I bombardamenti del generale Haftar che minacciano l'accordo. L'interferenza estera in Libia non solo Isis
L’ultima notizia ci dice di un possibile un governo di unità
nazionale entro la settimana in Libia. Lo afferma il mediatore Onu a
Bruxelles. Stessa agenzia stampa ma dal campo, ‘battaglia finale per la
conquista di Tripoli. Militari alla periferia. E l’appello niente
vendette’. Fessi noi o loro?
La versione ‘bruxellese’, quindi disinfettata e astratta: “Le
cose progrediscono bene e c’è una possibilità di formare un governo di
unità nazionale entro la fine della settimana”. Lo afferma il mediatore
dell’Onu per la Libia, Bernardino Leon, arrivando all’incontro con i
sindaci delle città libiche organizzato a Bruxelles da chi si dovrebbe
occupare di politica estera. “Questo incontro dà l’opportunità di
mostrare ai libici che ci possono essere benefici anche prima di un
accordo finale”, dice Leon aggiungendo che “Tra Misurata e Zintan è già
cominciato lo scambio di prigionieri”.
Finalmente qualche notizia che rincuora, soprattutto noi italiani che
avevamo subito dovuto subire inconsulte voglie militari: “In Libia
-sostiene Federica Mogherini con uno sgarbo personale alla ex collega
ministra Roberta Pinotti – non c’è nessuna opzione militare’. Poi le
solite inutili ovvietà. Tipo, ‘O la Libia riparte ed è in grado di
affrontare unita la sfida della sicurezza e del terrorismo, o non resta
così: andrà peggio’. Considerazione alla Catalano, ma ciò è tutto quanto
offre la politica estera a rimorchio della Unione europea. Che ai
sindaci libici dona ‘caramelle’ e tre milioni di euro.
Dalla commedia alla tragedia dalla parti di Tripoli. Questa volta le
frottole e gli inganni vengono sparati. Imminente presa di Tripoli da
parte dell’esercito di Tobruk, raid aerei e movimenti di truppe che
minacciano il negoziato Onu per la soluzione della crisi libica. Ma,
attenti al ‘ma’, su tutte le parti libiche in conflitto incombe la
minaccia dell’Isis che vuol (vorrebbe) trasformare Sirte ‘in un inferno
come Falluja’. Pensare che la giornata (ieri) si era aperta con
l’annuncio dello Stato maggiore libico secondo il quale ‘la liberazione
della capitale sarebbe avvenuta nelle prossime ore’.
L’inventarsi vittoria inesistenti non è solo della politica ma anche
dei generali buffoni. Per capirci qualcosa occorre mettere a confronto
le fonti per cercare la più credibile: ‘Abbiamo visto una serie di
dichiarazioni che arrivano da personalità in Libia che, assieme ad
alcuni movimenti militari sul terreno, rappresentano una seria minaccia
che condizionerà il dialogo negoziale in corso’, aveva avvertito la sera
prima l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Leon mettendo in
guardia da un vero attacco a Tripoli: ‘Se c’è una grande operazione (se
non sono balle), ci sarà un impatto sul dialogo’.
A consigliare un accordo nella guerra tra i due governi e i due
parlamenti libici, è il pericolo dagli affiliati locali allo Stato
islamico che controllano Derna e da oltre un mese parte della città
natale di Muammar Gheddafi, Sirte. Ovviamente anche in questo caso
esistono versioni catastrofiste e altre verità meno allarmistiche. Gli
‘interventisti’ insistono col Califfato già sulla sponde mediterranee,
pronto a sbarcare a Lampedusa. La propaganda jihadista aiuto, e i
catastrofisti di casa rilanciano: ‘Misurata sarà la nostra Mosul’,
prevede un video prospettando una conquista della terza città libica.
Il ministro degli esteri italiani, tornato pacifista, e ribadisce
l’ovvio e l’inutile. Viva l’accordo tra i belligeranti. Contatti
continui con Leon. ‘Pronto Bernardino, sono Paolo, come va?’ ‘E lasciami
lavorare, cavolo!’. Oltre ‘parlo quindi esisto’, pare ci sia anche
qualche cosa di serio: la definizione del nuovo governo di unità
nazionale con un’intesa sulla lista dei nomi, ultima stazione di una
road map condizionata al cessate il fuoco, e, nelle parole di Leon,
dall’avvio di una stagione di unità politica. Perché la vera minaccia
alla stabilità del Paese arriva dallo Stato islamico, nemico di tutti’.
Ma non sono soltanto quelli dell’Isis a volere il fallimento delle
trattative. Risulta evidente che nella variegata composizione delle
forze di Tobruk, dove si riunisce l’unico Parlamento riconosciuto dalla
comunità internazionale, c’è chi teme che in caso di successo del
dialogo in corso in Marocco possa perdere potere in una Libia con un
governo unitario. E’ il sospetto per i bombardamenti delle forze armate
di Khalifa Haftar, il ‘generalissimo’ libico forte del sostegno di
alcune capitali arabe nemiche dichiarate dei Fratelli Musulmani. In
realtà l’interferenza estera in Libia non è soltanto quella di Isis.
Ennio Remondino - 24 marzo 2015
fonte: http://www.remocontro.it
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