In una scuola
primaria dell'Istituto Comprensivo "Alda Merini" di Scanzorosciate, in
provincia di Bergamo, si sono tenuti dei corsi di "educazione affettiva"
rivolti alle quarte e alle quinte, in cui si è parlato di
masturbazione, uso del preservativo, omosessualità, identità di genere e
sesso orale. In particolare le spiegazioni su quest'ultimo "contenuto"
hanno suscitato malessere e disagi tra alcuni bambini. I corsi sono
stati tenuti da un'esperta di educazione sessuale del consultorio
diocesano "Scarpellini", la quale proprio ieri ha presentato un suo
progetto in un'altra scuola di Bergamo.
Tutto è venuto a
galla dalla reazione di alcuni bambini di 9 e 10 anni, che dopo quella
che doveva essere un’ordinaria mattinata tra i banchi sono usciti da
scuola agitati, imbarazzati, a disagio, e ripetendo di continuo “che
schifo, che schifo”.
Siamo a Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, per
la precisione all’Istituto Comprensivo “Alda Merini” e quella mattina,
nella primavera del 2018, le classi di quarta elementare hanno
affrontato un corso di educazione affettiva. Il corso era stato
preventivamente presentato ai genitori della scuola dalla stessa persona
che avrebbe poi educato i bambini, Francesca Barcella, un’esperta in
educazione sessuale del consultorio familiare diocesano “Costante
Scarpellini” (Fondazione Angelo Custode Onlus), che fa capo alla Curia
di Bergamo.
«Nel corso dell’incontro di presentazione - spiegano i
genitori che ci hanno contattato - ci era stato presentato un percorso
incentrato sull’affettività dei bambini: la loro relazione con i
compagni e la gestione dei conflitti, la conoscenza del proprio corpo e
delle emozioni ad esso legate». In effetti, sul sito della scuola, alla
voce «educazione all’affettività» si legge che le finalità sono quelle
di «conoscere ed esprimere le proprie emozioni, avvertendo i propri e
gli altrui stati d’animo, e avviarsi a sviluppare relazioni
interpersonali positive, centrate sull’ascolto, sul dialogo,
sull’espressione del proprio pensiero, nel riconoscimento di quello
degli altri».
Davanti alle spiegazioni dell’esperta all’incontro di presentazione,
nessun genitore aveva sollevato obiezioni. Ma i disagi manifestati dai
bambini hanno portato alcune famiglie a volerne sapere di più: hanno
così scoperto che in classe si era parlato di sesso orale,
masturbazione, uso del preservativo per non avere figli, omosessualità -
presentata come un fatto normale - e identità di genere, altro concetto
tipico dell’ideologia gender che presuppone il cosiddetto “cambiamento”
di sesso rifiutando quello proprio biologico. È stato in particolare il
modo in cui si è parlato di sesso orale a suscitare malessere tra i
piccoli.
«I bambini ci hanno spiegato che in classe era stata posta una scatola dove poter inserire foglietti con le domande anonime»,
spiega Elena Pisani, portavoce della sezione bergamasca di Generazione
Famiglia, «e in uno di questi foglietti c’era la domanda “che cosa è una pippa?”», domanda a cui l’educatrice, scambiando il termine per sesso orale, «avrebbe risposto parlando di “baci particolari che si danno gli adulti nelle parti intime”».
Inoltre, come aggiunge la portavoce di Generazione Famiglia, «tutto
questo è stato spiegato con un linguaggio così esplicito da imbarazzare
diversi bambini che non hanno voluto parlare con i genitori. Ora alcune
famiglie chiedono di essere tempestivamente informate sui corsi
destinati ai loro figli riguardanti tematiche sensibili e intime, come
da Nota Miur 19534 del 20 novembre 2018, che introduce importanti
modifiche sul consenso informato. Vigileremo affinché venga rispettata
la libertà educativa della famiglia».
A seguito di ciò un gruppo di genitori ha deciso di chiedere un chiarimento
al dirigente scolastico Luigi Airoldi: il risultato è stato un incontro
tra lo stesso preside, i genitori e la Barcella, cioè la già citata
esperta di educazione sessuale. «Abbiamo chiesto come mai non fossero
state filtrate le famose domande anonime messe nella scatola, tenendo in
considerazione che le risposte sarebbero state dirette a bambini di 10
anni», racconta Michela Ferrari, mamma di una delle bimbe in classe. «E
ci è stato risposto che ai bambini bisogna dare delle risposte, specie
in un luogo protetto come la scuola. Noi riteniamo però che parlare di
sesso orale a bambini di 10 anni significhi non rispettare i tempi di
maturazione della persona, e abbiamo ravvisato anche una mancanza di
rispetto per chi si è sentito imbarazzato o a disagio per il modo in cui
si parlava di sessualità, per le pratiche che venivano spiegate in
maniera esplicita. Inoltre mi chiedo come mai, pur di fronte alle nostre
esplicite richieste, non è stato possibile visionare il modulo di
presentazione del progetto, i supporti didattici utilizzati, il
materiale prodotto durante l’incontro», spiega Michela, aggiungendo che a
scuola le hanno fatto vedere solo alcuni cartelloni disegnati dai
bambini.
Dopo l’incontro con l’educatrice del consultorio c’è stato un carteggio tra i genitori e Airoldi:
in particolare il dirigente scolastico, con una raccomandata del 12
giugno 2018, ripercorre i principali passaggi formali che hanno condotto
all’approvazione del corso, dall’attuazione di quanto contenuto nel
piano triennale di offerta formativa 2016/2019 fino al momento in cui è
stato condiviso e approvato dal “Comitato genitori Scuole Primarie di
Scanzorosciate”. Nella stessa raccomandata il dirigente scolastico
illustra gli obiettivi del corso affidato alla Barcella: «Approfondire
la conoscenza dei cambiamenti fisiologici legati allo sviluppo sessuale,
conoscere il funzionamento dell’apparato riproduttivo, esplorare e
condividere le principali emozioni legate al processo di cambiamento,
conoscere le diversità e le identità di genere, favorire occasioni di
confronto tra ragazzi e ragazze su comuni esperienze di crescita e
cambiamento (fisico, psichico ed emotivo), incontrare e rispettare le
specificità dell’altro: maschio e femmina».
Nulla di nuovo, purtroppo, nel senso che questi contenuti
generici - che raramente saltano agli occhi - si tramutano il più delle
volte in corsi pieni di insidie che finiscono con il causare
una sessualizzazione precoce dei bambini, del resto già
irresponsabilmente sdoganata dagli standard dell’Oms per l’educazione
sessuale in Europa, violando la loro innocenza e arrivando perfino a
parlare loro - come il preside ha messo nero su bianco nella sua lettera
- di «identità di genere»: sfortunatamente non tutti lo sanno ma come
accennato sopra non si tratta di un concetto innocuo, bensì di un
concetto che è alla base dell’ideologia transessualista.
Un approccio di questo tipo, che espone i bambini ad ascoltare e assimilare contenuti osceni, è già raccapricciante di per sé,
ma fa soffrire perfino di più constatare che venga portato avanti da un
consultorio diocesano (collegato appunto alla Curia di Bergamo), da cui
ci si aspetterebbe un’educazione cristiana capace di trasmettere
l’importanza del senso del pudore e non l’adeguamento alla cultura
dominante.
Tra l’altro non si tratta solo di Scanzorosciate.
Proprio ieri pomeriggio si è svolto un incontro di presentazione sempre
di un corso di educazione all’affettività, rivolto alle scuole primarie
dell’Istituto Comprensivo “Gabriele Camozzi” di Bergamo, a cui hanno
partecipato una trentina di genitori e la stessa Barcella. Alla luce del
metodo seguito a Scanzorosciate, è difficile stare sereni, visto che
non si può far passare per necessario il dare delle risposte su pratiche
e perversioni sessuali a classi magari di 20 o più bambini, solo perché
uno di loro ha scritto una domanda su un bigliettino: quale sarebbe
allora la funzione dell’adulto? Come già faceva notare la mamma
intervistata, il fatto che qualche bimbo ne sappia più degli altri non
significa che anche gli altri piccoli debbano essere esposti a
espressioni e contenuti dannosi.
Ma cosa pensa di tutto questo la Curia di Bergamo?
L’allora delegato vescovile per la pastorale scolastica, monsignor
Vittorio Bonati, dopo aver ricevuto la lettera di alcune mamme e la
documentazione relativa al corso aveva risposto limitandosi a confermare
la sua fiducia nell’operato dell’istituto “Alda Merini” e del
consultorio “Scarpellini”, auspicando nuove occasioni di confronto tra
genitori e scuola.
Sabato pomeriggio abbiamo parlato al telefono con monsignor Giulio Dellavite,
segretario generale e addetto stampa della Curia di Bergamo, che ci ha
detto di conoscere il caso di Scanzorosciate. Non siamo tuttavia
riusciti ad avere un suo giudizio sul fatto che a dei bambini di quarta e
quinta elementare si sia parlato in classe di masturbazione e sesso
orale, perché monsignor Dellavite ci ha rimandato per qualsiasi
informazione a sentire la nuova responsabile della pastorale scolastica,
una laica, la professoressa Daniela Noris, insediatasi lo scorso
settembre. Ieri abbiamo avuto modo di parlare al telefono con la stessa
Noris, che però ci ha spiegato di non conoscere la situazione specifica
dell’istituto di Scanzorosciate e ci ha assicurato che farà delle
verifiche.
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