È il grande mistero di Nicolas Sarkozy e forse il grande segreto
dietro la caccia spietata e la fine miserabile di Muammar Gheddafi,
ucciso come un cane il 21 ottobre 2011 in uno scolatoio di cemento sulla
strada della sua Sirte. Unico despota arabo ammazzato peggio di un
qualunque Ceausescu quando le «primavere» non avevano ancora rivelato la
loro natura equivoca né erano giunte ai loro esiti paradossali.
Perché il 19 marzo 2011 Nicolas Sarkozy, il più «gheddafiano» tra i
presidenti della République, ha lanciato i suoi bombardieri contro
Tripoli, tre ore prima di avvertire gli alleati - come raccontato nel
libro di Hillary Clinton «Hard choices» - e con al fianco il solo David
Cameron?
Un’azione che ha provocato una quasi rottura nella
Nato e l’ira di Silvio Berlusconi. E condizionato tutta la campagna
libica con gli esiti devastanti che ora conosciamo.
Parigi aveva certamente buone ragioni geopolitiche persino culturali
per entrare in quello che appariva un sommovimento epocale. Dietro
questa guerra libica c’è però anche un altro scenario che emerge dalle
inchieste della magistratura ed è quello di un interesse personale di
Nicolas Sarkozy nel menare una campagna che doveva portare alla
distruzione delle prove di un suo grande e inconfessabile segreto: aver
ricevuto un ricchissimo finanziamento da Gheddafi. Si dice addirittura
50 milioni di euro.
Ma il punto non è nemmeno la cifra – pur colossale – è che se tutto
questo fosse vero significherebbe che un presidente della République
sarebbe stato eletto grazie al contributo di un altro Capo di Stato (e
che capo e di quale Stato...) essendone teoricamente ricattabile o
semplicemente, come si dice in francese, «sous influence». Un marchio di
vergogna e disonore storico per Nicolas Sarkozy.
A questo punto va detto che Sarkozy non è indagato. Siamo dunque a
uno scenario suggestivo tra l’indiziario e il giornalistico. Ultimo atto
- sabato - il fermo giudiziario di Claude Guéant, ex capo di gabinetto
di Sarko ministro dell’Interno, poi segretario generale dell’Eliseo, poi
a sua volta ministro dell’Interno. «Il cardine della sarkozye», rimesso
in libertà con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio. Guéant ha
ricevuto 500 mila euro nel 2008 che lui attribuisce alla vendita di due
quadri del seicentesco fiammingo Van Eervelt, appartenenti alla famiglia
della moglie (ora deceduta), a un avvocato malese. Dettagli che non
hanno trovato riscontri così puntuali a cominciare dal fatto che autore e
quadri non giustificano una somma così elevata.
Guéant è stato l’uomo chiave della ragnatela di rapporti tra Sarkozy e
Gheddafi che si infittisce a partire dal 2005, due anni prima della
presidenziale vittoriosa, e che emerge cinque anni dopo, nel 2012 – a
pochi giorni dal ballottaggio per l’Eliseo vinto da Hollande – dal sito
«Mediapart» con le rivelazioni dell’uomo d’affari Ziad Takieddine un
faccendiere libanese di fiducia del Sarko, arrestato a Bourget con un
milione e 500 mila euro in contanti e subito molto loquace con i
giudici.
Gheddafi è stato nel bene e nel male un personaggio chiave per
Sarkozy: prima alleato, anche di immagine all’inizio della sua
presidenza. Fu infatti alla moglie (poi separata) Cécilia che il
colonnello regalò il ruolo di liberatrice delle infermiere bulgare
detenute a Tripoli in un caso di spionaggio che sembrava insolubile. Il
colonnello fu poi accolto con tutti gli onori (e i conseguenti
imbarazzi) all’Eliseo con il solito contorno folkloristico di amazzoni e
della tenda beduina impiantata nei giardini dell’hotel di Marigny. Fino
al repentino voltafaccia che Gheddafi timbrò in quei giorni con questa
sinistra profezia: «Un grave segreto provocherà la caduta di Sarkozy».
Più esplicito il figlio Saif al-Islam a raid iniziati: «Abbiamo
finanziato noi la sua campagna elettorale e ne abbiamo le prove».
Tutto questo precipita in un’attualità politica dove l’unica costante
è ormai il consenso a Marine Le Pen e dove François Hollande – viste le
divisioni della destra repubblicana guidata da Sarkozy – punta a
diventare l’unico baluardo contro la vittoria possibile del Front
National. La strada per il 2017 è ancora lunga e sicuramente avvelenata.
Cesare Martinetti - 9 marzo 2015
fonte: http://www.lastampa.it
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