L’Italia e la Ue dovrebbero prendere lezioni da Londra per gestire in
modo dignitoso la vicenda della nave dell’ENI Saipem 12000 che
trasporta una piattaforma per trivellazioni, bloccata da navi militari
turche nella zona economica esclusiva di Cipro.
La Gran Bretagna, che sulla vicenda aveva preso una chiara posizione
riconoscendo “i diritti sovrani della Repubblica di Cipro sulla sua Zona
economica esclusiva (Zee) e sullo sfruttamento delle sue risorse
naturali”, ha annunciato che invierà la fregata HMS Sutherland nel Mar
Cinese Meridionale per riaffermare la libertà di navigazione presso
arcipelaghi che Pechino sta occupando in barba al diritto internazionale
e rivendicati anche da altri Stati della regione.
Benchè non abbia più da 20 anni (dalla cessione di Hong Kong alla
Cina) interessi territoriali nel sud est asiatico, la Gran Bretagna
ritiene necessario impiegare le navi da guerra per quei compiti,
diplomazia armata e mostrare bandiera, che da sempre caratterizzano il
senso stesso dell’esistenza delle flotte militari. Il caso della HMS
Sutherland (nella foto sotto) rende ancora più paradossale il fatto che
il governo italiano non abbia ancora inviato una nave militare al largo
di Cipro per affiancare la Saipem 12000, espressione degli interessi
italiani, tenuta d’occhio dalle navi da guerra di Ankara.
Certo l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, Federica
Mogherini, ha sollevato la questione con il ministro degli Esteri turco
Mevlut Cavusoglu e il titolare della Farnesina, Angelino Alfano, ha
espresso la salomonica ma inconcludente aspettativa per “una soluzione
condivisa nel rispetto del diritto internazionale e nell’interesse sia
dell’Eni, sia dei Paesi della regione, sia delle due comunità cipriote”.
Che effetto abbia il calabraghismo italiano ed europeo con
Ankara dovremmo averlo già scoperto con “l’invasione” dei migranti lungo
la rotta balcanica nel 2015 e, più recentemente, con la visita di Recep
Tayyp Erdogan, giunto a Roma accusando l’Italia di razzismo e
islamofobia per i fatti di Macerata ma pretendendo di dettare
l’ammissione della Turchia nella Ue.
La conferma ulteriore di quali frutti offra l’arrendevolezza col
regime islamista turco è giunta nuovamente dalle parole pronunciate
martedì da Erdogan.
“Avvisiamo coloro che su Cipro e nell’Egeo stanno facendo male i
conti e si stanno comportando in maniera impertinente che: manderemo
all’aria i vostri piani. Consiglio alle compagnie straniere che operano
nelle acque di Cipro, fidandosi di Nicosia, di non superare i limiti e
di non lasciarsi strumentalizzare per un lavoro che eccede i loro limiti
e le loro forze.
Le spacconerie di costoro sono sotto osservazione dei nostri aerei,
delle nostre navi e dei nostri uomini”. Erdogan ha persino paragonato
l’impegno militare di Ankara nell’Egeo (dove le navi turche hanno anche
speronato un pattugliatore greco) alle operazioni belliche contro i
curdi nel nord della Siria.
Toni bellicosi che giustificherebbero l’invio di una flotta Ue per
tutelare anche Cipro e il varo di dure sanzioni economiche alla Turchia
per l’uso della forza nella Zee cipriota e la violazione del diritto
internazionale poiché la Repubblica turca di Cipro è riconosciuta solo
da Ankara.
Mobilitare navi militari italiane per affiancare la Saipem 12000 non
dovrebbe essere un’opzione ma una chiara esigenza per la tutela degli
interessi nazionali poiché, come ha detto l’ad di Eni, Claudio Descalzi,
la questione ora è a livello di Stati.
Tra l’altro l’Italia dispone della migliore Marina del Mediterraneo e
di navi hi-tech come le fregate Fremm, gioielli da mezzo miliardi di
euro ad esemplare, valutate anche dalla Marina Usa. Peccato impiegarle
per “traghettare” in Italia immigrati clandestini e non per difendere i
nostri interessi nel Mediterraneo.
Foto: Reuters, Anadolu e Royal Navy
15 febbraio 2018di Gianandrea Gaiani
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