Giggino non ci sta, e spara a zero contro i giudici che lo hanno condannato. Parole durissime le sue : «dovrebbe piuttosto dimettersi chi mi ha condannato. E dovrebbe anche vergognarsi». Naturalmente la ASM ha reagito, definendo inaccettabili le parole dell'ex pm e oggi primo cittadino di Napoli, quindi uomo delle "istituzioni". E lui, giù un'altra bordata : il mio non era un attacco alla sentenza ma alla magistratura corrotta. E siccome gente che dovrebbe pensare ad altro, come Grasso, che è Presidente del Senato, non il Prefetto competente per l'adozione della misura della sospensione, ricorda che la legge Severino è uguale per tutti e va applicata, De Magistris se la prende pure con l'ex Ministro della Giustizia dell'era Montiana (sembrano passati due secoli, e invece sono meno di due anni...l'uomo che doveva salvare l'Italia...ci sarebbe da ridere e anche tanto da piangere), dichiarando : «Guarda caso era anche l’avvocato di una mia controparte, e guarda caso ha fatto quella legge mentre il processo era in corso. Mi chiedo se sono solo coincidenze». Non compatisco De Magistris, semmai mi fa venire in mente quanta ragione ho quando dico, ad amici o conoscenti di una cena, "attenzione a invocare le manette, i provvedimenti esemplari, che non si può mai sapere che non tocchi un giorno rimpiangere in prima persona certe pruderie giustizialiste". Nel caso dell'ex PM e oggi primo cittadino di Napoli ( Polito lo disse ai suoi conterranei che avevano fatto una follia ad eleggere la parodia di Masaniello) , altro che Nemesi, altro che contrappasso dantesco. L'uomo che ha inquisito e richiesto il carcere preventivo per centinaia di persone, la quasi totalità delle quali sono state prosciolte, spesso senza nemmeno essere rinviate a giudizio, oggi si scopre garantista... Eppure, come ci insegna il bravo Sansonetti, chi garantista lo è veramente sa esserlo anche, anzi soprattutto, con e per i "nemici", e quindi io non esito a continuare a dire che la Legge Severino è una legge SBAGLIATA, perché sono troppi da noi gli errori giudiziari per accettare un anticipo di sanzioni rispetto alla decisione definitiva, anche e soprattutto in campo politico ed istituzionale. Siamo sempre lì : sono i processi che devono essere velocizzati, non le pene anticipate. E questo anche nei casi, come quello di Giggino, dove è facile pensare che l'imputato sia colpevole. Vedremo tra un po' le motivazioni per le quali il Tribunale non ha ritenuto, come invece aveva fatto la procura, che De Magistris fosse inconsapevole che Genchi, tra le migliaia di intercettazioni avviate, avesse coinvolto anche persone per le quali era necessaria la preventiva autorizzazione parlamentare. Il PM ha criticato la leggerezza e l'eccessività dell'ex collega nel dare autorizzazioni senza controllare, ma ha aggiunto che non c'è prova che "sapesse". Per una volta che la pubblica accusa non ha ceduto al teorema del "non poteva non sapere", il Tribunale non gli ha dato retta. Spero - lo vedremo, ripeto, con il deposito della sentenza - che non lo abbia fatto in applicazione di quel nefasto principio, che di giuridico non ha nulla. Insomma, detta all'inglese, il mio personale convincimento (De Magistris SAPEVA), non conta una beneamata mazza, e confido che i giudicanti indicheranno elementi di prova adeguati, che ovviamente chi non conosce il processo (come chi scrive ma il 99% degli italiani) non può sapere. Riassumendo : De Magistris è stato un pessimo magistrato ed è stato un gran bene che se ne sia andato (idem vale per gente come Di Pietro e Ingroia...aspettiamo con fiducia Di Matteo e Woodstock) ; è un pessimo sindaco di Napoli ; penso che sia colpevole del reato per cui è stato condannato in primo grado, ma ritengo, come sempre, che ciò debba essere confermato dal completamento del processo (di cui il primo grado è una tappa), e resto convinto che la legge Severino sia sbagliata, uno scalpo reso al giustizialismo e alla pancia peggiore della gente. Di seguito, il sagace commento di Pierluigi Battista
De magistris non molla;
fine
del Giustizialismo
Luigi de Magistris che si inchioda alla poltrona di sindaco malgrado
le disposizioni della legge Severino, che inveisce, ex magistrato
d’assalto, contro una sentenza della magistratura, che resiste sì, ma
come un politico qualunque, come un politico che avrebbe messo
volentieri ai ceppi, è il simbolo della fine di una stagione: quella del
giustizialismo forcaiolo, arrembante, aggressivo, santificato da
un’intransigenza di ispirazione giacobina.
Avremmo potuto aspettarcelo da un politico tradizionale, oppure avvezzo a denunciare le intrusioni e gli sconfinamenti della magistratura «politicizzata», ma non dal Torquemada delle inchieste che volevano purificare l’Italia da ogni malaffare no. Non per un omaggio astratto alla coerenza, che pure avrebbe una sua nobiltà. Ma per il rispetto che si deve a una storia. Anche alla mitologia: alla leggenda di una Giustizia immacolata e audace destinata a liberare il popolo dal Male che ha inquinato le istituzioni. Cruciale in questa costruzione mitologica, di cui il de Magistris magistrato ha voluto essere l’estrema e più oltranzista incarnazione, è la sacralità degli atti giudiziari, e ovviamente della Legge. La legge Severino, però, sebbene invocata per il Nemico, viene liquidata come un crudele automatismo senza anima. E la stessa sentenza di condanna in primo grado, dunque appellabile come per qualsiasi altro cittadino, viene da de Magistris delegittimata alla stregua di una rappresaglia politica. È il cuore dell’ideologia giustizialista ad essere colpito. Vent’anni di ideologia che trovano la metafora del loro esaurirsi in un sindaco che si appella alla «strada» in antitesi alle istituzioni. Qualsiasi decisione verrà presa, resta il vulnus a un’immagine e a una retorica. Vent’anni e passa che non potevano finire nel modo peggiore.
27 settembre 2014
fonte: http://ultimocamerlengo.blogspot.it
Avremmo potuto aspettarcelo da un politico tradizionale, oppure avvezzo a denunciare le intrusioni e gli sconfinamenti della magistratura «politicizzata», ma non dal Torquemada delle inchieste che volevano purificare l’Italia da ogni malaffare no. Non per un omaggio astratto alla coerenza, che pure avrebbe una sua nobiltà. Ma per il rispetto che si deve a una storia. Anche alla mitologia: alla leggenda di una Giustizia immacolata e audace destinata a liberare il popolo dal Male che ha inquinato le istituzioni. Cruciale in questa costruzione mitologica, di cui il de Magistris magistrato ha voluto essere l’estrema e più oltranzista incarnazione, è la sacralità degli atti giudiziari, e ovviamente della Legge. La legge Severino, però, sebbene invocata per il Nemico, viene liquidata come un crudele automatismo senza anima. E la stessa sentenza di condanna in primo grado, dunque appellabile come per qualsiasi altro cittadino, viene da de Magistris delegittimata alla stregua di una rappresaglia politica. È il cuore dell’ideologia giustizialista ad essere colpito. Vent’anni di ideologia che trovano la metafora del loro esaurirsi in un sindaco che si appella alla «strada» in antitesi alle istituzioni. Qualsiasi decisione verrà presa, resta il vulnus a un’immagine e a una retorica. Vent’anni e passa che non potevano finire nel modo peggiore.
27 settembre 2014
fonte: http://ultimocamerlengo.blogspot.it
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