Sei anni dopo la catastrofe nucleare di Fukushima. Vivere radioattivi quanto basta per non morire.
Il racconto dell’agenzia Reuters, da Namie, una cittadina costiera giapponese a quattro chilometri da Fukushima, ora quasi deserta dopo il disastro del 2011. Un gruppo di operai ripara una casa danneggiata, e si preparano ad accogliere il ritorno dei residenti. Non molto lontano, due cinghiali si sono intrufolati nel giardino di qualcuno, in cerca di cibo. Ma sono animali radioattivi, pericolosi. Tutto ciò che vive lì attorno è potenziale pericolo.
Il racconto dell’agenzia Reuters, da Namie, una cittadina costiera giapponese a quattro chilometri da Fukushima, ora quasi deserta dopo il disastro del 2011. Un gruppo di operai ripara una casa danneggiata, e si preparano ad accogliere il ritorno dei residenti. Non molto lontano, due cinghiali si sono intrufolati nel giardino di qualcuno, in cerca di cibo. Ma sono animali radioattivi, pericolosi. Tutto ciò che vive lì attorno è potenziale pericolo.
Ritorno al futuro,
sarebbe la speranza. Partendo da sei anni addietro quando in
quell’angolo di Giappone scoprirono un futuro da inferno. In origine i
residenti di Namie erano 21.500, ma solo poche centinaia progettano di
tornare nelle loro case. E, traduzione su Internazionale, leggiamo che
ad appena quattro chilometri di distanza dallo stabilimento nucleare,
Namie è stata la prima città a essere bonificata per il ritorno dei
residenti. Ma il Giappone della primavera fiorita finisce qui.
La vita in città non sarà più la stessa: le radiazioni hanno
contaminato molte aree che non saranno mai più abitabili. Inoltre più
del 50 per cento degli abitanti ha deciso di non tornare. Le loro
preoccupazioni riguardano le radiazioni e la messa in sicurezza
dell’impianto nucleare. La maggior parte di chi ha già deciso di non
tornare ha meno di 29 anni, di conseguenza la popolazione futura sarà
costituita da anziani e la città sarà senza bambini.
Il livello di radiazioni a Namie è di 0,07 microsievert (un
milionesimo di sievert) per ora, simile al resto del Giappone. Ma nella
vicina città di Tomioka, un dosimetro segna 1,48 microsieverts per ora,
trenta volte quella segnalata nel centro di Tokyo. Perché l’annullamento
del piano di evacuazione sia ufficiale, il livello deve essere
inferiore a 20 millisievert (un millesimo di sievert) per anno. Vivere
con un dosimetro appeso al collo?
Il sindaco di Namie Tamotsu Baba spera di riuscire a riattivare
l’industria e l’economia attirando imprese di ricerca e robotica. Le
prospettive per la rinascita del business non si realizzeranno a breve,
ma il presidente della compagnia di legnami Munehiro Asada ha riaperto
la sua fabbrica per favorire la ripresa economica della città. “Ora le
vendite non raggiungono nemmeno il decimo di una volta, ma aprire la
fabbrica era la mia priorità. Se nessuno tornerà, la città sparirà”.
La stessa città letta da altri
Sampre Namie, e sempre a quattro chilometri di distanza dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Per un altro racconto, uno dei problemi grandi da affrontare sono i cinghiuali che, in assenza dell’uomo, hanno proliferato. Come attorno allas spazzatura di Roma che li ha chiamati in città. Peccato che a Namie di cinghiali ce ne sono centinaia che arrivano alla città scendendo da zone considerate radioattive dove hanno vissuto per anni e di conseguenza lo sono anche loro.
Sampre Namie, e sempre a quattro chilometri di distanza dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Per un altro racconto, uno dei problemi grandi da affrontare sono i cinghiuali che, in assenza dell’uomo, hanno proliferato. Come attorno allas spazzatura di Roma che li ha chiamati in città. Peccato che a Namie di cinghiali ce ne sono centinaia che arrivano alla città scendendo da zone considerate radioattive dove hanno vissuto per anni e di conseguenza lo sono anche loro.
Sembra cronaca di casa, sono che qui c’è poco da sorridere. Kimiko de
Freytas-Tamura sul New York Times: «Scendono nelle città, saccheggiando
le coltivazioni intrufolandosi nelle case. In certi casi hanno anche
attaccato degli uomini. Ma, forse, la cosa più pericolosa di tutte, è il
loro essere radioattivi». Secondo alcuni test fatti dal governo
giapponese, alcuni dei cinghiali dell’area avrebbero livelli di
cesio-137 300 volte più alti rispetto a quelli ritenuti accettabili
dagli standard di sicurezza.
La guerra al cinghiale. A Tomioka, una delle città della zona, c’è un
gruppo di 13 persone che ha l’incarico di uccidere quanti più cinghiali
possibili. Le autorità di Tomioka, un’altra città dell’area, hanno
detto di averne uccisi 800 e a Soma sono stati predisposti inceneritori
per brucare le carcasse ed evitare di disperdere cesio nell’ambiente.
Cinghiali, problema principale, ma nelle aree vicino alla centrale ci
sono anche altri animali. I ratti ad esempio.
Film Horror. Colonie di ratti radioattive che si sono sviluppate nei
supermercati abbandonati. È una cosa che era successa e continua a
succedere anche dopo il disastro di Chernobyl: nell’area di alienazione,
quella in cui fu vietato l’accesso agli umani, la popolazione animale è
molto aumentata. Non è che gli animali sono immuni alle conseguenze
delle radiazioni. Loro traggono vantaggio dall’assenza dell’uomo ma
diventano loro stessi veicolo di minaccia radioattiva, morendo a poco a
poco e contaminando.
Utile spaccato di realtà dentro la nostra modernità ad energia
nucleare. Pur che sia chiaro a tutti di cosa stiamo parlando e a cosa
potremmo dover andare incontro.
fonte: http://www.remocontro.it
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