Il mancato patrocinio da parte della presidenza della Camera, targata Laura Boldrini, all’evento ‘Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale’,
forse è il riconoscimento più alto di quanto l’incontro internazionale
dei movimenti femministi, tenutosi ieri a Montecitorio, sia stato
autenticamente schierato, senza se e senza ma, contro la barbara pratica
dell’Utero in affitto.
“La decisione viene istruita dall'Amministrazione,
che non mette il 'timbro' dell'Istituzione su iniziative che appoggino
una parte o l'altra in questioni complesse e controverse. La stessa
scelta, naturalmente, sarebbe stata fatta qualora il patrocinio fosse
stato chiesto da chi è a favore della maternità surrogata. E' un
elementare segno di terzietà dell'Istituzione Presidenza", si leggeva in
mattinata in una nota diffusa dal portavoce della presidente della
Camera.
Ma se la Boldrini (eletta nelle liste del partito di Niki Vendola)
si permette il lusso della terzietà su un tema così dirimente per il
futuro della dignità delle donne, ben altre parole sono state dette nel
pomeriggio al convegno organizzato dall’Associazione femminista ‘Se non ora quando’
e che ha visto la partecipazione di numerose parlamentari italiane e
europee di tutti gli schieramenti, di rappresentanti di movimenti
femministi di tutto il mondo, della cultura, della scienza e persino di
diverse organizzazioni del mondo lgbt, come ArciLesbica e Equality.
Presenti anche scrittrici e giornaliste impegnate, tra le quali Susanna
Tamaro e Monica Ricci Sargentini che cura i temi del mondo femminile
per il Corriere della Sera.
Ospiti di punta sono state alcune personalità vicine
alle istanze femministe e impegnate nella lotta contro l’utero in
affitto nei rispettivi paesi europei di provenienza: Laurence Dumont,
vicepresidente dell’Assemblea nazionale francese; Sheela Saravanan,
ricercatrice associata all’Istituto Sud Asia dell’Università di
Heidelberg in Germania; Sylviane Agacinski, filosofa e femminista
francese nota in tutto il mondo del collettivo CoRP e Stephanie
Thögersen, program manager della Swedish Women's Lobby.
Il momento di confronto ha rilanciato l’iniziativa
internazionale partita nel gennaio 2016 a Parigi che ha l’obiettivo di
chiedere alle istanze delle Nazioni Unite preposte al rispetto delle
Convenzioni sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle
donne (CEDAW), sui diritti umani e sui diritti dei bambini, di aprire
una procedura volta a raccomandare il divieto della pratica della
maternità surrogata in quanto incompatibile con il rispetto dei diritti
umani e della dignità delle donne.
Non solo ma nell’atto di richiesta le femministe
riconosco anche l’importanza del riconoscimento della diversità tra i
sessi: “La Convenzione CEDAW nel suo preambolo accorda un’attenzione
particolare all’eliminazione di tutte le barriere economiche, politiche,
soprattutto sociali e culturali che impediscono l’uguaglianza tra donne
e uomini e riconosce in particolare il valore fondamentale della
differenza tra gli uomini e le donne che appare dunque superiore anche
all’autodeterminazione delle differenti culture e al principio del
relativismo culturale”
Certo, il presupposto da cui partono le femministe è
che la conquista della libertà di scelta è stato un cambiamento di
enorme portata che consente alla maternità di “ridisegnare i confini di
una nuova idea di libertà”. “Ma a condizione – è stato affermato con
forza - che non venga privata del suo senso umano e che non venga
ridotta alla bruta materialità biologica”.
La presidente di ‘Se non ora quando’ Francesca Izzo
ha infatti sottolineato che la soluzione non può essere “l’accettazione
di un modello di vita nel quale le donne godono di maggiori libertà ma
al prezzo di cancellare ogni loro tratto differente, neutralizzarsi, in
nome di quella uguaglianza consegnata alla storia del dominio degli
uomini”.
La Izzo ha poi spiegato senza giri di parole che
“con l’aiuto della tecnica le donne sentono di poter svincolare la
maternità dai limiti temporali, dai limiti corporei coltivando
l’illusione di corrispondere al modello di un individuo del tutto
padrone di sé, del suo tempo, con un corpo a totale disposizione della
propria volontà, quando e come vogliono”. “E d’altra parte – ha
proseguito - fidando che una soluzione tecnica si troverà, si può
accettare passivamente di rinviare la maternità perché non ci sono
soldi, non c’è la sicurezza del lavoro, della casa, ma sentendosi
personalmente inadeguate perché avere un figlio appare come una faccenda
maledettamente privata”
In pratica il ragionamento delle femministe è questo:
se si accetta, come nella maternità surrogata, anche in quella
cosiddetta solidaristica, di spezzare l’unitarietà del processo della
maternità, di segmentarlo in ovociti, gravidanza e neonato, togliendo
alla gravidanza ogni “pregnanza” fisica, emotiva, relazionale e
simbolica, facendone un processo meccanico/naturale, si incrinano le
basi stesse dell’autodeterminazione.
Tuttavia. Chi si aspettava un dibattito unicamente
ad uso e consumo dell’autodeterminazione delle donne è stato poi deluso
dai numerosi interventi in cui è stato messo a fuoco il diritto del
bambino a non finire in balia di un turpe oggetto di mercimonio e a non
essere allontanato dalla madre, concetto ribadito anche da Aurelio
Mancuso, presidente dell’associazione gay Equality.
All’evento era presente anche il ministro della Salute Lorenzin
che ha ricordato che la pratica resta illegale in Italia si è impegnata
titolo personale (non a nome di tutto il governo) a portare avanti
l’impegno per la messa al bando in tutti i Paesi del mondo: "L'utero in
affitto deve essere riconosciuto come reato universale, bandito a
livello internazionale, allo stesso modo delle altre forme di commercio e
schiavitù degli esserei umani e questo in nome delle donne. Do la mia
disponibilità a sostenere tutte le iniziative in queste senso che
saranno messe in campo”.
"Mater semper certa est, non avrei mai immaginato che
un giorno questa evidenza lampante potesse essere messa in
discussione”, ha aggiunto l'esponente dell'esecutivo che ha quindi
lanciato un stilettata alla Boldrini: “Come donna e come madre non mi
stancherò mai di denunciare pubblicamente questa schiavitù e commercio,
perchè i diritti delle donne non si difendono solo con la grammatica".
Le promesse di politici hanno lasciato smantellare
la legge 40 da parte della magistratura appaiono certamente fuori luogo,
ma l’impegno sincero delle femministe e apre nuovi scenari nella difesa
di tutta l’antropologia umana.
24-03-2017
FONTE: http://www.lanuovabq.it
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