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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

17/03/16

L’Italia di Renzi è un Paese già in bancarotta

Matteo Renzi 

Quanto ci vuole a dire una sciocchezza? A quanto pare molto poco. Quanto ci vuole ad evidenziare che era una sciocchezza? Poco più di molto poco. Problema: le sciocchezze richiedono brevi catene di ragionamento, mentre invece la dimostrazione che fosse una sciocchezza richiede lunghe catene di ragionamento. La maggior parte delle persone non riesce a seguire le lunghe catene di ragionamento. Questo vuol dire che colui che ha intenzione di dimostrare che qualcuno abbia detto una sciocchezza, sarà ulteriormente messo in difficoltà da una scarsa attenzione dimostrata dal pubblico. Di conseguenza molto spesso colui che dice una sciocchezza riesce a farla franca. Peggio, la sua sciocchezza diventa la base per costruire una nuove serie di tesi altrettanto sciocche. Alla fine, fortunatamente, il mucchio di sciocchezze crolla sotto il proprio peso, ma coloro che c’hanno creduto, nel frattempo, debbono fare i conti con la propria ingenuità e con quanto hanno perso.
Inutile dire che in Italia abbiamo chi le spara grosse. Il presidente del consiglio riesce a farla franca con la sua retorica perché si basa sulle sciocchezze e su brevi catene di ragionamento. Ottiene l’attenzione. Gioca sul fatto che l’elettore medio non si prenderà la briga di controllare e vagliare quanto detto. Molto spesso neanche i media mainstream lo fanno. Quindi tocca farlo alla stampa indipendente. Per il momento, infatti, il “nostro” presidente del consiglio ha potuto tranquillamente seppellire l’etere sotto una caterva di proposizioni inesatte e fantasiose, perché la BCE sta guardando le spalle ai malati d’Europa. Nello specifico, ha scatenato nei mercati una gigantesca offerta d’acquisto per il pattume obbligazionario statale, la quale ha indotto investitori istituzionali e non ad accaparrare titoli di stato facendo front-running al “whatever it takes” di Draghi.
Questa mossa ha abbattuto i rendimenti delle obbligazioni statali, permettendo agli stati europei, e soprattutto all’Italia, di prendere una boccata d’aria dalla grave crisi iniziata con la Grecia nel 2010. Ovviamente questa strategia è totalmente artificialmente e non ha assolutamente niente a che fare con mercati liberi e onesti. Sebbene Draghi continui a chiedere che gli stati “facciano le riforme”, non accade nulla di tutto ciò perché l’unica cosa che il QE comporta, è un maggiore azzardo morale, una determinazione dei prezzi falsificato e un rischio mal prezzato. Di conseguenza, Renzi sta facendo la voce grossa a livello europeo affinché venga approvato un deficit maggiore per l’Italia, solo in virtù della manna monetaria alimentata da Draghi.
Infatti se non fosse per l’effetto temporaneo del QE, l’Italia avrebbe dovuto operare una vera spending review e non avrebbe potuto scatenare la rapacità del fisco. Non solo, ma avrebbe soprattutto dovuto contenere il proprio deficit affinché gli investitori esteri comprassero il suo debito. Nessuno avrebbe potuto incolpare i bond vigilantes di un presunto complotto, perché le evidenze sarebbero state sotto gli occhi di tutti. Infatti di fronte ad una levata di scudi come quella riportata da questo articolo di Bloomberg, dove i vari funzionari pubblici italiani si sentono oltraggiati dalle richieste tedesche, quale credibilità avrebbe potuto avere a livello finanziario un paese che si rifiuta di constatare la fragilità dei propri conti pubblici? Per non parlare dei bilanci colabrodo delle grandi banche commerciali. Quindi, no, non esiste alcun “mega-complotto” contro l’Italia da parte della Germania, ma solo l’ingenua e sterile speranza (ovviamente per ragioni economiche legate fondamentalmente ai saldi Target2) di quest’ultima di voler cambiare un paese prossimo alla bancarotta ufficiale.
E con bancarotta non sto esagerando. Come definireste un paese che continua a prendere in prestito denaro e a spenderlo in progetti improduttivi? Nonostante tutte le chiacchiere sulla fantomatica riduzione della spesa pubblica, quest’ultima continua a rimanere a livelli da record a circa €830 miliardi. Non solo, a questo dobbiamo aggiungerci l’assurda pressione fiscale italiana reale che si attesta ormai al 70%. Insomma, gli italiani lavorano praticamente per lo stato. Dov’è la creatività? Dov’è l’innovazione? Si pensa di uscire da una stagnazione secolare costruendo cattedrali nel deserto come il ponte sullo stretto? Se la storia è una guida, Hoover ci provò con la sua diga e fallì. Invece la retorica delle sciocchezze ancora attecchisce tra gli elettori. La loro pigrizia nel voler seguire lunghe catene di ragionamento li costerà caro: sia in termini pecuniari sia in termini di libertà e privacy.
È sufficiente considerare quanto sia diventata ingerente la burocrazia. Pensate alla follia delle ingiunzioni di pagamento, dove il malcapitato di turno deve prima pagare e poi dimostrare la veridicità di quanto affermato dallo stato. Pensate a quanto ci vuole ad aprire un’attività. Ma la vera propaganda nel nostro paese non tanto sono le proiezioni stimate del PIL utilizzate dal governo per costruire castelli in aria, che poi si schiantano a terra quando escono i numeri reali. Infatti bisogna ricordare ai lettori disattenti che i numeri dell’Istat vengono rivisti costantemente una volta usciti. Se poi la politica sfrutta i dati grezzi per mostrare all’elettorato il presunto successo del suo governo, non bisogna gridare allo scandalo una volta uscite le rettifiche. La balla esisteva già da prima, utilizzando cifre temporanee come base per la gestione dei conti pubblici. Questa è pura e semplice cialtronaggine. Non c’è bisogno di soffermarsi più di tanto sul tira e molla con i dati Istat, i quali vengono segnalati dal “nostro” presidente del consiglio qualora positivi o vengono soprasseduti qualora negativi.
Gente, il vero inganno è la cosiddetta caccia all’evasore. La scusa principe per aizzare i contribuenti gli uni contro gli altri, sviando l’attenzione dalla rapacità dello stato. Infatti non si stanno affatto “recuperando” fondi dall’evasione fiscale, poiché con gli strumenti repressivi in mano allo stato ci sono poche vie di fuga, è il costante aumento della pressione fiscale, delle contribuzioni e la costante riduzione delle detrazioni che ha permesso allo stato italiano d’incamerare più risorse dalla popolazione. E che cosa ha fatto? Ha speso di più.
La giustificazione dell’evasore, quindi, serve al governo per continuare a tenere una mano ben ferma nel portafoglio degli italiani e un piede ben saldo sulla loro testa. E questa è solo una metà dell’intera storia. Infatti la metà più interessante la ritroviamo nelle chiacchiere sul lavoro. La ripresa economica di cui vanno blaterando i media mainstream e i politici è solo nei numeri, non nella realtà. Soprattutto in un’economia in cui il lavoro è stato tagliato e sminuzzato e poi diviso tra impiegati in call center, fattorini, camerieri, montatori di palcoscenici, ecc. Questi lavori non offrono affatto retribuzioni da capofamiglia, quelle che permettono agli individui di comprare casa e costruire una famiglia.
Infatti se guardiamo i dati riguardanti l’impiego a tempo indeterminato, noteremo un trend nettamente al di sotto della propaganda del “nostro” presidente del consiglio, il quale si sta pavoneggiando nei suoi comizi a botte di striscioni pro-Jobs Act. No, i politici non sono affatto in grado di creare posti di lavoro. Non hanno gli strumenti adatti nelle loro mani per fare impresa. Non sono in grado d’effettuare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato.


Come si nota dal primo grafico, siamo ben lontani dal picco pre-crisi e questo nonostante il massiccio aiuto da parte della BCE. Quindi il “nostro” presidente del consiglio e la sua compagine di partito possono festeggiare quanto vogliono, resta il fatto che la stampa di denaro e la gigantesca crescita del debito pubblico sin dall’inizio del secolo hanno prodotto un mercato del lavoro che potremmo definire “panem et circenses”. Rispetto all’impiego a tempo indeterminato diamo un’occhiata al part-time.





Quindi, a seguito della Grande Recessione non sono nati posti di lavoro nuovi, bensì sono semplicemente rinati quelli persi durante il breve periodo di crisi. Gli interventi centrali da parte di stati e banche centrali hanno messo i bastoni tra le ruote alla correzione e hanno permesso alle attività  sovvenzionate artificialmente o che potevano accendere nuove linee di credito, di risucchiare artificialmente forza lavoro. I posti di lavoro tendenzialmente a tempo indeterminato sono spuntati qui. Nello specifico per quanto riguarda l’Italia, nel settore dei mezzi di trasporto il quale, secondo l’ultimo comunicato dell’Istat, continua a far registrare un forte aumento. Grazie sostanzialmente alla bolla dei prestiti per automobili negli USA, ad esempio, le esportazioni di automobili sono cresciute a ritmo battente nell’ultimo anno. Ma così come accaduto sui nostri lidi, stiamo parlando di un effetto illusorio guidato dalla stampante monetaria, la quale crea trappole economiche che infine scattano e mandano in bancarotta le aziende e di nuova sulla strada i lavoratori.
Ma sia in Cina sia negli USA, la macchina dell’importazione si sta spegnendo. Il commercio globale, come denotano anche le letture tetre del Baltic Dry Index, sta rallentando visibilmente. La pesante intrusione nei mercati da parte delle banche centrali negli ultimi 8 anni e il raggiungimento della condizione di picco del debito in quasi tutto l’Occidente, rappresentano un mix incendiario che sta facendo diffondere in tutto il mondo un’ondata di deflazione che deprimerà i profitti e le spese in conto capitale di tutte quelle industrie che hanno goduto della manna monetaria. Inutile dire che la Fiat sarà una di queste. Infatti secondo le stime del WSJ solo quest’anno torneranno indietro 3.1 milioni di veicoli alle concessionarie a seguito dell’espirazione dei leasing, il 20% in più rispetto al 2015 e tale numero salirà a 3.6 milioni l’anno prossimo e a 4 milioni quello successivo.



Una correzione di mercato è inevitabile. Questo perché gli errori economici del passato non sono stati affatto corretti, e a questi se ne sono aggiunti altri. In realtà, il nostro paese è fallito all’incirca 20 anni fa e nessuno se n’è accorto.

di Francesco Simoncelli - 15 marzo 2016

fonte: http://thefielder.net


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