Di
solito non mi occupo di fatti di cronaca, però in questo caso faccio
un’eccezione e mi riferisco al terribile omicidio di Luca Varani. La
versione che è stata diffusa all’inizio e che ha creato enorme
sensazione è quella che il ragazzo sia stato ucciso da Manuel Foffo e
Marco Prato “per vedere l’effetto che fa”. Col passare delle ore però
sono emersi altri aspetti tutt’altro che secondari.
I due omicidi non erano semplici amici, erano gay. Ma non tutti i
giornali lo hanno scritto. Non tutti i giornali hanno scritto che
facevano pesante uso di stupefacenti, di cocaina e di GHB meglio nota
come la droga dello stupro. Non tutti i giornali hanno scritto che la
vittima avrebbe accettato un incontro omosessuale in cambio di 100 euro.
Soprattutto Repubblica ha brillato per ipocrisia e omissioni. Non una
riga su questi aspetti. Ma perchè? Perchè non raccontare tutti i
dettagli raccolti dai cronisti sulla base di testimonianze e delle
solite confidenze degli inquirenti?
Il Corriere della Sera, ad esempio, ha raccontato tutto e nei toni
giusti. Repubblica invece no. E chi lo ha denunciato per primo, come Mario Adinolfi, è stato sommerso da critiche e insulti.
Il Fatto Quotidiano ha ripreso le sue denunce ma in modo davvero
subdolo, usando tecniche ben note agli esperti di comunicazione, ad
esempio facendo notare nel sommario dell’articolo che Adinolfi è
l’ideatore del movimento No Gender nelle scuole ma è “un giocatore
professionista di poker” e sin dalle prime righe dell’articolo che è uno
degli animatori del Family Day, ma si è risposato a Las Vegas; insomma
mettendo in dubbio implicitamente la credibilità dell’autore. Tecnica
subdola ma sempre molto efficace, che mira a far sorgere nel lettore il
pensiero: “Ah, ma è Adinolfi, un retrogrado”. Dunque, qualunque cosa
scriva non ha legittimità.
Il problema è che ci troviamo di fronte agli eccessi del
“politicamente corretto” che sfocia nel pensiero unico e settario. Qui
non si tratta di criminalizzare i gay (ci mancherebbe altro!) ma di
adempiere fino in fondo al proprio dovere di cronaca. Se questo omicidio
fosse maturato sulo sfondo di relazioni eterosessuali, magari per
gelosia, anche “Repubblica” avrebbe pubblicato tutto e con dovizia di
dettagli. Invece in questo caso ha preferito l’omissione, totale, per
ragioni fin troppo ovvie, evidenziando così un paradosso della nostra
epoca. I gay, fortunatamente, possono vivere la propria sessualità senza
più nascondersi e con ampia, diffusa accettazione da parte della
popolazione. E’ una conquista civile, che comporta inevitabilmente anche
parità di trattamento mediatico in casi drammatici di cronaca come
quello di Roma.
Dovrebbe essere un requisito normale in una società libera e
rispettosa. E di una stampa davvero oggettiva, davvero libera. Anche dai
propri pregiudizi che sfociano in un’ingiustificata censura.
di Marcello Foa - 9 marzo 2016
fonte: http://blog.ilgiornale.it
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