Non
ci è dato sapere di quale “Paese in ripresa” parli il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan. E si stenta a credere che al centro
delle sue dichiarazioni vi sia l’Italia. I numeri, quando ben
interpretati, rivelano che questa ripresuccia (peraltro finta)
riguarderebbe esclusivamente le multinazionali che operano in Italia,
garantendo solo posti precari ai disoccupati e stage non pagati per i
cosiddetti “giovani in formazione”. Sorge il dubbio che, in forza delle
laute cene consumate durante i summit, il ministro Padoan stia
erroneamente sovrapponendo l’incremento di utili delle multinazionali (e
della grande distribuzione) al Prodotto interno lordo italiano: errore
marchiano (forse dovuto ai fumi delle cibarie) che indurrebbe a falsare
anche la bilancia dei pagamenti. Resta il fatto che, l’ineffabile
economista s’è sbizzarrito in lodi sperticate all’azione di governo, ma
dal pulpito godereccio del “Digital Summit” di Capri.
“La prossima legislatura troverà il Paese in migliori condizioni rispetto a come questa che sta terminando ha trovato la precedente - ha detto Pier Carlo Padoan con un non lucido uso italiano delle subordinate - Serve una azione di continuità che ha diversi aspetti, sostegno alla crescita e qualità del bilancio pubblico. Una strategia che sta dando i suoi frutti per ragioni non solo cicliche ma anche strutturali”.
Si stenta a credere che anche il ministro possa appellare come “qualità del bilancio pubblico” la miriade di boiate partorite dai governi che lo hanno visto partecipe: e perché non possiamo dimenticare che dal 2012 (hanno in cui è iniziata la cura del rigore europeo) in Italia hanno chiuso il 50 per cento delle attività produttive, i disoccupati sono diventati 15 milioni (il due per cento definito a “povertà irreversibile”), le startup aziendali si sono dimostrate un modo furbo per aiutare le aziendine dei figli dei potenti e, ironia della sorte, il patrimonio immobiliare ha dimezzato il proprio valore. L’Italia è morta, ma per Padoan l’operazione è riuscita.
“I benefici dell’azione di governo degli ultimi quattro anni si vedranno in modo più efficace ed evidente nei trimestri a venire, bisogna continuare con questa strategia”, continua il ministro Padoan a mo’ di disco rotto, e godendosi lo stupendo panorama caprese. Ma le visioni, degne dei fumi d’assenzio d’un poeta ottocentesco, portano il ministro a sottolineare che “il Paese, lasciata alle spalle la crisi, deve guardare avanti; siamo in una fase di uscita da una crisi profondissima, la più profonda dal dopoguerra. Dobbiamo guardare avanti, dobbiamo crescere”. Siamo davvero al delirio (non abbiamo chiamato in causa il digiunante Delrio, solo delirio) ovvero “Lazzaro, alzati e cammina”. Perché è di questa portata l’affermazione di Padoan, incurante che la pressione fiscale effettiva abbia oggi superato il 75 per cento. E per la sua ricetta miracolosa dice che “serve non solo un accumulo di Pil ma anche l’aumento di produttività e la capacità di creare occupazione: a tal fine occorre sfruttare al meglio gli avanzamenti tecnologici”. Ma di quali avanzamenti farfuglia? Forse degli impianti in disuso bollati dall’Ue come “non più a normativa europea”? O forse allude a fantasmagoriche scorte che fantasiosi imprenditori avrebbero ancora sul suolo e nelle banche italiane? Tutto è ormai fuori confine, e l’imprenditore non fuggito è ormai sottocapitalizzato, e ritenuto non degno di credito da quelle banche salvate affannosamente da Padoan e compari.
E sul capitolo Def il ministro si dimostra ecumenico, sfornando un tutto va ben madama la marchesa degno di Papa Francesco. “Come sta scritto nella nota di aggiornamento del Def le risorse sono limitate ma quelle che ci sono vanno concentrate su settori come sostegno alla attività di investimento sia pubblico che privato e sull’occupazione giovanile - dice Padoan - perché un’economia che vuole fare del digitale la sua ragione di crescita non può farlo senza includere i giovani, le forze del futuro”.
Insomma, Padoan ha trasportato nel futuro il vecchio motto da comizio democristiano: “Mettete i vostri bisogni nella carta che li porterò a Roma”.
“La prossima legislatura troverà il Paese in migliori condizioni rispetto a come questa che sta terminando ha trovato la precedente - ha detto Pier Carlo Padoan con un non lucido uso italiano delle subordinate - Serve una azione di continuità che ha diversi aspetti, sostegno alla crescita e qualità del bilancio pubblico. Una strategia che sta dando i suoi frutti per ragioni non solo cicliche ma anche strutturali”.
Si stenta a credere che anche il ministro possa appellare come “qualità del bilancio pubblico” la miriade di boiate partorite dai governi che lo hanno visto partecipe: e perché non possiamo dimenticare che dal 2012 (hanno in cui è iniziata la cura del rigore europeo) in Italia hanno chiuso il 50 per cento delle attività produttive, i disoccupati sono diventati 15 milioni (il due per cento definito a “povertà irreversibile”), le startup aziendali si sono dimostrate un modo furbo per aiutare le aziendine dei figli dei potenti e, ironia della sorte, il patrimonio immobiliare ha dimezzato il proprio valore. L’Italia è morta, ma per Padoan l’operazione è riuscita.
“I benefici dell’azione di governo degli ultimi quattro anni si vedranno in modo più efficace ed evidente nei trimestri a venire, bisogna continuare con questa strategia”, continua il ministro Padoan a mo’ di disco rotto, e godendosi lo stupendo panorama caprese. Ma le visioni, degne dei fumi d’assenzio d’un poeta ottocentesco, portano il ministro a sottolineare che “il Paese, lasciata alle spalle la crisi, deve guardare avanti; siamo in una fase di uscita da una crisi profondissima, la più profonda dal dopoguerra. Dobbiamo guardare avanti, dobbiamo crescere”. Siamo davvero al delirio (non abbiamo chiamato in causa il digiunante Delrio, solo delirio) ovvero “Lazzaro, alzati e cammina”. Perché è di questa portata l’affermazione di Padoan, incurante che la pressione fiscale effettiva abbia oggi superato il 75 per cento. E per la sua ricetta miracolosa dice che “serve non solo un accumulo di Pil ma anche l’aumento di produttività e la capacità di creare occupazione: a tal fine occorre sfruttare al meglio gli avanzamenti tecnologici”. Ma di quali avanzamenti farfuglia? Forse degli impianti in disuso bollati dall’Ue come “non più a normativa europea”? O forse allude a fantasmagoriche scorte che fantasiosi imprenditori avrebbero ancora sul suolo e nelle banche italiane? Tutto è ormai fuori confine, e l’imprenditore non fuggito è ormai sottocapitalizzato, e ritenuto non degno di credito da quelle banche salvate affannosamente da Padoan e compari.
E sul capitolo Def il ministro si dimostra ecumenico, sfornando un tutto va ben madama la marchesa degno di Papa Francesco. “Come sta scritto nella nota di aggiornamento del Def le risorse sono limitate ma quelle che ci sono vanno concentrate su settori come sostegno alla attività di investimento sia pubblico che privato e sull’occupazione giovanile - dice Padoan - perché un’economia che vuole fare del digitale la sua ragione di crescita non può farlo senza includere i giovani, le forze del futuro”.
Insomma, Padoan ha trasportato nel futuro il vecchio motto da comizio democristiano: “Mettete i vostri bisogni nella carta che li porterò a Roma”.
Nessun commento:
Posta un commento