Se il Movimento Cinque Stelle esiste e gode di ottima salute non è
colpa sua, ma della decadenza di questo Paese. Il vuoto culturale rende
deboli e nella debolezza si insinua qualsiasi cosa: l’immigrazione
attirata dall’impunità, i potentati stranieri che fanno shopping di
imprese nostrane, la corruzione incentivata dalla moralità di facciata
(leggi immoralità sostanziale), una produzione legislativa ai limiti del
ridicolo, una magistratura che si sente in dovere di supplire al vuoto
lasciato libero dalla politica, istituzioni straniere che ingeriscono in
fatti interni al nostro Paese e lo spontaneismo civico eterodiretto.
Luigi Di Maio e compagni possono essere simbolicamente considerati
come il virus che aggredisce il corpaccione malato di questa Repubblica
all’ultimo stadio, quell’infezione che colpisce il fisico debilitato e
incapace di reagire non lasciandogli scampo. Il focolaio del male,
volendo imbastire una anamnesi, è da identificarsi nel vizio: dopo anni
di dibattiti vacui, di governi inetti, di talk-show che sembrano pollai e
di politica cialtrona, cosa volete che succeda? Dopo l’esposizione ad
agenti potenzialmente nocivi che vanno da Oscar Luigi Scalfaro passando
per Giorgio Napolitano, Enrico Letta e Mario Monti, come si poteva
evitare un brutto male?
Mettici anche l’approccio terapeutico poco serio del popolo sovrano
ed ecco spiegato il fenomeno Cinque Stelle: qualche scia chimica, due
gocce di rinnovabili, un pizzico di Rousseau, una soluzione galenica a
base di decrescita felice ed ecco che i famosissimi “ragazzi
straordinari” (termine gentile per indicare gente senza né arte né
parte) possono essere scambiati per luminari della medicina in grado di
curare il malato Italia.
Che poi, se il malato vuole affidarsi ai santoni, se crede di volersi
curare la lebbra con l’omeopatia faccia pure. Ciò che non si può
proprio accettare è la negazione dell’evidenza, la pretesa di far
passare il concetto che le piattole si curino con il bidet. Se era per
la supercazzola andavano bene quelli che c’erano prima. Ma ormai siamo
abituati a tutto in questo Paese a patto che non si esageri, a patto che
non si faccia moralismo un tanto al chilo, a patto che le
contraddizioni non stridano troppo con la polemica ipocrita del momento.
Oggi il “come fosse antani” è sul Rosatellum: scendono in piazza
sbagliando manifestazione, dicono, analizzano, giudicano, si barricano,
si inalberano, fanno le vittime, gridano al regime. Normale dialettica,
nulla da eccepire, ma c’è un limite alla propaganda che si chiama
decenza. Dire che la legge elettorale fa schifo perché “impedisce agli
elettori di scegliere i candidati che saranno indicati dai capi partito”
è sinceramente troppo, soprattutto se detto dai grillini.
Parlano proprio loro, salgono in cattedra le verginelle che
propongono Di Maio - quello che al Consiglio comunale di Pomigliano
prese 59 voti di preferenza (il Movimento 5 Stelle raccolse 500) - come
Presidente del Consiglio dopo un voto on-line che ha coinvolto 37mila
aventi diritto, nessun serio contendente e nessuna certezza
sull’architettura tecnologica che governa il meccanismo “democratico”
interno. Ma scherziamo? I novelli bulgari sbraitano di trasparenza?
Parlano proprio loro che hanno a capo un comico e una Srl (la Casaleggio
Associati) i quali non si capisce a che titolo impongano la linea,
propongano scritture private atte a condizionare l’operato degli eletti o
ingeriscano nelle normali dinamiche politiche del Movimento? Passi che
Virginia Raggi possa essere reputata un bravo sindaco, ma pontificare di
democrazia e di regole trasparenti è sinceramente troppo. Anche per una
democrazia decrepita come quella italiana.
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