soprattutto dei cittadini, le stesse persone
che ogni anno devono fare i conti con la crisi finanziaria e con
un’imposizione fiscale rigida. Fortunatamente la Finanza, al comando del
generale Ivano Maccani, ha alzato i controlli su questo fenomeno, che
sembrerebbe essere assai diffuso tra i soggetti di etnia Rom.
I FALSI POVERI
Dietro la povera donna che chiede l’elemosina sulla metropolitana, una
scena che si ripete quotidianamente anche tra le vie della Capitale, ci
potrebbe essere una persona con un conto corrente da centinaia di
migliaia di euro. D’altronde le verifiche investigative hanno fatto luce
proprio su questo spaccato, quello dei mendicati vestiti con pochi
stracci che, in realtà, hanno conti correnti che farebbero invidia a
numerosi contribuenti italiano. In linea generale, è precisato nei
documenti giudiziari, «occorre procedere alla ricognizione della
capacità reddituale e patrimoniale dei preposti, posta in relazione con
il valore dei beni di cui, direttamente o indirettamente, risultano
disporre. I risultati degli accertamenti svolti dall’autorità di polizia
giudiziaria (…) hanno messo in luce la notevole sproporzione tra i beni
nella disponibilità dei preposti e le fonti di reddito lecite, note e
dichiarate. In linea generale, fatta eccezione per talune posizione, le
giacenze bancarie e postali non risultano adeguate alla modestia delle
attività economiche svolte (raccolta materiali ferrosi, compravendita
nei mercatini dell’usato) ai redditi e alle attività documentate dai
preposti, sicché da tale sproporzione è dato desumere apprezzabili e
sufficienti indizi che i beni siano comunque frutto di attività illecite
o ne costituiscano il reimpiego». In altre parole, al fisco risultavano
decine di persone con redditi esigui, che si arrangiavano trovando
lavori di fortuna o piccoli espedienti per far quadrare i conti. Così il
Comune dava il via libera elargendo loro i diritti previsti per i
cittadini meno abbienti. Il tutto sulla base delle dichiarazioni dei
redditi fraudolente. E così, i ricchi Rom si sono trovati ad avere – a
spese dei cittadini romani – alloggi gratuiti, senza poi spendere
neanche un euro per i servizi come la raccolta rifiuti, l’energia
elettrica e l’acqua. «Dagli accertamenti svolti, mediante consultazione
alla banca dati “Anagrafe tributaria”» è emerso un meccanismo attraverso
il quale erano dichiarati «redditi assolutamente esigui». Ugualmente,
però, i truffatori hanno ottenuto «assistenza, come impossidenti, da
parte del Comune di Roma», avendo moduli «abitativi in campi nomadi
attrezzati e usufruendo di tutti i servizi forniti da Roma Capitale
senza alcun pagamento, quali: fornitura di alloggio (nessun canone),
fornitura di acqua (nessun canone), fornitura di energia elettrica
(nessun pagamento richiesto) e fornitura di raccoglitori Ama (nessun
pagamento richiesto quale rimborso o pagamento Tarsu)».
RAGGIRO DELLA LEGGE
Sono 59 i falsi poveri di etnia Rom scovati dalla Finanza, solo nel
2013. Nei loro conti correnti è stata rinvenuta una cifra da capogiro: 5
milioni, 321mila 536 euro. Il trucco usato per nascondere i soldi era
sempre lo stesso: «Concordava con ignoto - si legge negli atti a
disposizione della procura- l’attribuzione fittizia a sé di somme di
denaro». Le imponenti cifre, che in alcuni casi potevano arrivare fino a
372.816 euro, venivano depositate, secondo gli accertamenti delle forze
dell’ordine, presso conti correnti bancari o postali, «al fine di
eludere le disposizioni di legge in materia patrimoniale in quanto,
dimostrando un tenore di vita particolarmente disagevole, allontanava da
sè ogni forma di controllo idonea ad attivare l’applicazione di misure
di prevenzione». In alcuni casi, un solo indagato riusciva ad aprire
quattro conti correnti diversi ma, almeno per il fisco, risultava
nullatenente, una persona degna di ricevere i diritti che lo stato e il
Comune mettono a disposizione per i più bisognosi.
FURTI E RICETTAZIONE
Nel solo anno 2014, il lavoro degli uomini della Finanza ha portato al
sequestro di oltre 2 milioni di euro. Un denaro dalla dubbia
provenienza. Infatti, di questi soldi, solo 198mila 306 sono risultati
essere di provenienza lecita. Il resto? Stando ai riscontri sul
casellario giudiziario dei vari soggetti coinvolti, il denaro potrebbe
essere ricondotto ai reati di furto aggravato, spaccio di sostanze
stupefacenti, falsità ideologica e ricettazione. Tutti crimini che
prevedono pene relativamente modeste e che permettono quindi agli
imputati di mantenere la propria libertà, fuori dagli istituti
penitenziari, almeno nella maggior parte dei casi.
LE DIFESE
Le difese, poi, si sono affrettate per cercare di giustificare la mole
di denaro. Così, c’è chi ha detto di aver ricevuto una eredità paterna.
Poi c’è il Rom che ha affermato di aver guadagnato 232mila euro
lavorando come «insegnate di cultura e artigianato Rom». C’è anche chi
ha voluto giustificare 131mila 518 euro come reddito ottenuto da
collaborazioni con «l’organizzazione Arci solidarietà e l’attività di
commercio presso il mercatino Rom di via Vasca Navale». I controlli,
come detto, non sono conclusi. Gli accertamenti sono su vasta scala, al
fine di evitare truffe ai danni della Pubblica amministrazione e,
soprattutto, dei cittadini oberati dalle tasse. Spaccato tutto da
raccontare riguarda un soggetto che per giustificare i 43mila 63 euro
sul suo conto corrente ha portato un documento del ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, in cui si attesta l’autorizzazione alla
compravendita di auto. Peccato, però, che le somme di denaro risalivano
nel tempo mentre la documentazione porta una data recente. Secondo gli
atti «non può che osservarsi che non risulta riscontrata l’asserita
origine lecita della somma sequestrata posto che la recente
regolarizzazione dell’attività lavorativa (segnatamente l’autorizzazione
di circolazione del Ministero per l’attività di compravendita di
autovetture) da parte del preposto potrà al più produrre effetti per il
futuro».
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