“Se farete cadere Gheddafi la Libia diventerà un’altra
Somalia”. Il monito espresso dall’Unione Africana nella primavera del
2011, purtroppo inascoltato da Nato e Occidente, suona oggi come una
profezia e non solo per le similitudini tra una Somalia tribalizzata e
una Libia ormai Stato fallito in preda a oltre 200 milizie.
Il parallelo tra i due Paesi potrebbe estendersi
anche alla minaccia della pirateria che pare in procinto di tornare a
manifestarsi sulla sponda meridionale del Mediterraneo con l’affermarsi
dello Stato Islamico in Libia e il consolidarsi dei trafficanti di
esseri umani legati ai jihadisti. Il rischio pirateria sembra sia stato
analizzato e definito molto credibile da un rapporto dell’intelligence
militare italiano citato dal quotidiano britannico Daily Express,
secondo cui il Mediterraneo si potrebbe "somalizzare" e lo Stato
Islamico potrebbe puntare sull’attacco e il sequestro di yacht e
mercantili per finanziarsi e colpire gli interessi dei “crociati”.
Nel documento si fa riferimento al fatto che l’IS ha
preso il controllo di porti e imbarcazioni in Libia facendo presagire
"la possibilità che si possa ripetere lo scenario che ha visto
protagonista la regione marittima tra la Somalia e Aden negli ultimi
dieci anni". E ancora: "barche veloci potrebbero attaccare pescherecci,
navi da crociera piccoli mercantili e imbarcazioni delle guardie
costiere". Quest’ultima ipotesi si è già concretizzata due settimane or
sono quando scafisti armati di kalashnikov hanno imposto con le armi a
una motovedetta della Guardia Costiera italiana di imbarcare gli
immigrati clandestini lasciando loro il gommone con cui sono rientrati
(impuniti) in Libia.
Un episodio che potrebbe anticipare un vero e
proprio abbordaggio a unità navali italiane di piccole dimensioni, con
equipaggio ridotto e prive di armamento impegnate a salvare immigrati.
L'obiettivo di azioni piratesche sarebbe "catturare prigionieri da
esibire in tute arancioni" e chiedere riscatti per il loro rilascio o
fare pressioni sui governi dell'area, secondo il rapporto.
Rispetto alla pirateria in Somalia, ridotta ai
minimi termini grazie a un massiccio impiego di flotte militari
internazionali e alla capillare presenza di guardie armate sui
mercantili, la pirateria dalle coste della Libia potrebbe godere di
maggiori vantaggi quali un traffico commerciale e turistico ben più
intenso di quello dell’Oceano Indiano, acque più calme in grado di
garantire scorribande tutto l’anno e la possibilità di utilizzare gli
immigrati clandestini come scudi umani.
Secondo l'ammiraglio britannico Chris Parry "i nuovi
pirati" sono maggiormente armati rispetto ai loro "colleghi somali".
Hanno missili terra-aria, pericolosi per gli elicotteri, e armi che
rendono più complessi gli interventi. Inoltre nel Mediterraneo transita
il 15% dell’intero traffico marittimo globale: sarebbe quindi
impossibile proteggere tutte le imbarcazioni e, anche grazie ai tagli ai
bilanci della Difesa degli ultimi anni, sarebbe difficile (oltre che
costosissimo) disporre a tempo pieno di un numero di navi da guerra
sufficiente a controllare e bloccare le coste libiche.
Parry già nel 2006 aveva evidenziato in un rapporto
il rischio che “entro dieci anni i pirati nordafricani avrebbero avuto i
mezzi per attaccare imbarcazioni e spiagge nel Mediterraneo”. Una
minaccia che ci riporta indietro di secoli, all’epoca delle incursioni
dei mori sulle coste italiane e del sud Europa anche se in realtà gli
ultimi abbordaggi pirateschi nel Mediterraneo vennero attuati da ciurme
albanesi che nel 1997 attaccavano le imbarcazioni turistiche durette a
Corfù dal porto di Saranda, a sud di Valona.
Anche l’ammiraglio statunitense James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, considera l’Italia particolarmente esposta alla minaccia e, intervistato dal Sunday Times,
ha ribadito la possibilità già più volte ventilata che i jihadisti
“possano infiltrarsi tra i migranti clandestini o semplicemente decidere
di sbarcare sulle coste italiane per conto proprio”. Stavridis ricorda
che nelle attuali condizioni l'Italia potrebbe richiedere in base
all'articolo 4 del Trattato Nato una consultazione con gli alleati per
ottenere garanzie per la propria integrità territoriale. Minacce
all'Italia arrivano del resto direttamente da siti web vicini ai
jihadisti. In un messaggio rinvenuto da Site un militante mette in
guardia l'Italia dall'entrare in guerra contro l'Isis per evitare che il
Mediterraneo sia “arrossato dal sangue dei suoi cittadini”.
Un pericolo che sembra preoccupare il turismo marittimo di lusso come conferma il Consorzio "Rete Porti Sardegna" che accusa però l’articolo del Sunday Times di spaventare i turisti.
"Diversi affezionati clienti internazionali - spiega il Consorzio - ci hanno segnalato preoccupati un articolo apparso sul Sunday Times
del 22 febbraio. Considerato che la Sardegna e la Corsica rappresentano
la prima destinazione mondiale estiva per i più grandi e lussuosi yacht
esistenti appare evidente che questo allarme può dirottare questo
importantissimo target per il turismo nautico della Sardegna verso altri
bacini”. L'auspicio è che si faccia chiarezza al più presto. Prima
dell'estate. "Ci si augura - spiega il Consorzio - che le istituzioni
militari e di pubblica sicurezza italiane, europee e della Nato, possano
replicare rapidamente ed efficacemente alle affermazioni rilanciate dal
giornale assicurando che, perlomeno nella sponda europea del
Mediterraneo, la sicurezza della navigazione è assolutamente garantita,
con un dispositivo militare, sia al traffico commerciale che a quello
diportistico".
In assenza di un intervento militare internazionale
sul suolo libico l’unico modo per contrastare eventuali attacchi dei
pirati è attuare una sorta di blocco navale delle coste e dei porti.
Finora gli unici a porsi il problema sono gli egiziani che stanno
effettuando con la loro Marina un controllo molto intenso delle acque
fino al porto di Bengasi soprattutto per impedire l’afflusso di armi ai
miliziani jihadisti.
In Italia la presenza della Marina Militare a ridosso delle coste libiche
potrebbe consentire di tenere sotto stretto controllo ogni imbarcazione
in uscita dai porti libici bloccando i traffici di immigrati come
eventuali imbarcazioni pirata. Come ha più volte sottolineato la NBQ,
la nostra Marina Militare dispone di mezzi e personale in grado di
sostenere questa missione a cui potrebbero affiancarsi anche forze
alleate interessate a garantire la sicurezza dei traffici marittimi e a
impedire ai jihadisti di continuare ad arricchirsi.
Uno sforzo a cui potrebbe unirsi pure la flotta russa,
che schiera una squadra navale nel porto siriano di Tartus e ha
ottenuto l’uso dei porti ciprioti per le navi "che partecipano alle
operazioni di lotta al terrorismo e alla pirateria internazionale" come
ha detto Vladimir Putin incontrando ieri il a Mosca il presidente
cipriota Nicos Anastasiades.
fonte: http://www.lanuovabq.it
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