A spasso per la sinistra
“Ma che belle son le foibe da Trieste in giù”.
Se questo è il meglio che la sinistra “democratica e antifascista
tira fuori nel giorno della manifestazione di Macerata, stiamo freschi.
Altro che libertà e valori della “Resistenza”. In Italia tira una brutta
aria da regime ma il vento non viene da destra. I sinceri difensori
della democrazia e della libertà dovrebbero guardarsi dai rigurgiti
della sinistra massimalista. È da lì che viene la minaccia più concreta.
Sono i “compagni” che, prendendo a pretesto il brutto episodio
dell’“utile idiota” di Macerata che ha sparato ai “neri”, per fortuna
senza tragiche conseguenze, hanno montato un surreale teatrino sul
fascismo alle porte. Ma quale, ma dove? È chiaro che si tratti di una
colossale mistificazione propagandistica ad uso di quella parte politica
che, storicamente, ha fatto della “disinformazia” e della manipolazione
dell’informazione le sue più efficaci armi nella lotta politica. Creare
il mostro per colpire il nemico, questa è la tattica della quale i
comunisti hanno detenuto il copyright, nel passato. E nel presente. I
sondaggi, ma ancor più l’umore della gente comune, dicono che il
centrodestra si prepara a vincere le elezioni? Come impedirlo? Alla
sinistra odierna, plasticamente rappresentata da un coacervo di
giustizialisti, vecchie anticaglie del passato filosovietico,
radical-chic in odore di progressismo, femministe stagionate in cerca di
rilancio mediatico, associazioni e personaggi della solidarietà
economicamente remunerata, si offre l’opportunità di richiamare in
gioco, sotto le mentite spoglie dell’antifascismo, la mai sopita
aspirazione alla conquista dello Stato mediante l’imposizione di un
regime liberticida. Esageriamo? Sono i fatti che parlano.
Lo scorso sabato a Macerata, nella giornata dedicata al ricordo delle
foibe e della orribile pulizia etica subita dagli italiani
giuliano-dalmati, in coda al secondo conflitto mondiale, per mano dei
comunisti jugoslavi, quella sinistra che a parole si dichiara
democratica ha consentito che con essa sfilassero gli squadristi dei
Centri sociali. La feccia ha gradito l’invito e ha ricambiato la
cortesia marciando a suon di sputi ai poliziotti e di slogan inneggianti
a Tito, il boia di Belgrado, e al “buon uso” che il massacratore di
italiani ha fatto delle foibe. Ma non solo. Anche i martiri di Nassiriya
sono stati evocati dai “galantuomini” che spalleggiano i democratici
dell’antifascismo militante.
“A Macerata fa freddo e piove, a Nassiriya fa meno 19”. È ciò che si è
udito levarsi dal corteo. Complimenti! Ma se nella piazza marchigiana
il sacrificio dei nostri carabinieri è stato vilipeso con i gesti e le
parole, a Piacenza invece quel sacrificio è stato rievocato
materialmente, con l’aggressione e il pestaggio a sangue di un militare
dall’Arma, impegnato in servizio. Il brigadiere capo Luca Belvedere,
dopo un’azione di alleggerimento sui facinorosi, stava ripiegando ma è
caduto a terra. Gli squadristi dei Centri sociali gli si sono avventati
addosso colpendolo a calci e pugni. Il carabiniere ha riportato una
frattura scomposta a una spalla, mentre l’aspirazione alla libertà
assicurata dalla legalità repubblicana ha rimediato una ferita non
facilmente rimarginabile nel breve tempo. Anche nella città emiliana si
manifestava contro il fascismo. Come a Torino dove, al ritmo dei
medesimi slogan delle altre piazze, sono stati scagliati sassi,
bottiglie e bombe carta all’indirizzo delle forze dell’ordine. È dunque
questa la democrazia declinata dalla sinistra delle grandi utopie
egualitariste? Qui la realtà si specchia in un ossimoro: il metodo
fascista dell’antifascismo militante. Ci sono in giro gli imprenditori
della paura? Certamente, ma cercateli tra coloro che sui media fanno la
morale agli altri ma in casa propria occhieggiano alla violenza
prevaricatoria degli squadristi dei Centri sociali. La spunteranno? È
improbabile perché la maggioranza dell’opinione pubblica è stufa della
loro retorica “buonista”, che al momento debito sa farsi garante dei
violenti. È stufa di vivere in una società insicura. É arcistufa di
subire le angherie e i soprusi di quel potere che si è servito degli
immigrati clandestini per farne una nuova razza padrona a spese degli
italiani. La sinistra pensa di fermare l’onda dell’indignazione popolare
minacciando di comminare sanzioni a tutti? Affibbiando la patente di
razzista o fascista a chiunque osi alzare la testa di fronte
all’arroganza del potere? Facciano pure, ma arrivano tardi. Come direbbe
qualcuno: la storia si è rimessa in cammino. E non va nella direzione
da loro desiderata. Chi più di ogni altro ha compreso i segni della
mutazione dei tempi è stato Matteo Renzi. Ha fatto di tutto per tenere
lontano il suo partito dal vortice propagandistico che rischiava di
risucchiarlo.
I “dem” sabato non erano in piazza a farsi dettare lo spartito dal
duo Grasso-Boldrini. I vertici del Partito Democratico si sono spesi
perché non prendesse piede la strumentale narrazione imposta dalla
sinistra su un’imminente resurrezione del Duce. Quell’ipotesi al più è
solo un film di scarso successo. Lo ha detto anche l’attuale titolare
del dicastero dell’Interno, Marco Minniti: Il fascismo è morto e
sepolto. E non ritorna. Ma tutto questo alla sinistra massimalista non
interessa perché non conta la verità oggettiva dei fatti, per i
“compagni” di ora-e-sempre Bella ciao! conta solo ciò che il partito
indica quale verità. È lo spirito più autentico dell’autoritarismo di
matrice comunista che ritorna. Eppure, anche Stalin è morto.
Ora, se il fascismo è sinonimo di autoritarismo liberticida, chi sono
oggi i veri nostalgici del Novecento più sanguinario e oppressivo di
cui temere la ricomparsa? Posta la domanda, datevi una risposta.
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