Siamo
sicuri che Macron abbia in pugno la vittoria alle presidenziali? Come
già accaduto per la Brexit e in occasione dell’elezione di Trump,
l’immagine proiettata dai sondaggi e amplificata dai media mainstream
rischia di essere , ancora una volta, ingannevole. Che cosa dicano lo
sapete: Macron va bene, è alla pari con la Le Pen e, naturalmente, ha
vinto il dibattito televisivo con i candidati all’Eliseo. Scremando la
propoganda, la realtà appare diversa. Non si tratta di fare il tifo per
un candidato o per l’altro ma di analizzare, per capire.
Diciamola tutta: Marine Le Pen, oggi, è largamente in testa. Per tre ragioni.
La prima è emersa nei giorni scorsi e qualche commentatore
l’ha già prontamente rilevata. E’ accaduto che un giornalista di Le
Figaro si lasciasse sfuggire che, secondo i sondaggi segreti, ben
diversi da quelli diffusi ogni giorno, la Le Pen sarebbe in testa con il
34% dei voti, dunque almeno 8 punti in più rispetto al 26% di cui è
acceditato Macron.
La seconda ragione trova ispirazione in un’altra fonte autorevole, il Financial Times, che rivela
come il 40% dei giovani francesi sia intenzionato a votare per la
candidata del Fronte Nazionale. Macron raccoglie la metà dei consensi,
appena il 20%. Come si spiega? Ascoltiamo il FT:
La frustrazione tra i giovani per la mancanza di lavoro e le cattive prospettive economiche costituiscono gran parte del fascino del FN. Sotto il governo socialista di François Hollande la disoccupazione è rimasta ostinatamente alta, il doppio del livello di Regno Unito e Germania. La disoccupazione giovanile è al 25 per cento – dal 18 per cento del 2008. (…) “In Francia per un numero crescente di giovani meno istruiti il fatto che passeranno buona parte delle loro vite in una situazione economica precaria è quasi una certezza,” dice il politologo Joël Gombin.
Inoltre, ed è molto significativo, oggi Marine Le Pen non viene più
percepita, soprattutto dai giovani, come un candidato xenofobo. Cito
ancora il Financial Times:
Negli ultimi dieci anni, e in particolare a partire dal 2011 sotto la guida di Marine Le Pen, il partito ha cercato di rimodellare la propria immagine. I funzionari, per esempio, ora parlano di “immigrazione”, piuttosto che di “immigrati”, e si oppongono all’”Islam radicale”, piuttosto che all’ “Islam”, mentre i temi sui quali il partito organizza le sue campagne si sono ampliati oltre la sicurezza e l’immigrazione, per includere un messaggio anti-globalizzazione focalizzato sull’economia.
Dunque
da forza di estrema destra, il Fronte Nazionale si è trasformato in un
movimento di protesta che non si lascia più imbrigliare negli schemi
politici classici. Certo, difende l’identità, i valori della Nazione
francese ma presentandosi sempre più come forza neogollista ovvero come
legittime erede di una corrente, che il centrodestra tradizionale ha
progressivamente abbandonato. In un’epoca in cui i programmi della
destra moderata e socialisti tendono a convergere, elidendosi, e in cui i
partiti di sinistra, contaminati dai disastri della presidenza
Hollande, appaiono in crisi di credibilità, la Le Pen si propone come
colei che sa interpretare il forte malessere sociale di una parte
importante della società francese. E’ conservatrice e al contempo
sociale. Crede nel libero mercato ma attacca una globalizzazione che
privilegia le multinazionali. Non eccede mai nei toni, per non
spaventare l’elettorato borghese, e dimostra un notevole livello di
preparazione, ad esempio nella critica all’euro e all’Unione europea.
Si è riposizionata sul centrodestra, occupando lo spazio lasciato
libero da Sarkozy e ora da un Fillon azzoppato dagli scandali, e oggi
Marine Le Pen riesce a presentarsi come un leader di rottura ma
credibile, in grado di catalizzare, oltre ai voti della vecchia Francia
iperconservatrice, anche quelli, nuovi e arrabbiati, di una gioventù che
un tempo votava per la gauche. Di fatto può pescare in ogni area politica.
La terza ragione è un po’ tecnica ma fondamentale. Lo sappiamo:
Donald Trump ha vinto le elezioni grazie al sostegno conquistato sui
siti internet e sui social media. E oggi in tutti i Paesi occidentali la
capacità di persuasione del web è almeno pari, ma in certi casi
addirittura superiore, a quella della tv e dei media tradizionali.
Immagino già l’obiezione: la Francia non è l’America. Vero, però è la
patria del Minitel ovvero di quello che è stato il primo vero social
media, ed è un Paese assai digitalizzato. Ecco perché, anche a Parigi,
per valutare il peso di un candidato bisogna non lasciarsi condizionare
dal “rumore mediatico” che – in Francia oggi, come in America ieri – dà
per sicura l’elezione di un solo candidato. Là era Hillary, qui è
Macron.
Sui social media i ruoli si ribaltano. Macron è indietro, mentre
Marine batte tutti, come rileva un’altra fonte insospettabile,
l’Huffington Post, a margine del dibattito tra i candidati dell’altro
giorno, che, secondo i media, è stato vinto dal giovane ex ministro
dell’economia di Hollande, ma che, stando al sentiment di Facebook e di twitter, é andato alla Le Pen (per i dettagli vedi qui).
Un responso che riflette la presenza complessiva sui social. Marine
si è mossa per tempo e decisamente bene. Su twitter conta 1,34 mln
followers ed ha molto più seguito di Melenchon (1 milione di follower),
di Macron (577mila), di Fillon (461mila) e di Hamon (348mila). Su
Facebook il distacco è ancora più ampio: ha 1.258.777 fan, rispetto a
Melenchon (709.130 fan), Fillon (311.377), Macron (228.398) e Hamon
(148.107). Numeri che sono importanti ma che da soli non sono del tutto
significativi. Per valutarne il peso occorre stimare la capacità di
mobilitazione – e dunque di “contagio digitale” – che è determinata
dalla quantità dei post e dall’assiduità dei fan. E anche qui, pochi
dubbi: la motivazione dei sostenitori di Marine appare molto più elevata
di quella degli altri candidati e soprattutto di Macron.
Questo significa che la Le Pen conquisterà l’Eliseo? Non corriamo,
qualunque previsione è prematura, tanto più in un sistema elettorale a
due turni. Significa, però, che la sua vittoria non può più essere
esclusa, perché la sua candidatura è molto più strutturata,
politicamente, e molto più radicata, socialmente, di quanto i suoi
avversari siano disposti ad ammettere. I quali preferiscono far finta di
non vedere e continuano a confidare nella propaganda tradizionale,
amplificata dai media, tutti schierati contro Marine.
Una situazione che ricorda, ancora una volta, quella delle presidenziali americane. Attenti alle sorprese…
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di Marcello Foa - 24 marzo 2017
fonte: http://blog.ilgiornale.it
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