La piazza pro immigrazione del partito dell’Anti Nazione. Il nemico dei
sinistri resta l’Italia e il suo popolo. Serve un’opposizione libera da
paure e sensi di inferiorità culturale è il tempo di un fronte degli
italiani di Roberto Pecchioli
La piazza pro immigrazione del partito dell’Anti Nazione
Il
candidato alla segreteria Andrea Orlando, benché relativamente giovane –
è del 1969 – è il classico vecchio comunista ligure. Cresciuto fin da
adolescente nelle sezioni del Bottegone, parla spesso delle sue giornate
di venditore porta a porta dell’Unità. I comunisti liguri si
distinguono dagli altri per un inossidabile stalinismo, per una sorta di
mistica operaista fuori tempo massimo, nonché per una speciale
inclinazione ad un rancoroso pedagogico moralismo verso il nemico di
classe, mai rielaborato come semplice avversario.
Orlando,
che è ministro di Giustizia, ha proposto una manifestazione a favore
degli immigrati, affermando che, oltre all’inevitabile “solidarietà”,
rappresenterebbe un forte segnale identitario della sinistra. Con
prudenza, da parte renziana le prime risposte sono freddine, ma non c’è
dubbio che la mobilitazione ci sarà. Quel che resta dell’Unità titola
trionfante, a proposito dell’iniziativa di Orlando, “Noi non abbiamo
paura”. Per loro, l’unico sentimento diverso dal razzismo che
riconoscono agli avversari dell’immigrazione massiva nonché apertamente
sostitutiva è la paura. Del diverso, dell’altro da sé, forse dell’uomo
nero.
Non
sono cambiati, i compagni. In psicologia il termine “bias” indica un
tunnel della mente, una griglia interpretativa non necessariamente
corretta attraverso la quale si filtrano le informazioni possedute in
modo da porre maggiore attenzione su quelle che confermano le proprie
convinzioni. Confessiamo di avere un personale bias da mezzo secolo,
cioè dall’infanzia: comunisti e sinistri di tutte le specie sono quelli
che stanno sempre dalla parte di quegli altri.
Nel
lontanissimo 1966, in vacanza tra i monti toscani, in una zona operaia
dove il roccioso PCI aveva almeno il 60 per cento dei consensi, un
bambino di pochi anni che oggi scrive queste righe piangeva perché la
nazionale italiana di calcio perdeva ai mondiali in Inghilterra.
Soprattutto, non capiva come mai la stragrande maggioranza delle persone
ne fosse invece tanto felice, esultante al famoso gol della Corea del
Nord ed alla vittoria dell’Unione Sovietica contro gli azzurri. Il babbo
spiegò faticosamente che quelli erano comunisti, come l’URSS ed i
piccoli coreani. La conclusione di quel bimbo fu che i comunisti erano
nemici “nostri” e dell’Italia. Il papà reduce di guerra rispose al
figlio che era proprio così.
Stanno
sempre dalla parte opposta: l’invidia per chi costruisce qualcosa e ne
gode i frutti, il disprezzo della civiltà in cui sono nati, l’odio vero e
proprio per ciò che non corrisponde agli schemi mentali precostituiti
ed indiscutibili dell’Intellettuale Collettivo non sono affatto
cambiati. Stavano con l’URSS che aveva missili puntati contro le nostre
case, detestavano la bandiera ed i simboli nazionali; formavano veri e
propri cordoni sanitari, sul lavoro, nei confronti di chi non fosse
iscritto al loro sindacato, deridevano chi la domenica frequentasse la
messa. Oggi, hanno due idoli: gli omosessuali e gli immigrati. E poiché
anch’ essi hanno i loro “bias”, chi non la pensa come loro può soltanto
essere un malvagio o un soggetto pervaso da paure illogiche o
irrazionali. Loro, che hanno capito tutto, continuano a ragionare in
termini psichiatrici: l’altro deve essere un pazzo, un fobico, oppure,
se gli viene riconosciuta la sanità mentale, è un volgare o prezzolato
difensore di sporchi interessi.
Intanto,
è servito chi avesse creduto alla ridicola panzana del Partito della
Nazione. Il ministro di giustizia si schiera a favore degli stranieri e
contro i connazionali, colpevoli, presumiamo, di non accordare il 100
per cento dei voti al Botteghino democratico, che nel cuore e nell’anima
sua e di moltissimi altri non è che il PCI che ha cambiato all’anagrafe
un nome divenuto imbarazzante ,non più finanziato in rubli sovietici,
ma in ottimi dollari dei finanzieri senza terra. Dettagli,
evidentemente.
Il
nemico dei sinistri resta l’Italia, il suo popolo, la civiltà europea.
L’attitudine nei confronti dell’immigrazione ne è la plateale conferma.
Occorre, a dire il vero, un’autocritica, o almeno una precisazione di
capitale importanza, in materia.
E’
giusto e saggio opporsi all’immigrazione, specialmente nella misura e
con le modalità di cui siamo spettatori e vittime, ma mantenendo il
rispetto umano per l’immigrato. Il nemico non è lui, ma l’enorme
apparato economico, finanziario, ideologico che impoverisce vaste aree
della terra, fomenta, anzi organizza guerre, carestie, sfruttamento per
poi promuovere immensi movimenti di masse umane verso il Nord del
pianeta. E’ la legge dell’acqua, si va dove si può bere.
Dunque,
difendere se stessi dall’invasione non è paura, o cattiveria, ma amor
proprio, rispetto di chi si è stati e di ciò che vorremmo lasciare in
eredità. E’ anche elementare prudenza e buon senso, giacché la capacità
di ospitare, assorbire, integrare stranieri è ampiamente esaurita. Non
siamo tanto ingenui da accettare in toto l’equazione meno stranieri
uguale meno disoccupazione, meno delinquenza. E’ del tutto evidente che
in alcuni settori, come l’assistenza alla persona, gli stranieri colmano
vuoti e risolvono problemi. In molti altri, al contrario, essi
alimentano la corsa al ribasso, lo schiavismo, il nuovo rivoltante
caporalato, il dumping sociale che permette a troppi di pagare
cinque, quattro, tre euro per un’ora di lavoro in tanti settori. Poi ci
sono l’enorme impatto sulla prostituzione, con sconvolgente riduzione in
schiavitù, sulla criminalità alimentata dal disagio sociale (oltreché
dall’impunità che dovrebbe spiacere ad Orlando ministro della
giustizia), e sorvoliamo sugli incalcolabili costi economici in materia
di sanità, assistenza, previdenza, rimesse di miliardi nei paesi
d’origine.
Resta,
drammatica, la domanda psicologicamente scorretta, forse il nostro
bias. Perché preferiscono gli stranieri ai connazionali? Innanzitutto
perché “quelli” detestano la nazione, e lavorano attivamente, specie
quando indossano fasce tricolori o altre vesti istituzionali, per
affossarla. Un altro motivo, bassamente legato al consenso, è che gli
stranieri sono il goloso bacino elettorale del futuro prossimo, e,
ragione ancora più terra terra, votano alle primarie del PD. Il passato
ne è la prova: cinesi a Milano, sudamericani a Genova, zingari anzi
nomadi rom un po’ dappertutto, i vuoti lasciati dagli italiani vengono
riempiti dai faccendieri democratici mobilitando i capi bastone di
comunità estere beneficate in vario modo a spese nostre.
Più
in profondità, tuttavia, trionfa l’odio di sé, il rancore antico nei
confronti della civiltà e della cultura europea ed italiana, mascherato
da internazionalismo, solidarietà, filantropia. Sono i bigotti di una
religione secolare che non ammette eretici o miscredenti, quella dei
Diritti, dell’Universalismo, dell’Umanità. Tutto, sempre, in lettere
maiuscole, lo impone il senso della Storia!
Orlando
e l’Unità assumono come modello una recente manifestazione tenuta a
Barcellona in nome dell’accoglienza. Fingono di ignorare che in
Catalogna le mobilitazioni di piazza degli ultimi anni hanno tutte un
convitato di pietra, il secessionismo anti spagnolo declinato in odio
per la patria comune sino alla preferenza per gli stranieri. In questo
concordano tanto la forte sinistra locale quanto la borghesia mercantile
e finanziaria che detesta Madrid. Lì, almeno, è chiara quanto
paradossale l’alleanza tra un acceso nazionalismo locale ed una sinistra
nipote della guerra civile accecata dall’avversione per lo stato
nazionale. Da noi, le cose sono in fondo più semplici: l’immigrazione ha
molti amici, non solo a sinistra e non solo in chiesa, e poi c’è un
popolo. Forse…
Il
punto, l’enigma da risolvere è se questo popolo che è il nostro voglia
vivere, se preferisca ancora se stesso al Grande Altro che avanza. In
questo senso, l’iniziativa di Orlando potrà almeno servire a chiarire le
idee, definendo gli schieramenti.
E’
fortissimo, diffuso e trasversale il Partito dell’Anti Nazione. Serve
un’opposizione, libera da stupide paure, da sensi di inferiorità
culturale, lontana dalle menzogne politicamente corrette. E’ il tempo di
un fronte degli italiani che amano, preferiscono, difendono se stessi.
Quando, se non adesso? L’alternativa è tra vita e suicidio. Non è detto
che quest’Italia preferisca se stessa, ma dobbiamo costringerla alla
scelta.
L’amore
di sé, l’identità, a rigore di psicologia cognitiva, forse non sono che
un “bias di conferma”, una semplice griglia interpretativa di credenze
che permettono di vivere. Secondo i soliti studiosi progressisti, si
tratta di un pregiudizio che coinvolge anche persone intelligenti ed
aperte, ma, rispondiamo noi, è quello che ci rende ciò che siamo.
Se
poi l’intelligenza e l’apertura significano essere nemici di se stessi,
evviva la chiusura mentale ed il basso Q.I. (quoziente intellettivo).
Almeno, permette di essere diversi da Orlando, Laura Boldrini e
monsignori vari.
Roberto Pecchioli
In redazione il 14 Marzo 2017
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