Non solo i politici sono sordi agli appelli della gente sulla
necessità di votare subito, ma se possibile diventano sempre più
strafottenti e purtroppo disonesti. Del resto basta leggere le vicende
di questi giorni intorno al “Caso Consip” e per quanto si voglia e si
debba essere garantisti, c’è da farsi venire la pelle d’oca. La pelle
d’oca perché la voce che corre fra le persone comuni è quella della
mancanza di limiti e di vergogna da parte di chi invece dovrebbe dare
l’esempio opposto.
Ora lasciando da parte per un secondo solo il nostro sacrosanto
garantismo, ci domandiamo: “E se invece fosse tutto vero? Se fossero
vere le interferenze intimidatorie, le soffiate illecite, le dazioni di
denaro? Insomma, se fosse vero tutto ciò che fino a ora si fa soccombere
rispetto alla presunzione d’innocenza?”.
Bene, se alla fine dovesse risultare che anziché un castello di fango
e di bugie orrende intorno al caso Consip ci fossero veramente stati
malaffare e disonestà, sarebbe il colmo dei colmi. Non passa giorno che
non si legga di qualche nuovo caso di malapolitica, corruzione,
disonestà. Non passa giorno che non si legga di qualche condanna di
questo o quel politico. Sia chiaro, non si può fare di tutta l’erba un
fascio ed è vero che esista una parte di politici seri, onesti,
impegnati, peccato che l’altra parte sia maggioritaria e abbia da anni
occupato la scena. Non solo il proscenio è stato invaso dalla
malapolitica, ma gli attori veri o presunti non sono comparse, ma
protagonisti di lungo corso. Ed è su questo che ci si chiede come sia
possibile, come possa accadere che politici più volte indagati, più
volte al centro di opacità, più volte invischiati in vicende torbide,
siano ancora in giro. Si dirà del garantismo e della presunzione
d’innocenza, si dirà dei tre gradi di giudizio, si dirà degli errori
giudiziari, ma l’opportunità politica che fine ha fatto? Che fine ha
fatto quel pudore, quel senso del rispetto altrui che spinge comunque a
farsi da parte almeno finché c’è il dubbio?
Insistere nel far prevalere solo il garantismo, anche di fronte ai
casi più scabrosi, non solo non funziona, ma svilisce il senso stesso
della garanzia costituzionale. Quella garanzia esiste, infatti, per dare
modo ai veri innocenti e ai veri onesti di difendersi e regolarsi
contro i bluff, gli errori, le patacche costruite ad hoc. Al contrario,
invece, si invoca il garantismo anche quando, seppure in assenza di
prove certe, si è comunque invischiati in fatti torbidi, nei quali mai
nemmeno lontanamente si sarebbe dovuti entrare. E invece tanti, troppi
personaggi, in questi fatti ci entrano eccome, ci entrano
ricorrentemente e poco chiaramente. Ecco perché parliamo di sordità,
strafottenza e disonestà, almeno intellettuale. Oltretutto, in un Paese
da troppi anni provato dalla crisi, dai sacrifici e dalle persecuzioni
fiscali, è un gioco rischioso e pericoloso.
Serve che politici e politica facciano un esame di coscienza profondo
e rigido, sia per cambiare, sia per trovare il coraggio di farsi da
parte quando è troppo. Serve una riforma culturale di chi fa politica,
di chi si occupa di politica, di chi viene incaricato dalla politica a
gestire la cosa pubblica. Serve che in larga parte i fenomeni torbidi e
corruttivi, veri o presunti, cessino, non per il timore della
gendarmeria o della magistratura, ma per il rispetto del bene
collettivo. A poco serve invece rimandare il voto, fare finta di niente,
alzare con arroganza la voce contro questo o quello, appellarsi al
garantismo da quattro stagioni. Oggi la voce che si alza è quella del
popolo, della gente, dei cittadini, si alza talmente tanto che non
sentirla più che ipocrita è dissennato.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca - 04 marzo 2017
fonte: http://www.opinione.it
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