La recente mancata nomina del generale Claudio Graziano a chairman of
the NATO Military Committee non ha avuto (apparentemente) un adeguato
risalto da parte dei media nazionali, che hanno relegato l’evento allo
stretto contesto militare dell’Alleanza.
In realtà, valutazioni ben più ampie sono verosimilmente poste alla
base di questa decisione da parte dei Capi di Stato Maggiore della
Difesa della NATO, che all’Italiano hanno preferito – in extremis e a
sorpresa – l’Air Chief Marshal Sir Stuart Peach, Chief of Defence Staff
of the United Kingdom’s Armed Forces.
È da evidenziare, innanzitutto, l’elevata considerazione di cui gode
il Regno Unito nell’ambito militare dell’Alleanza, unitamente a un
consolidato, privilegiato e premiante rapporto con gli Stati Uniti.
È il caso di ricordare, infatti, che esiste una particolare relazione
che lega Londra agli USA, cosi come per gli altri Paesi anglosassoni,
partner non NATO compresi (Australia, Nuova Zelanda), che costituiscono
una comunità ristretta all’interno dell’Alleanza.
E questa sorta di “fratellanza” tra Nazioni diventa, così, la chiave
di lettura per meglio comprendere l’assegnazione di posizioni di rilievo
in seno alla Resolute Support Mission in Afghanistan. Basti
pensare, ad esempio, all’incarico di generale vice comandante
dell’Operazione Resolute Support che, per ben due turni (luglio 2015 –
gennaio 2017), è stato affidato a generali inglesi, pur non essendo
presente sul terreno un comando di settore regionale dell’Afghanistan a
guida britannica (l’Italia sta ricoprendo tale incarico per la prima
volta malgrado abbia un numero almeno doppio di soldati rispetto ai
britannici e la responsabilità della Regione Ovest del Paese!!).
A questi fattori si aggiunge, in modo determinante, la reputazione,
costruita e consolidata nel tempo di un Paese che ha adottato, sul piano
militare, un approccio decisamente combat (sempre pronto ad
assumersi tutti i rischi correlati, anche in termini di vite umane
perdute), che possiamo ineluttabilmente definire più “remunerativo” e
più “qualificante” agli occhi della NATO (e degli USA).
Si consideri inoltre che la Gran Bretagna è una delle sole 5 Nazioni
che ha dato seguito alla richiesta dell’Alleanza (con gli Stati Uniti in
testa) di dedicare il 2% (reale) del PIL al budget della Difesa,
confermandosi la maggiore potenza europea in termini di spesa militare.
Il risultato è una sorta di NATO a doppia o tripla velocità, come da
tempo si è detto e come, nella sostanza delle decisioni cruciali della
vita dell’Alleanza, è emerso chiaramente.
A tutto ciò, da ultimo ma non per importanza, occorre aggiungere che
una parte delle Nazioni della NATO è costituita dai Paesi dell’Europa
Settentrionale e Orientale che non condividono, dichiarandolo
apertamente, l’approccio italiano al problema dell’immigrazione.
Le argomentazioni esposte portano ad una considerazione conclusiva:
il peso politico (e quindi anche militare) dell’Italia ha subito
l’ennesimo ridimensionamento sostanziale, la cui gravità sfugge
all’attenzione di molti, forse di troppi. Il nostro Paese, dopotutto,
oltre ad essere uno dei principali contributori dell’Alleanza, si è
sempre mostrato solerte nell’aderire alle decisioni adottate a
Bruxelles, a prescindere dal colore politico del Governo in carica,
partecipando a tutte le operazioni decise in ambito NATO. Ma questo,
evidentemente non è bastato.
Così come non è bastato avere un candidato con tutte le carte in regola per presiedere il NATO Military Committee.
Rammentiamo, ove ce ne fosse bisogno, che Graziano fu quel generale
che nell’ultimo governo Berlusconi “fulminò” ben 19 aspiranti, più
titolati per anzianità e (forse) per meriti, divenendo prima il Capo di
Stato Maggiore dell’Esercito poi uno dei Capi di Stato Maggiore della
Difesa più giovani della storia d’Italia.
Probabilmente, il validissimo generale Graziano ha pagato “sulla sua
pelle” la “miopia” di un Paese che non ha fatto sufficientemente
“squadra”, mancando l’opportunità di avere un ruolo determinante nelle
decisioni strategico-militari (e quindi anche sul futuro) dell’Alleanza
Atlantica.
Arrivati a questo punto, una serie di domande sorgono spontanee:
premesso che la vicenda si intreccia – forse intenzionalmente – con le
tristi, recentissime vicende del DDL di attuazione del Libro Bianco,
l’Italia aspirava davvero a ricoprire quella prestigiosa carica?
Il mancato appoggio al generale Graziano è stato voluto o è frutto
(l’ennesimo) di una scarsa pianificazione/lungimiranza delle tutele
degli interessi nazionali?
Era solo una (legittima) aspirazione personale del generale o,
magari, è stato illuso circa un appoggio di altissimo livello? Volendo
accettare la seppur triste realtà degli scambi interessati tra gli Stati
membri, la mancata elezione di un generale italiano è stata
“mercanteggiata” con qualcos’altro?
Si potrebbe continuare tra la fantapolitica e gli scenari occulti di
un mondo trasversale che intreccia interessi economici, politici,
militari e, forse, individuali.
Una cosa appare certa. L’Italia rimane il “bel Paese” dove tutti
vorrebbero trascorrere, quantomeno, una vacanza; un’Italia che tutti
elogiano e apprezzano per l’impegno sociale e umanitario pagato a
carissimo prezzo dai cittadini e dai militari in prima linea.
Una Nazione che tutti ammirano per l’efficacia dimostrata, da più
lustri, dai soldati impegnati nelle operazioni in tutto il mondo …
eppure, al momento decisivo, essa viene beffardamente turlupinata e
offesa, nel silenzio e nella compiacenza di tutti e a scapito
–immeritatamente – anche del più valido dei militari, il cui “mondo” è
sempre più “terreno di conquista” o “merce di scambio” nel nome di
interessi non sempre “nazionali”.
Foto NATO e Stato Maggiore Difesa
5 ottobre 2017 - di Giorgio Battisti
fonte: http://www.analisidifesa.it
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