Una caratteristica che sembra accomunare tutti i partiti
italiani o quel che ne resta e quel tanto di nuovi che si affaccia sulla
scena, pare che sia lo scissionismo, la frantumazione. Ora sembra che
sia la volta dei Cinque Stelle che, in realtà, non è che abbiano molte
ragioni per stare assieme, salvo, magari, il vincolo delle carte da
bollo, che ne evidenzia l’assurdità proprio nella sua inconcludenza
giuridica.
Ma c’è un partito che non mostra crepe e contrasti. Non ne mostra e
non può mostrarle e, soprattutto, non può far nulla per combatterli,
appianarli e superarli, perché non può “apparire”: è il Partito dei
Magistrati (Pdm), un’istituzione-partito, come tale abusiva e
prevaricatoria. Non v’è dubbio che proprio nel momento in cui il Partito
dei Magistrati diventò tale da coinvolgere l’intera corporazione
(piaccia o non piaccia a Silvio Berlusconi la storia di “alcuni pm
comunisti”) si manifestarono differenze e contrapposizioni assai
rilevanti nel suo seno. Una frangia (se si tratta solo di una frangia)
oltranzista, con una ideologia tanto vaga e rozza quanto estremizzante e
fanatica, sta affermandosi soprattutto in talune zone attorno ad alcune
“stars” della lotta alla mafia, ma con propaggini che si manifestano un
po’ dovunque.
Nessuno può ragionevolmente sostenere che il Partito dei Magistrati
si identifichi in certi personaggi, in certe operazioni assurde (come il
processo per la “trattativa Stato-Mafia”). Certo è che queste frange,
questi personaggi, queste baggianate, così come un estremismo
giudiziario di facile presa, sono però parte e caratteristiche non
secondarie del Pdm. Non saprei dire se oggi è più pericolosa la parte
ancora maggioritaria di quest’abnorme partito, oppure la sua porzione
pressoché apertamente eversiva. Piuttosto mi sembra evidente che il
Partito dei Magistrati non è in condizione di controllare quella sua
minoranza oltranzista e dichiaratamente eversiva, la frangia calabrese e
palermitana dei visionari che si direbbe vogliano perseguire chi
rappresenta e serve lo Stato come se si trattasse di un’associazione a
delinquere. Non lo possono fare perché essi stessi, quelli della
maggioranza, per così dire, corporativa, in quanto costituiti in
partito-istituzione, sono in posizioni implicitamente eversive.
Non solo ma, negando di essere un partito, magari non rendendosi
conto di esserlo, non possono imporre a nessuno di loro di rispettare
una linea comune meno oltranzista, né imporre una qualsiasi “disciplina”
di partito negando di essere partito. Del resto la magistratura non
riesce nemmeno a realizzare una decente funzione disciplinare
istituzionale al proprio interno.
Non so se ciò rappresenti un elemento di debolezza per il Partito dei
Magistrati o se implichi solo che esso sia destinato a portarsi
inevitabilmente su posizioni le più oltranziste. Certo le speranze di
quelli che contano su di una svolta moderata del Pdm, come pare in
questo momento sia di moda nel Partito Democratico, si direbbe siano
affette da un malsano e pericoloso ottimismo. È pure certo che, da
quando il Pdm ha realizzato il massimo dei suoi successi, riuscendo a
disarcionare Silvio Berlusconi, la sua politica e la sua stessa
esistenza, si sono fatte più complesse e problematiche. Il che non è una
buona ragione per rimanere mesti ad aspettare che di là venga qualcosa
di buono.
di Mauro Mellini - 21 marzo 2017
fonte: http://www.opinione.it
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