E’ possibile che due noti istituti di ricerca ed elaborazione
dati esaminino la medesima situazione sociale ed economica estrapolando
conclusioni contrastanti? La risposta è sì, e questo offre l’assist
all’oratoria politica di usarli a proprio vantaggio o contro
l’interlocutore nelle varie platee televisive, spesso confondendo le
idee del pubblico.
Prendiamo il report del Centro studi di Confindustria:
espone una visione ottimistica grazie alla svalutazione dell’euro, alla
caduta del prezzo del petrolio e in ultimo al QE lanciato dalla BCE
(1100 miliardi in 18 mesi). Tutto questo secondo il centro studi di
Confindustria è ossigeno puro per il PIL italiano che dovrebbe crescere
del 2.1% già quest’anno, e del 2.5% per il prossimo (stime prudenziali
ovviamente).
Messa in questi termini tutto va benissimo, tuttavia il Centro studi di Confindustria commette un errore, quello
di elaborare i dati senza tenere conto della reale situazione del
Paese. L’errore è l’approccio lineare degli indicatori, mentre nella
realtà l’andamento economico non è né lineare né stabile.
Per esempio il petrolio: la discesa del prezzo del petrolio
manifesta l’azzeramento dei profitti delle aziende produttrici di oro
nero. Ci si dovrebbe aspettare un trasferimento di ricchezza, e
invece nonostante alcune aziende petrolifere (specie in USA) chiudono,
il consumo di petrolio cala a velocità mostruosa (siamo ai livelli della
metà degli anni settanta).
Il consumo è contagiato dalla crisi non dal prezzo; e per rispondere a chi è pronto con l’obiezione
che si sono sviluppate energie alternative, rispondiamo che questo
(seppur vero) allora determinerebbe un impatto non sufficiente ad
annunciare un aumento così importante del PIL nazionale. A questo, poi,
aggiungiamo che meno benzina si vende meno lo Stato guadagna (due terzi
del prezzo reale alla pompa è composto di accise).
Stesso discorso vale per la svalutazione dell’Euro
che favorisce sicuramente le esportazioni, ma non incide per niente sui
consumi interni. Se poi vogliamo anche parlare del QE, servirà
principalmente a sistemare i bilanci delle banche e un recupero di utili
per quest’ultime attraverso operazioni speculative, niente a che vedere
con l’economia reale.
Ora guardiamo il rapporto Italia 2015 di Eurispes: l’81.8
degli italiani conferma un peggioramento della situazione economica del
Paese, il 50% è convinto che seguiterà a peggiorare ben oltre i
prossimi dodici mesi. Il 47.2% delle famiglie fatica ad arrivare alla
quarta settimana, il 62.8% utilizza le disponibilità accantonate per
quadrare i conti mensili, il 70% della popolazione ha totale sfiducia
nelle istituzioni. Questa fotografia del mondo reale, sovrapposta a
quella dello scorso anno, fa risaltare subito una differenza
preoccupante: dodici mesi fa il 25% degli italiani auspicava l’uscita
dalla moneta unica, oggi la percentuale sfiduciata è arrivata al 40%.
Quello che in teoria qualche anno fa era solamente un sospetto,
cioè che la moneta unica era lo strumento per moltiplicare gli
interessi di alcuni Paesi su altri, oggi si trasforma nella realtà dei
fatti, e quindi il giudizio degli individui non è più solamente
economico ma soprattutto morale. Per questo motivo gli oligarchi si sono
dovuti affrettare a considerazioni violente come: “L’euro è
irreversibile”.
L’irreversibilità è un concetto violento e lontanissimo da ogni principio democratico,
l’Europa è in “testa-coda” a causa di procedure errate e avulse
dall’impatto sociale prima ancora che economico. Con tutta questa
sfiducia e scarsa considerazione dello spessore morale degli oligarchi è
realisticamente complicato osservare una “spinta” emotiva necessaria
per la crescita. Chi è disposto a credere nelle promesse future dopo che
si sono consumati almeno sette anni di tradimenti e d’ingiustizie? Con
quale entusiasmo (e denaro) un commerciante o un industriale sarebbe
disposto ad avviare un’attività?
Confindustria ed Eurispes guardano lo stesso “mondo” con occhio diverso,
il primo con animo ottimistico ma poco attinente alla realtà, il
secondo fotografa la situazione visibile senza abbandonarsi a
considerazioni. La realtà ha bisogno di rinnovamento, riforme radicali e
sostanziosi colpi di “pialla” verso realtà che improduttivamente si
sono arricchite smodatamente approfittando della situazione. Vedere i
ristoranti pieni nascondendo l’impoverimento di chi è oggi destinato
solo a schiacciare il naso sulle vetrine dei locali è stato uno scandalo
difficile da digerire.
di Luca Lippi - 24 febbraio 2015
fonte: http://www.intelligonews.it
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