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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

09/05/17

Immigrazione, il libro verità: "Ecco quello che non vi dicono"

Il volume “Immigrazione: tutto quello che dovremmo sapere” scardina i mantra del politicamente corretto. "Politici e media definiscono profughi quelli che sono clandestini. Il trucco è che se togliamo di mezzo la parola che esprime un significato, quel significato scompare"

 

 

 

"Immigrazione: tutto quello che dovremmo sapere” (Aracne Editore) è uno strumento agile, documentato e preciso per scardinare i mantra del politicamente corretto che imprigionano il dibattito pubblico. Il libro di 88 pagine scritto a sei mani dal giurista Giuseppe Valditara, dal demografo Gian Carlo Blangiardo e dal giornalista Gianandrea Gaiani affronta il tema dal punto di vista della legalità, della sicurezza e della tutela degli interessi nazionali fornendo analisi, documenti, pregressi storici e possibili soluzioni.

Gaiani, direttore di Analisi Difesa, in Italia esiste un tabù legato al linguaggio. Si ciancia tanto di post-verità, “fake-news” e “bufale” poi grandi media e politici parlano di “sbarchi di profughi o rifugiati” e di “profughi ospitati”. La parola clandestino è diventata impronunciabile.
Siamo di fronte a un nuovo tipo di linguaggio utilizzato dai recenti governi italiani perché il termine clandestino viene considerato “non inclusivo”, come disse a La7 il viceministro degli esteri Giro. Ma non possiamo chiamare rifugiato, naufrago o profugo quello che è un immigrato clandestino. Nel romanzo “1984”, Orwell parla di una neolingua che il regime utilizzava per togliere significato alle parole. Se togliamo di mezzo la parola che esprime un significato, quel significato scompare. Per paradosso, se chiamassimo benefattori i ladri non calerebbero i furti. Il rifugiato è colui che riceve lo status di rifugiato, ma quando arriva sui barconi non ha ancora ricevuto alcuno status. Ciò che dimostra come la parola clandestini, o immigrati illegali, sia la più idonea è il fatto che gli scafisti vengono incriminati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

In tre anni siamo ne sono arrivati mezzo milione, attraverso il servizio di trasporto clandestini delle nostre navi.
Occorre usare le nostre flotte per contrastare i traffici, non per favorirli. Bisogna mettere in campo i respingimenti assistiti.

In che modo?
Gli immigrati andrebbero raccolti in mare, caricati su una nave da sbarco italiana e riportati sulle spiagge libiche. In Italia andrebbero portati solo bambini non accompagnati, feriti e donne incinte, per poi rimpatriarli in un secondo momento. Se necessario, come deterrente andrebbero schierate navi da guerra italiane davanti alle coste libiche.

Ci raccontano che sarebbe impossibile…
Si dice che è impossibile, tra le altre cose, perché in Libia non c’è un governo. Ma proprio perché non c’è un governo o c’è un governo troppo debole è impensabile fare accordi. Metà del Pil della Tripolitania deriva dai traffici di essere umani. È illusorio pensare che Al-Sarraj, lo pseudo premier che non mette piede nella capitale perché gli sparerebbero addosso, governi il suo territorio. E se anche avesse un’influenza come potrebbe imporre alle tribù, le stesse a cui chiede il sostegno, di interrompere traffici che producono guadagni?

Chi arriva in Italia?
L’82% sono maschi, dai 16 ai 35 anni. E molti di loro provengono da Paesi considerati “tigri africane” che registrano una crescita notevole del Pil. Certo le condizioni di vita non sono paragonabili alle nostre, ma da 70 anni i Paesi occidentali regalano soldi ai governanti africani che se ne fregano della loro gente. Al contrario, dovremmo dire a questi Paesi che interromperemo i finanziamenti per lo sviluppo se non si riprenderanno i loro connazionali che non hanno diritto a stare in Europa.

Ci raccontano che da noi arrivano profughi di guerra o persone che fuggono dalla fame.
In Italia arriva chiunque sia in grado di pagare i criminali che gestiscono i traffici. Un viaggio può costare 10mila euro, cifra considerevole in assoluto e ancor più per il contesto africano. Due anni fa sono stato in Niger, punto di partenza per gli immigrati che dall’Africa subsahariana arrivano in Italia attraverso la Libia. Non parte chi muore di fame, ma chi ha delle possibilità economiche, soldi recuperati magari vendendo una casa o un’attività. Chi muore di fame non ha appunto i soldi per procurarsi il cibo, figurarsi se li ha per pagare un trafficante. C’è stato il caso di una ragazza marocchina che si è sentita male dopo essere arrivata in Italia: si è scoperto che erano i postumi di una liposuzione, un’operazione di chirurgia estetica eseguita in Marocco sborsando 5mila euro, che da quelle parti è una cifra notevole.

Per anni poi ci hanno raccontato che era folle e anche un po’ razzista parlare di un nesso tra terrorismo islamico e immigrazione.
In questi traffici sono coinvolte le organizzazioni di estremisti islamici, da Al-Qaida nel Maghreb allo Stato Islamico. La spiaggia da cui partono i barconi in Libia è Sabrata, dove c’è una base dell’Isis che gli americani bombardarono lo scorso anno. Sappiamo tutto di questi traffici, sappiamo delle collusioni col terrorismo, eppure continuiamo a incoraggiarli. Benchè tutti neghino il rapporto diretto tra immigrazione e terrorismo, molti nostri leader incluso Gentiloni quando era ministro degli Esteri o Emma Bonino ministro del governo Letta, fecero precise dichiarazioni in contesti internazionali sul fatto che il terrorismo islamico utilizzi l’immigrazione per infiltrare jihadisti. Lo sappiamo almeno dal 2013.

Il governo all’improvviso si è detto pronto a effettuare i rimpatri. Quando le stesse cose le diceva Salvini i media di regime si scatenavano con accuse di vario tipo. Ora tacciono.
Minniti ha detto cose condivisibili, ma quando sostiene che prima di espellerli occorre accordarsi con i Paesi di provenienza sbaglia. Io dico che dobbiamo riportarli sulle spiagge libiche, che occorre fermare gli arrivi. Se impieghi 3 anni a effettuare un rimpatrio, nel frattempo quanti altri ne saranno arrivati? Il saldo sarà sempre negativo. Se iniziamo a riportarli indietro, sulle spiagge di partenza, poi nessuno spenderà soldi sapendo che non riuscirà ad arrivare in Europa.

Millantare una linea dura nei confronti dell’immigrazione, dopo aver predicato e praticato l’accoglienza indiscriminata, è trucchetto da campagna elettorale?
Tutti i Paesi che hanno accolto in maniera indiscriminata adesso provano a cambiare registro. Ora che la Germania ha problemi di ordine pubblico spaventosi, la stessa Merkel si è ricandidata parlando di espulsioni dei clandestini. Siccome quest’anno e il prossimo si voterà in diversi Paesi europei, ho l’impressione che molti di questi governanti puntino a convincere l’elettorato di essere in grado di tenere una linea più dura sull’immigrazione, allo scopo di arginare l’emorragia di consensi verso i partiti definiti come “populisti”, che poi in realtà sono quelli che tutelano gli interessi nazionali.

A chi giova l’immigrazione massiva?
Che interesse abbiamo a riempire l’Europa di immigrati islamici che assorbiranno welfare senza condividere i nostri valori, come disse il ministro degli esteri britannico Hammond? In Italia solo l’assistenza costa 4 miliardi l’anno. A meno che non si voglia pensare al business dell’accoglienza, alle cooperative legate a diversi carrozzoni politici, di sinistra ma anche cattolici.  
 

 

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