Smettiamola di giocare ai quattro cantoni
e chiederci tra Grillo, Renzi, Berlusconi e Salvini come andrà a
finire. Proviamo a capire quel che succederà in Italia partendo da quel
che sta succedendo in Europa.
Perché noi saremo diversi, avremo pure la nostra anomalia, semo i peggio e i meio der monno,
tutto quel che vi pare. Ma alcune linee di fondo e alcuni temi salienti
tengono banco in Europa dall’ovest all’est, senza scampo per nessuno.
I partiti storici sono ovunque in gravi difficoltà,
la sinistra e il centro che si giocavano la partita canonica, devono
constatare ovunque che la partita si gioca ormai a tre, e il terzo
incomodo è quel che di solito si chiama populismo; e a partire dalla
sinistra, i partitoni si frantumano o sono scavalcati a sinistra, oltre
che a destra. Non è dunque solo una nostra una patologia dalemica o
renzofoba.
Tutto questo non risponde a qualche
misteriosa evoluzione ideologica dei partiti, ma a quei temi cruciali, a
partire dal disagio per i massicci arrivi dei migranti per finire agli
assetti dirigistici dell’eurofinanza, che stanno ridisegnando la
geografia dei consensi e dei dissensi.
Quasi ovunque cresce una forza populista,
a volte nazionale a volte no, che viene bollata a priori come
estremista e xenofoba, ma che è semplicemente fuori dal Duetto
dell’Establishment a cui eravamo abituati.
Questa forza arriva a superare il 20 per cento dell’elettorato,
nonostante abbia tutti i poteri e i media contro; talvolta sfiora la
maggioranza ma c’è sempre qualcosa che ne impedisce la vittoria. Forze
che un tempo si sarebbero dette di destra governano nell’est europeo,
ma nel cuore dell’Europa, dopo l’esperienza berlusconiana che era
comunque condominiale, no.
In compenso chi vince deve virare a destra,
come ha dovuto fare la Merkel sul tema migranti, la May sul tema brexit
e ora Kurz in Austria che ha vinto sterzando a destra e probabilmente
alleandosi ai liberali, più a destra di lui. La valanga populista viene
arginata solo da moderati che svoltano o aprono a destra.
E la sinistra? Sta perdendo dappertutto,
in nessun grande paese europeo è al governo, ad eccezione dell’Italia.
Noi che fummo i primi ad avere un governo di centro-destra aperto anche
alla destra nazionale e alla lega radicale, siamo gli ultimi ad avere
ancora una sinistra al governo.
In termini di consenso ogni paese ha una sua storia
e una sua situazione, ma il dato che accomuna nord e sud europa, est ed
ovest, è che la sinistra sia essa liberal che radical,
socialdemocratica o laburista, socialista e comunista, è in netta
minoranza, non raggiunge nemmeno il 30% dell’elettorato.
Un dato vistosamente confermato dal Paese-guida del mondo, gli Stati Uniti.
Tutto questo mentre l’orientamento delle società
è nelle mani di un ceto dirigente – intellettuale, giudiziario,
mediatico e perfino finanziario – decisamente inclinato a sinistra. Vige il politicamente corretto,
che ora si aggrappa pure alla tonaca del Papa, e dopo aver intimato per
anni alla Chiesa di non ingerirsi nelle faccende pubbliche, si scopre
ora clericale e papista, e chiede al Papa di dare la linea sui temi
sociali, l’accoglienza, l’uguaglianza.
Allora, come finirà la partita in Italia?
La vera incognita è il movimento 5stelle,
irriducibile ai due schieramenti e potenziale primo partito in Italia,
salvo tranelli della legge elettorale e forzosi tentativi di riportare
il paese a un artificioso bipolarismo.
L’establishment continua a tifare per un Berlusconi
che sia la gigantografia d’Alfano e appoggi Renzi, Gentiloni o chi per
loro. La platea, invece, dice al medesimo che se va con Salvini e Meloni
vince la partita; ma ancora non sappiamo se poi i numeri daranno una
maggioranza per governare oppure no.
Il rischio è che Berlusconi
prima segua il richiamo della foresta popolare, e poi – se non ha i
numeri per governare con i suoi alleati – riprenda a trescare con Renzi e
rifare la quadriglia con la sinistra: change la dame…
Il caso austriaco,
ultimo in ordine di tempo, mostra una cosa che vale per tutta Europa:
se vige la scomunica per la destra populista, non c’è governabilità ma
al più governo di solidarietà tra centro e sinistra, se invece il centro
può allearsi alla destra, può governare.
Insomma obbligo di svolta a destra,
ritorcendo loro quel che fino a ieri ci dicevano: “l’Europa ce lo
chiede”. Si, è in gioco il principio elementare di autoconservazione di
una civiltà in pericolo, la tutela dei popoli e delle nazioni, il
rispetto delle sovranità e dei confini.
Mettere in salvo l’Europa, quella vera,
non degli assetti contabili e delle oligarchie, ma degli europei
viventi, in carne e ossa, in spirito e identità. L’Europa ce lo chiede.
MV, Il Tempo 18 ottobre 2017
Nessun commento:
Posta un commento