Leggo commenti che minimizzano, isolano, circoscrivono. Non mi
interessa quanti fossero, chi fossero, se siano stati isolati o
ignorati, quelli che hanno inneggiato alle foibe nel corteo antifascista
di Macerata. Il problema è che c’erano, ritenevano di aver diritto di
esserci, e ci sono rimasti. E molti tra quelli che hanno partecipato, o
solidarizzato da lontano con quella manifestazione sembrano più intenti
a cogliere le sfumature che ne conseguono nel rapporto tra le varie
anime della sinistra che a ragionare su quella macchia.
Per me è indelebile. Perché ha a che vedere solo con l’ignoranza, con il fatto che la scuola non insegna e non vuole insegnare (al liceo Einstein di Cervignano del Friuli insegnano, nel Giorno del Ricordo, balli sudamericani, al Liceo Pasteur di Roma invitano una negazionista).
Si spiega, quello slogan – e la disinvoltura con cui tanti altri se lo scrollano di dosso - con un giustificazionismo di chi si ritiene sempre la parte migliore del Paese, e dimentica allegro le sue colpe.
Ci dicono: e i crimini commessi dagli italiani ? Ci furono, durante l’occupazione dei Balcani. E ci furono prima brucianti ingiustizie e italianizzazioni forzate. Credete che i responsabili abbiano pagato ? No, se l’erano data per tempo. I titini si sfogarono su chi era rimasto, pensando ingenuamente di non aver nulla da temere. Infoibarono persino membri del CLN, e un ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio nazista. E allora, sapete come si chiama, nella sordida algebra dei dolori, quella reazione ? Rappresaglia: esattamente come i nazisti con le Fosse Ardeatine dopo via Rasella, e paradossalmente esattamente come il preteso giustiziere Traini, che spara a chiunque sia nero di pelle. Vendette nel mucchio.
Ci dicono le massime autorità del Paese: i nazionalismi…. No. Tra i partigiani del IX Corpus slavo c’erano italiani. E gli sloveni hanno appena pubblicato una mappa delle loro fosse comuni: 600. Vi sono stati gettati sloveni e croati, dai titini. Il silenzio sulle foibe serve anche a nascondere le responsabilità del comunismo, a togliere dall’imbarazzo.
Sapete come furono accolti gli esodi da Fiume, da Zara, da Pola ? Con le bandiere rosse dai portuali di Ancona. Con la protesta dei ferrovieri bolognesi. Era comodo addossare loro, che fuggivano dal paradiso socialista, le colpe che erano di tutti gli italiani. Quanti treni diretti ai lager nazisti erano stati fermati, quando farlo sarebbe costato qualcosa ? Nessuno. Considerare fascisti chi era contemporaneamente vittima del fascismo e del comunismo era più facile, loro erano i vinti, e chi li disprezzava – l’accoglienza non era di moda – era l’Italia che aveva combattuto dalla parte sbagliata. Noi, gli altri, eravamo tutti partigiani del 26 aprile, tutti dalla parte giusta, anche se da Pola non avevano mai fatto corriere per andare alle adunate di piazza Venezia.
Mi ha amareggiato anche vedere i cortei di Casa Pound nel Giorno del Ricordo. E’ un loro diritto, ma non riesco mai a non vedervi un’appropriazione indebita, un abbraccio alla solitudine degli esuli e dei loro figli che sa di bacio della morte. Lasciateci soli, discorsi ufficiali ipocriti, cortei neofascisti, cortei antifascisti, soli con le storie delle morti atroci, con gli addii strazianti, con le nostalgie dolorose. Meglio dimenticati che tirati per la giacca, o stracciati nelle contese elettorali. Forse è un destino, per gente che si è rifatta un’esistenza in solitudine, e che oggi vede persino le proprie parole abusate fino a perdere di valore, di significato: profughi, accoglienza, integrazione.
Lasciatemi dire solo una cosa in più: ignorando quelle pagine di storia, stravolgendole, avete perso una lezione. Molti colleghi di mio padre, poliziotto, furono infoibati, e molti altri morirono nei lager nazisti. Le presero dalle due ideologie mortali del ‘900, nazifascismo e comunismo. Fecero in tempo, da vivi, a salvare centinaia di ebrei. Per me quella lezione, oltre alla grata amicizia di qualche amico israeliano, ha voluto dire che ognuno è responsabile di quello che fa, di quello che può fare e non può fare, e che anche nel buio più profondo un tuo gesto può salvare altri e te stesso.
Voi fate i vostri conti elettorali, le vostre schegge impazzite esaltino Traini o le foibe, e sentitevi pure antifascisti e anticomunisti abili e arruolati. Per fortuna, pregio e difetto insieme di noi italiani, è solo commedia, uno slogan, una scritta sul muro, un infierire su un carabiniere solo, un corteuccio a bandiere schierate. Ecco, una cosa potreste fare, lasciare perdere l’idea dell’Italia migliore, e il tricolore. C’è la fotografia di una bambina esule, e un tricolore poggiato sul carretto con le masserizie. Era gente che amava la patria, anche se parlava il dialetto. Ha continuato ad amarla anche dopo, in Australia e in Canada, a Fertilia o a Trieste. Come si ama un padre stanco, confuso, dimentico, che non ti riconosce più, ma è pur sempre tuo padre. Paese ipocrita e allegro, superficiale e feroce, era meglio se non ci regalavi, omaggio postumo, il Giorno del Ricordo. Metterti in vetrina per vederla rompere, era meglio restare nel retrobottega della Storia.
Per me è indelebile. Perché ha a che vedere solo con l’ignoranza, con il fatto che la scuola non insegna e non vuole insegnare (al liceo Einstein di Cervignano del Friuli insegnano, nel Giorno del Ricordo, balli sudamericani, al Liceo Pasteur di Roma invitano una negazionista).
Si spiega, quello slogan – e la disinvoltura con cui tanti altri se lo scrollano di dosso - con un giustificazionismo di chi si ritiene sempre la parte migliore del Paese, e dimentica allegro le sue colpe.
Ci dicono: e i crimini commessi dagli italiani ? Ci furono, durante l’occupazione dei Balcani. E ci furono prima brucianti ingiustizie e italianizzazioni forzate. Credete che i responsabili abbiano pagato ? No, se l’erano data per tempo. I titini si sfogarono su chi era rimasto, pensando ingenuamente di non aver nulla da temere. Infoibarono persino membri del CLN, e un ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio nazista. E allora, sapete come si chiama, nella sordida algebra dei dolori, quella reazione ? Rappresaglia: esattamente come i nazisti con le Fosse Ardeatine dopo via Rasella, e paradossalmente esattamente come il preteso giustiziere Traini, che spara a chiunque sia nero di pelle. Vendette nel mucchio.
Ci dicono le massime autorità del Paese: i nazionalismi…. No. Tra i partigiani del IX Corpus slavo c’erano italiani. E gli sloveni hanno appena pubblicato una mappa delle loro fosse comuni: 600. Vi sono stati gettati sloveni e croati, dai titini. Il silenzio sulle foibe serve anche a nascondere le responsabilità del comunismo, a togliere dall’imbarazzo.
Sapete come furono accolti gli esodi da Fiume, da Zara, da Pola ? Con le bandiere rosse dai portuali di Ancona. Con la protesta dei ferrovieri bolognesi. Era comodo addossare loro, che fuggivano dal paradiso socialista, le colpe che erano di tutti gli italiani. Quanti treni diretti ai lager nazisti erano stati fermati, quando farlo sarebbe costato qualcosa ? Nessuno. Considerare fascisti chi era contemporaneamente vittima del fascismo e del comunismo era più facile, loro erano i vinti, e chi li disprezzava – l’accoglienza non era di moda – era l’Italia che aveva combattuto dalla parte sbagliata. Noi, gli altri, eravamo tutti partigiani del 26 aprile, tutti dalla parte giusta, anche se da Pola non avevano mai fatto corriere per andare alle adunate di piazza Venezia.
Mi ha amareggiato anche vedere i cortei di Casa Pound nel Giorno del Ricordo. E’ un loro diritto, ma non riesco mai a non vedervi un’appropriazione indebita, un abbraccio alla solitudine degli esuli e dei loro figli che sa di bacio della morte. Lasciateci soli, discorsi ufficiali ipocriti, cortei neofascisti, cortei antifascisti, soli con le storie delle morti atroci, con gli addii strazianti, con le nostalgie dolorose. Meglio dimenticati che tirati per la giacca, o stracciati nelle contese elettorali. Forse è un destino, per gente che si è rifatta un’esistenza in solitudine, e che oggi vede persino le proprie parole abusate fino a perdere di valore, di significato: profughi, accoglienza, integrazione.
Lasciatemi dire solo una cosa in più: ignorando quelle pagine di storia, stravolgendole, avete perso una lezione. Molti colleghi di mio padre, poliziotto, furono infoibati, e molti altri morirono nei lager nazisti. Le presero dalle due ideologie mortali del ‘900, nazifascismo e comunismo. Fecero in tempo, da vivi, a salvare centinaia di ebrei. Per me quella lezione, oltre alla grata amicizia di qualche amico israeliano, ha voluto dire che ognuno è responsabile di quello che fa, di quello che può fare e non può fare, e che anche nel buio più profondo un tuo gesto può salvare altri e te stesso.
Voi fate i vostri conti elettorali, le vostre schegge impazzite esaltino Traini o le foibe, e sentitevi pure antifascisti e anticomunisti abili e arruolati. Per fortuna, pregio e difetto insieme di noi italiani, è solo commedia, uno slogan, una scritta sul muro, un infierire su un carabiniere solo, un corteuccio a bandiere schierate. Ecco, una cosa potreste fare, lasciare perdere l’idea dell’Italia migliore, e il tricolore. C’è la fotografia di una bambina esule, e un tricolore poggiato sul carretto con le masserizie. Era gente che amava la patria, anche se parlava il dialetto. Ha continuato ad amarla anche dopo, in Australia e in Canada, a Fertilia o a Trieste. Come si ama un padre stanco, confuso, dimentico, che non ti riconosce più, ma è pur sempre tuo padre. Paese ipocrita e allegro, superficiale e feroce, era meglio se non ci regalavi, omaggio postumo, il Giorno del Ricordo. Metterti in vetrina per vederla rompere, era meglio restare nel retrobottega della Storia.
di Toni Capuozzo - 12 febbraio 2018
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