L'INTERVENTO ( 14 settembre 2014 )
di Luigi Di Stefano, perito giudiziario
I due Marò sono innocenti, e da oltre un anno ne abbiamo le prove. Fin
dai primi giorni apparvero una serie di contraddizioni sulla
ricostruzione dei fatti, non tornavano i tempi, le posizioni, le
testimonianze, persino il calibro dei proiettili repertati nell'autopsia
delle vittime era diverso da quelli in dotazione: Latorre e Girone
dovevano essere scagionati subito, ma sappiamo com’è andata. A forza di
scavare, ordinando e riscontrando le informazioni secondo i metodi
dell'analisi tecnica giudiziaria (da 20 anni faccio questo) emersero una
serie di «magagne processuali» tali da invalidare l'impianto
accusatorio di fronte a qualsiasi tribunale: distruzione dei reperti
giudiziari (il peschereccio restituito al proprietario e da questo
subito affondato), omissioni nelle indagini (la petroliera greca Olimpyc
Flair che aveva denunciato un attacco pirata nella stessa zona non
venne richiamata in porto), e così via, al punto che a marzo 2013
depositai in procura la richiesta di non rimandare i marò in India
spiegando perchè non avrebbero avuto un giusto processo.
La svolta arrivò a giugno 2013: facendo tradurre le dichiarazioni del comandante del peschereccio rese a caldo al momento dello sbarco, davanti a telecamere e a un graduato di polizia, questo dichiarò che gli avevano sparato alle 21.30, cinque ore dopo l'incidente alla petroliera italiana. Negli stessi giorni recuperammo una mail della Guardia Costiera indiana e venne fuori che tutta la storia della «fuga e la caccia» alla petroliera Enrica Lexie che scappava nell'Oceano Indiano era inventata di sana pianta. Abbiamo le prove che fin dal secondo giorno le autorità indiane montarono il caso «contro gli italiani». I magistrati hanno tutto. Come si è arrivati a questo punto è un vero mistero di Stato.
La svolta arrivò a giugno 2013: facendo tradurre le dichiarazioni del comandante del peschereccio rese a caldo al momento dello sbarco, davanti a telecamere e a un graduato di polizia, questo dichiarò che gli avevano sparato alle 21.30, cinque ore dopo l'incidente alla petroliera italiana. Negli stessi giorni recuperammo una mail della Guardia Costiera indiana e venne fuori che tutta la storia della «fuga e la caccia» alla petroliera Enrica Lexie che scappava nell'Oceano Indiano era inventata di sana pianta. Abbiamo le prove che fin dal secondo giorno le autorità indiane montarono il caso «contro gli italiani». I magistrati hanno tutto. Come si è arrivati a questo punto è un vero mistero di Stato.
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