Normalmente per ottenere una bella distrazione di massa ci si
inventa un problema e lo si carica, adeguatamente, per ottenere che
l’attenzione dei nostri concittadini si sposti su di esso per distrarli
dai gravissimi problemi che attanagliano il nostro Paese, martoriato
dalle tasse, che non accennano a diminuire (malgrado le dichiarazioni
antigufi del premier Matteo Renzi), della grave disoccupazione e della
impossibilità di avviare una ripresa che sia realmente tale (e non di
qualche zero virgola).
L’ultima distrazione di massa si crede possa essere la decisione del
Parlamento europeo sull’olio tunisino che, con qualche facilitazione,
può essere esportato nell’Unione europea nella misura di 90mila
tonnellate all’anno. Il tutto viene presentato come una vera e propria
sciagura per l’economia agricola dell’Italia. Per dargli consistenza vi
provvede l’attuale ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina,
che accompagna la scelta europea con una dichiarazione praticamente
negativa. “Rimango - ha dichiarato il ministro - fermamente contrario a
qualsiasi aumento permanente del contingente di olio tunisino. Se non
avremo garanzie continueremo a opporci all'adozione del regolamento da
parte della commissione”.
Non solo distrazione di massa, ma pure volgare tentativo di far
sapere che se altri votano a favore il Governo Renzi era contrario. Ma
dov’è il problema che fa insorgere Coldiretti e Confagricoltura che
parlano di “colpo mortale all’agricoltura meridionale”? Fanno tutti
finta di non sapere che l’Italia produce attorno alle 330mila tonnellate
di olio extra vergine e che il fabbisogno del Paese è di circa 700mila
tonnellate. Ciò significa che già oggi l’Italia importa olio per il
proprio fabbisogno e non si capisce perché bisognerebbe opporsi a che
l’Europa e anche il nostro Paese debbano rinunciare ad un incremento di
quanto già la Tunisia vende agli europei da anni, dato che quello Stato
produce 150mila tonnellate e ne consuma soltanto 40mila. Se c’è qualcuno
che ha interesse a protestare esso va trovato tra gli attuali fornitori
dell’olio che siamo costretti ad importare che vedrà in parte ridotto
il proprio export verso il nostro Paese.
Se l’olio tunisino, quindi, è già sugli scaffali dei supermercati
perché allarmare la gente, come fa il ministro Martina immediatamente
ripreso, con toni preoccupati, da trasmissioni radio e dai media in
generale. Egli dichiara che “nel frattempo gli organismi di controllo
del ministero, a partire da Capitanerie di Porto, Corpo forestale e
Ispettorato repressione frodi intensificheranno le ispezioni ai porti
sul prodotto in arrivo… contro possibili frodi…”. Il ministro dovrebbe
sapere che l’olio tunisino è già in Italia, e con esso anche altro olio
perché quello fornito dalla Tunisia, Paese amico, non è sufficiente a
coprire il nostro fabbisogno. Forse, finora, le ispezioni non sono state
fatte bene?
Invece di farsi strumentalizzare dal titolare delle Politiche
agricole, le Organizzazioni dei produttori italiani (Coldiretti e
Confagricoltura) dovrebbero pretendere di far “funzionare” regolarmente
l’integrazione del prezzo dell’olio che, da quando è in mano alle
Regioni, costringe i produttori a lunghe ed estenuanti attese prima che
gli stessi possano vedere accreditato quel misero contributo che la
Comunità deve, annualmente, agli olivicoltori. Quest’anno, dopo un
acconto nel mese di novembre, e non a tutti, in Calabria non è stato
ancora disposto il saldo. Il ministro, invece, di “fare politica non
pulita”, dovrebbe provvedere di conseguenza. E anche le Organizzazioni
di categoria perché, da soli, gli agricoltori non hanno potere
contrattuale.
di Giovanni Alvaro - 15 marzo 2016
fonte: http://www.opinione.it
Nessun commento:
Posta un commento