«Non
avrai molto tempo per capire e fare le cose. Il tempo che ci dànno,
quella cosa chiamata vita, dura troppo poco. E cosí bisogna che tutto
accada molto in fretta.» Uno spirito intraprendente, caparbio,
costantemente alla ricerca della verità, della provocazione, di quella
sana irrequietezza che dà modo alla vita di procedere col maggior
entusiasmo possibile, uno spirito intrepido e coraggioso, selvaggio e
austero come quello d’Oriana Fallaci, ha una prima
grande ossessione: il tempo. Il tempo della Storia, il tempo della
realtà, il tempo che scorre inesorabile e che non basta mai, il tempo
che scandisce le tappe d’un’esistenza coll’E maiuscola, quella d’una
donna che ha saputo fare della propria vita un’avventura emozionante e
spericolata.
Attraverso le pagine limpide e appassionate di Cristina De Stefano — Oriana. Una donna,
edito da Rizzoli — possiamo recuperare il ritratto della Donna per
eccellenza, colei che attirò i complimenti piú sinceri, le critiche piú
spietate e le maledizioni piú acerbe. Oriana, il cui nome tradisce già
un livello culturale superiore — i genitori, poveri ma appassionati di
letteratura, lo scelgono pensando alla duchessa di Guermantes di Proust
—, fin da piccola fu educata dal padre Edoardo a non aver paura di
niente e di nessuno, mai. Questa primogenita crebbe — dice la De Stefano
— come un soldato, e da soldato Oriana combatté tutta la vita,
impugnando come arma letale il proprio carattere, la grinta che la
contraddistinse e che le regalò la fama in tutto il mondo. Se l’infanzia
della Fallaci fu abitata soprattutto dal ricordo della durezza, non di
meno in età adulta Oriana farà sempre i conti con quel ghiaccio
superficiale che rivestí le sue fragilità e insicurezze. Perché,
prim’ancora che scrittrice, giornalista e corrispondente di guerra, era
un essere umano, e come tutti gli esseri umani guerreggiava
quotidianamente con sé stessa.
Se sbarcare all’Europeo fu la
mossa chiave che le permise di farsi un nome a livelli internazionali,
riuscí, audace e volitiva, a raggiungere l’obiettivo che s’era
prefissata in un tempo record, divenendo ben presto corrispondente
politica. Ed è qui che nasce la vera Fallaci, la tagliente dama del
giornalismo italiano, la Fallaci che non perdona, la Fallaci che
provoca, che osa, che vuol sapere, la Fallaci che lotta e ottiene. Le
sue interviste a Kissinger, Arafat, Golda Meir, Indira Gandhi, Ali Bhutto passeranno alla storia e saranno pubblicate proprio nel volume Intervista con la storia.
Tra queste, una in particolare ci dà l’opportunità d’inquadrare la
grande donna che si cela (ma non troppo) dietro la graffiante
giornalista: l’intervista a Khomeini, durante la quale Oriana, con un gesto di stizza, si toglierà il chador,
il velo che indossano «le donne giovani e perbene», come le rimproverò
l’imam, infastidito dalle insistenti domande dell’intervistatrice sulla
condizione femminile in Iran. Il giorno dopo, quando
ripresero il colloquio interrotto bruscamente da Khomeini, Oriana, senza
batter ciglio, tornò all’attacco: «Ora, imam, riprendiamo da dove
abbiamo lasciato ieri. Stavamo parlando del fatto che io sono una donna
indecente…».
Questa era Oriana. La stessa Oriana che
affrontò la guerra del Vietnam e rischiò la vita, la stessa Oriana che
soffrí terribilmente per amore e per i ripetuti aborti, la stessa Oriana
di cui Indro Montanelli disse: «Se Oriana
intervistasse Dio, gli chiederebbe la carta d’identità. Se dovessi
intervistare io la Fallaci, non gliela chiederei, perché certe domande
può farle solo la Fallaci».
Alle prese con una personalità di ferro e
fuoco, indaffarata a tenere sotto controllo una vita da guerriera e da
militante convinta, la donna Oriana non si rivelerà, in questo libro,
semplicemente un’artista della parola, né sarà solo colei che, durante
le interviste televisive, riesce a ribaltare i ruoli senza vergogna né
pudore, mettendo l’intervistatore in difficoltà di fronte alla razionale
e logica aggressività di quello che lei definí Il sesso inutile. Perché Oriana è altro: è la mamma mancata della Lettera a un bambino mai nato; è l’amante sofferente d’Un uomo, Alekos Panagoulis; è la malinconica figlia d’Un cappello pieno di ciliege. Oriana è immensa, infinita, inarrestabile. Eterna.
Con un piglio vivace e armonioso, un
incedere elegante e garbato quanto basta, la De Stefano è riuscita
nell’intento di donarci il ricordo d’una toscanaccia indistruttibile,
ripercorrendo tutta la sua storia, dalla nascita alla morte, e usando un
linguaggio semplice e immediato, proprio come quello d’Oriana, sempre
memore del consiglio della madre Tosca: «Quando la gente legge quel che
scrivi, deve capire! Devi essere chiara a tutti, anche agl’ignoranti
come me!». E la De Stefano, cosí come lo fu la Fallaci, è stata chiara a
tutti, anche ai giovani, a quelli che sperano, a quelli che stanno per
intraprendere la lotta con la vita, ai giovani sani, arrabbiati e
tenaci. È un libro che insegna a volersi bene e al contempo insegna
l’arte del sacrificio; insegna a coltivare l’entusiasmo e la voglia
d’investire in sé stessi, per sé stessi.
Una Donna che visse al galoppo e morí in piedi. «Sono alla fine, […] e voglio morire a Firenze. E ora ci siamo. Ma morirò in piedi, come Emily Brontë.»
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