Il diritto di avere un adeguato luogo di culto è sacrosanto ma, come sottolineato anche da esponenti di altre comunità islamiche, non è chiaro per quale motivo il Caim, che include anche il plurinquisito Centro Culturale Islamico di viale Jenner, dovrebbe essere favorito dalla Giunta comunale con la concessione di uno spazio pubblico, rispetto ad altre associazioni.
Milano, un “venerdì dei diritti” indetto dal Caim che molto ricorda gli ormai ben noti “venerdì della rabbia”, “della vittoria”, “del trionfo” organizzati dai sostenitori pro-Mursi in Egitto o da Hamas nei territori palestinesi. E’ questo ciò di cui necessitano i musulmani milanesi? Difficile crederlo.
Una retorica caratteristica dei Fratelli
Musulmani e legata ad iniziative che molto, troppo spesso, finiscono
per dirottare funzioni e cerimonie di stampo fideistico verso il
politico, mettendo così in evidenza ancora una volta la difficoltà che
certi gruppi islamisti hanno nello scindere la religione dalla politica.
Questa volta in realtà si è anche andato
oltre, con un’emulazione che non soltanto mal si coniuga con la realtà
dell’Islam italiano, ma anche con il resto delle comunità islamiche
presenti sul territorio che non si riconoscono nell’ideologia e nel
modus operandi di certi gruppi dell’Islam politico.
Il diritto di avere un adeguato luogo di
culto è sacrosanto ma, come sottolineato anche da esponenti di altre
comunità islamiche, non è chiaro per quale motivo il Caim, che include
anche il plurinquisito Centro Culturale Islamico di viale Jenner,
dovrebbe essere favorito dalla Giunta comunale con la concessione di uno
spazio pubblico, rispetto ad altre associazioni.
Una scelta responsabile e ponderata
dovrebbe andare oltre l’aspetto finanziario, tra l’altro tutt’ora poco
chiaro, valutando molto bene tutte le relative dinamiche, sia a livello
interno che sul piano internazionale.
Bisogna inoltre tener presente che la
proposta del Caim sembrerebbe non essere l’unica opzione visto che,
oltre all’iniziale progetto di valorizzazione dei centri islamici
presenti sul territorio (probabilmente la più sensata), ci sarebbe anche
l’eventualità di una possibile moschea finanziata da Marocco e
Giordania in zona Certosa.
Malcontento della comunità islamica e ambiguità del Caim
All’inizio di aprile una nostra
inchiesta aveva già messo in evidenza il malcontento all’interno delle
differenti organizzazioni islamiche milanesi per quanto riguarda la
possibile concessione da parte del Comune di Milano dell’area pubblica
del Palasharp, che dovrebbe essere abbattuto per costruire una moschea
in tempo per l’Expo 2015.
Le comunità islamiche milanesi non
appartenenti al Caim sono numerose, alcune anche storiche, dai
senegalesi ai marocchini, dalla Casa della Cultura Islamica alla Coreis e
hanno già fatto notare al Comune che serve una soluzione inclusiva di
tutte le realtà locali, come spiegato al Corriere della Sera da
Abdeljabbar Moukrim, dell’associazione Al Qafila:
“Non siamo contrari al progetto del
Caim, è giusto dare valore a tutte le realtà presenti. Ma se parliamo di
un progetto di moschea che deve nascere su suolo pubblico, nessuno può
avere il diritto di parlare a nome di tutti i musulmani e il Comune non
può intrattenere il dialogo con un solo interlocutore”.
E’ importante tenere presente che negli
stessi luoghi di culto, lo scorso Ramadan, si erano verificate forti
tensioni soprattutto fra fedeli egiziani di opposta tendenza politica e
proprio durante i riti comunitari. L’ultima cosa di cui Milano ha
bisogno è di un luogo di culto politicizzato che non farebbe altro che
creare ulteriori frizioni all’interno della comunità islamica milanese.
L’imam Yahya Pallavicini, vice-presidente della Coreis, aveva inoltre spiegato:
“si teme che il Comune di Milano,
sfruttando l’occasione di Expo 2015, conceda la gestione dello spazio di
preghiera a una sola fazione islamica, con una scelta non condivisa,
che favorirebbe la nascita di un potentato, vicino a qualche paese
islamico e a qualche movimento politico-religioso. Fra i musulmani c’è
il timore che alcuni partiti islamici vogliano questa unica grande
moschea per imporre il proprio potere”.
Il 27 marzo scorso inoltre una lettera
pubblicata su Yalla Italia, un blog delle seconde generazioni, aveva
pesantemente smentito il coordinatore del Caim, Davide Piccardo, che
aveva pubblicamente dichiarato durante un’intervista a TG3 Regione che
il Caim non era legato ai Fratelli Musulmani e che non aveva mai preso
posizione su questioni di politica estera:
“….noi non siamo vicini ai Fratelli
Musulmani. Il Caim è una realtà che rappresenta una grande eterogeneità,
ci sono posizioni molto diverse all’interno. Il Caim non si è mai
espresso su vicende che riguardano la politica estera”.
Al di là del fatto che il Caim era già
finito al centro di numerose polemiche per la sua vicinanza
all’organizzazione dei Fratelli Musulmani (è ormai ben noto come diversi
membri del Coordinamento siano stati immortalati in più occasioni a
capo di manifestazioni a favore di Mursi), Yalla Italia ha pubblicato
diverse prove sui legami tra il Coordinamento e ambienti vicini alla
Fratellanza ed anche un volantino di una manifestazione a favore di
Mursi, con la sigla Caim.
Scrive Yalla Italia:
“Nella locandina della manifestazione
del 31 agosto organizzato dal Comitato Libertà e Democrazia potremo
trovare i rappresentanti di molte delle associazioni islamiche vicine
alla Fratellanza, e a questo punto non troviamo più una vicinanza a
livello personale come hanno dichiarato, ma in rappresentanza delle
associazioni di cui fanno parte”.
A questo punto bisognerebbe chiedere a
Davide Piccardo per quale motivo ha dichiarato al TG3 Regione che il
Caim non è vicino ai Fratelli Musulmani e non ha mai preso posizione su
questioni di politica estera, visto che i fatti sembrano dire ben altro.
Problemi di rappresentanza
Vi è poi il caso di del Centro Culturale
Islamico di viale Jenner, altro diretto interessato per quanto riguarda
il Palasharp; come illustra il prof. Paolo Branca, islamologo, docente
di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano e
membro di tutte le consulte sull’Islam create dai vari governi che si
sono succeduti negli ultimi anni in Italia :
“…non si tratta di un centro che si
sia proprio distinto per l’integrazione e l’apertura dialogica nei
confronti della città e delle altre religioni e che ha visto condannato a
oltre tre anni di carcere uno dei suoi ultimi imam, di recente
scarcerato ed espulso dall’Italia”.
Anche per quanto riguarda il discorso
rappresentanza le ambiguità non mancano; lo scorso 13 marzo Zita Dazzi
aveva scritto sulla Repubblica:
“Piccardo parla con molta sicurezza, a
nome di una trentina di associazioni e come esponente di quelle seconde
generazioni degli immigrati che rivendicano un ruolo di interlocutori
verso la pubblica amministrazione”.
Peccato che sul sito del Caim, in data
11 aprile, ne siano elencate soltanto diciassette, con il GMI che viene
diviso in sezione di Monza e di Milano, venendo così contata due volte;
che si siano dimenticati di aggiornare il sito?
Un’ulteriore ambiguità riguarda i fondi, su cui non è ancora chiara la provenienza, come illustrato da Pallavicini: “non è chiaro né chi finanzierà l’opera né da chi sarà gestita”.
Si è parlato di finanziamenti da parte
di paesi del Golfo e di una possibile tassazione dei fedeli milanesi, ma
i dettagli non sono ancora chiari; cosa non da poco visto e considerato
che si tratta di un progetto del valore di 10 milioni di euro.
La delicata situazione internazionale
Ci sono poi delicate questioni legate
alla politica internazionale; il Qatar (paese dal quale potrebbero
arrivare i fondi) è isolato dagli altri paesi del Golfo in quanto
principale sponsor dei Fratelli Musulmani, messi al bando in Egitto e
considerati organizzazione terrorista in Arabia Saudita. A due mesi
dalle elezioni egiziane è uscita su al-Arabiya un’inquietante
dichiarazione del leader della Fratellanza a Londra, Ibrahim Mounir: “non ci sarà ne stabilità e né sicurezza se al-Sisi vincerà le elezioni”.
In un’intervista al Times pubblicata la
scorsa domenica, lo stesso Mounir ha commentato l’annuncio del premier
David Cameron dell’apertura di un’indagine sulle attività del gruppo
islamista nel paese, per valutare se essere il primo paese europeo a
mettere al bando la Fratellanza (che continua ad essere
un’organizzazione la cui appartenenza, ad esclusione dei leader, è
segreta); Mounir ha dichiarato:
“se ciò dovesse accadere (la messa al bando), porterebbe molte persone all’interno delle comunità islamiche a pensare che i valori pacifici dei Fratelli Musulmani
non hanno funzionato visto che sono ora designati come organizzazione
terrorista; a questo punto le porte sarebbero aperte a tutte le
possibilità”….
E ancora:
“Questo porterebbe a molti più
problemi di quanto ci si potrebbe aspettare, non solo per la Gran
Bretagna, ma anche per tutte le comunità islamiche del mondo che
mantengono posizioni pacifiche. Se la Gran Bretagna dovesse
intraprendere questa strada, sarebbe difficile prevederne le conseguenze
con i musulmani nel mondo, in particolare in relazione alle grandi
organizzazioni islamiche vicine alla Fratellanza che condividono la loro
ideologia”.
Una dichiarazione che alcuni reputano
come una velata minaccia con l’obiettivo di mettere sotto pressione
l’esecutivo britannico per quanto riguarda l’apertura dell’inchiesta.
La possibile concessione di uno spazio
pubblico da parte della Giunta milanese a un’organizzazione
ideologicamente vicina a certi ambienti dell’Islam politico potrebbe
dunque creare notevoli ripercussioni anche a livello internazionale,
catapultando nel capoluogo lombardo realtà che nulla hanno a che fare
con l’Islam italiano.
Come illustra Paolo Branca:
“Un ‘caso’ dunque che va ben oltre il
semplice godimento del diritto di culto e che solleva il problema
cruciale della strumentalizzazione dell’appartenenza religiosa a per
altri fini, la cui mancata soluzione sta alla base di devastanti
situazioni che si perpetuano nei Paesi d’origine di molti musulmani
milanesi ai quali ora e qui abbiamo il dovere, prima ancora che
l’interesse, di offrire e garantire qualcosa di più”.
L’impressione è che il la campagna
mediatica messa in atto dal Caim sia in primis un tentativo per mettere
sotto pressione la Giunta in un momento di grandi aspettative per la
costruzione di un luogo di culto islamico in vista dell’Expo 2015.
In una situazione di questo tipo però
l’ultima cosa che si dovrebbe assecondare è la fretta, procedendo invece
con estrema cautela e valutando bene ogni possibilità.
Le alternative ci sono, come l’iniziale
progetto che prevedeva la valorizzazione dei centri islamici già
esistenti e funzionanti che non comporterebbero la nascita di nuovi
santuari per membri della Confraternita in fuga dal bando
dell’organizzazione in numerosi paesi arabi e regolarizzerebbe le
situazioni che oggi stanno creando più disagio.
Insomma, sarebbe il caso di evitare
mosse azzardate che potrebbero avere pesanti ripercussioni a livello
politico, nazionale e internazionale e che rischierebbero di creare
ulteriori difficoltà alla vasta comunità islamica italiana.
di lorenzo Carta · 12 aprile 2014 · 120 visualizzazioni
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