Sui siti delle prefetture lacune sulle rendicontazioni dei costi dell'accoglienza ai migranti: dati mancanti o presentati in confusione
La
parola magica è “Amministrazione trasparente”. O almeno dovrebbe
esserlo. In tanti l’hanno invocata, ma in pochi sembrano praticarla.
Soprattutto in tema di immigrazione.
di
Giuseppe De Lorenzo
Il Giornale.it
Già, perché per quanto nel lontano 2014 Matteo Renzi avesse
promesso di mettere online “ogni singolo centesimo di spesa pubblica”,
in realtà i buoni intenti sono rimasti lettera morta. E dove servirebbe
chiarezza, come nella gestione delle ingenti risorse destinate ai migranti, in realtà regna il grigiore.
Ad
aprile (dati del Ministero dell'Interno) sui 177.505 stranieri presenti
sul territorio nazionale, ben 137.599 vivevano nelle strutture
temporanee (Cas) gestiti dalle Prefetture e solo 23.867 nei posti
"d'eccellenza" Sprar coordinati dai Comuni. Poi ci sono altri 2.204
migranti sistemati negli Hotspot e 13.835 negli hub di primo soccorso.
Tradotto in percentuali, significa che l'80% degli stranieri (e delle
risorse economiche) finisce nelle mani di imprenditori che hanno fatto
dell'immigrazione una nuova attività economica. Un po' di chiarezza su
come vengono spesi i soldi sarebbe necessaria, no?
Speranza vana. I
dati dei pagamenti risultano occultati, presentati in confusione o
nascosti nei luoghi più improbabili dei siti internet delle Prefetture.
Il risultato? Per un normale cittadino diventa impossibile sapere quanti
milioni di euro delle sue tasse finiscono a questa o a quell’altra cooperativa.
Un governo “trasparente” dovrebbe fornire in maniera semplice e rapida
alcune delucidazioni ai contribuenti: quali sono i centri di accoglienza
in ogni provincia, quali le associazioni impegnate coi profughi e
quanto incassano ogni anno. Ma nessuno di questi dati è facilmente
accessibile online.
E pensare che la legge sull’anti corruzione
prevede che le “stazioni appaltanti” siano tenute a pubblicare nei loro
siti web istituzionali le informazioni base sulle procedure di tutte le
gare, comprese quelle sull’accoglienza. Una tabella
ordinata dovrebbe indicare la struttura proponente, l’oggetto del bando,
l’elenco degli operatori invitati a presentare le offerte,
l’aggiudicatario, l’importo complessivo e pure le somme liquidate alle
singole coop.
Le prefetture in effetti mettono a disposizione
un’apposita sezione chiamata - appunto - “Amministrazione trasparente”.
All’interno ci si aspetta di trovare l’Eldorado dei documenti, ma spesso
si rimane delusi. La prefettura di Ragusa ha la pubblicazione delle gare (secondo la L. 190/2012) ferma al 2013. Un po’ in ritardo, non pensate? Roma fa un po’ meglio, ma non va oltre il 2015. Siena? Idem.
Salerno invece ha rendicontato 720 euro per la manutenzione
dell'impianto elettrico della Polstrada, ma non le spese per i migranti.
Vibo Valentia lo stesso, eppure l’appalto l’anno scorso è stato vinto
da qualcuno: l’associazione “Da donna a donna” qualche somma l’avrà pure
incassata, no? Frosinone invece fornisce solo il dato aggregato:
accordo quadro da oltre 28 milioni di euro e poi giù una sfilza di
vincitori. Ma le singole coop, quanto si beccano?
Per carità: ci
sono anche esempi lodevoli, amministrazioni che divulgano l’elenco
completo delle procedure d’appalto. Ma in generale regna il caos.
Soprattutto quando si cerca di ricostruire il processo di assegnazione
dei milionari bandi dell’accoglienza. Dei contratti dettagliati tra
Stato e cooperative, neppure a parlarne. La lista delle
strutture con il numero di immigrati presenti? Solo Napoli, Aosta,
Cosenza e poche altre. La maggioranza delle prefetture non la fornisce.
Latitano pure i verbali delle commissioni, gli avvisi di
post-informazione e le aggiudicazioni definitive.
E pensare che la
legge parla chiaro: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale
alle informazioni” della Pa, così da permettere il controllo
“sull'utilizzo delle risorse pubbliche” da parte del cittadino. Solo
parole: fatta la legge, trovato il cavillo. Quando a fine 2015 la
campagna “InCAStrati” fece ufficiale istanza di accesso civico per
conoscere il numero complessivo dei centri profughi, la loro ubicazione e
chi fossero gli enti gestori, Ministero e prefetture risposero picche. Affermando che le “informazioni richieste non sono soggette ad obbligo di pubblicazione”.
Viene
da chiedersi allora per quale motivo alcuni enti territoriali del
governo abbiano i documenti completi e visibili (per esempio: Torino e
Firenze), mentre molti preferiscano divulgare dati incompleti o del
tutto inutili. A Udine l’albo dei fornitori è fermo al 2014. A Oristano se si cercano dettagli sui “contratti” si trova solo una cartella vuota. A Cesena la sezione degli “avvisi di aggiudicazione” è “in corso di aggiornamento”. E chissà da quanto.
Una cosa è certa: tutta questa confusione, se non è serve ad occultare i costi dell’accoglienza, di certo non aiuta a sollevare il velo di mistero che li avvolge. Alla faccia della trasparenza.
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